Benvenuti a questo nuovo appuntamento con Deep In Gametechs, la rubrica mensile di Natural Born Gamers dove vengono affrontati ed approfonditi aspetti, temi e questioni legate al mondo dei videogames dal punto di vista tecnico-realizzativo. Cercheremo infatti di spiegare, descrivere, contestualizzare e valutare tutto ciò che, di fatto, garantisce la realizzazione dei prodotti da noi tanto amati e che, è bene ricordarlo, non si generano per magia o solo grazie alla fantasia dei game artist …tutt’altro!
Senza annoiarvi con esasperati tecnicismi, cercheremo, con la massima chiarezza e semplicità possibile, di addentrarci di volta in volta in un diverso argomento con le sue relative implicazioni: hardware o software che sia. Prendendo a prestito una massima utilizzata in ambito enogastronomico, potremmo azzardare un: “Giocare senza sapere non è che una (piccola) parte del piacere”. D’altronde, siamo oltretutto fortemente convinti che la conoscenza, anche solo formale, di determinati aspetti, non solo garantisca una migliore fruizione del prodotto, ma consenta una scelta molto più consapevole anche in fase di acquisto.
Qui dunque non si fa della chiacchiera soggettiva ed inconcludente su argomenti dove alla fin fine è sostenibile tutto ed il contrario di tutto. Qui si parla, in concretezza, di numeri, dati, logiche implementative. Del piacere di scoprire, di conoscere. D’esser informati e consapevoli, poiché, citando Leonardo, “Naturalmente li omini boni desiderano sapere”.
Buona lettura e buon divertimento!
Questo mese a D.I.G. si parla di colore, o meglio, di un’infinità di colori …giusto per zittire ulteriormente i fautori dell’equivalenza “aspetti tecnici = grigiume”! Parlando di device video, uno dei termini più ricorrenti nell’ultimo anno è lo standard HDR. Assieme alla risoluzione 4K/UHD, che, è bene ricordarlo, non sono esattamente la stessa cosa, viene continuamente menzionato e sbandierato. E’ vero, non si tratta di un tema esclusivamente legato ai Videogame ma, anche e soprattutto in virtù del fatto che le nuove console mid-gen Playstation 4 pro e XBOX ONE X offrono ed enfatizzano la possibilità di gestirlo, ci è quindi sembrato opportuno lo scriverne a riguardo. Il termine, acronimo di High Dinamic Range, garantisce una migliore resa cromatica, ma come ottiene questi risultati e come funziona in concreto?
Prima di tutto: una questione d’immagine
Come sempre iniziamo a spiegare i concetti per gradi e con le dovute premesse. Per fare ciò occorre fare un balzo indietro e parlare di… fotografia. Ebbene sì, il termine nasce e viene concepito proprio nell’ambito delle foto. Sì, foto, quelle che tutti noi scattiamo con lo smartphone o con una fotocamera vera e propria. L’idea di base dell’HDR è quella di ottenere un’immagine finale che sia vivida in tutte le sue aree, risultato che non è sempre scontato ottenere.
Immaginiamo di guardare, durante una giornata molto luminosa ma all’interno di un locale piuttosto buio, in direzione di una piccola finestra. Un caso del tutto simile a quello mostrato nella pagina Wikipedia che illustra l’HDR in fotografia. Ebbene, con la vista rivolta verso gli arredi e gli interni della stanza, la finestra ci sembrerà una fortissima ed indistinta fonte luminosa. Quasi nessuna speranza di riuscire a scorgere il paesaggio all’esterno. Viceversa, tenendo lo sguardo in direzione del serramento, tutto il resto degli interni ci sembreranno quasi completamente avvolti dall’oscurità.
Occhio umano ed obbiettivo fotografico devono sottostare alle medesime leggi dell’ottica ed adottano, con le dovute proporzioni, soluzioni molto simili per ottenere la “percezione/cattura” dell’immagine. Risentono pertanto anche delle medesime problematiche, dal momento che la pupilla si dilata e si contrae proprio come fa un obbiettivo fotografico. Entrambi possono quindi regolarsi soltanto su una intensità luminosa alla volta e necessitano di un tempo di adattamento, per quanto breve, per passare da un contesto visivo ad un altro.
L’occhio umano e quello artificiale
Se l’occhio umano può giovarsi anche delle rielaborazioni operate nel cervello, in fotografia lo stratagemma è quello di scattare più fotogrammi, con sensibilità ed esposizioni differenti, per poi effettuare un vero e proprio sapiente collage. Tornando all’esempio della stanza e della finestrella, verranno prese le foto a minor esposizione per le zone più luminose e, viceversa, verranno utilizzate quelle ad esposizione più alta per quelle più scure. Ovviamente chiunque abbia partecipato ad un corso di fotografia sa che il settaggio è più complesso e possono contemporaneamente entrare in gioco più parametri per ottenere un setup ottimale, apertura e tempo dell’obbiettivo, sensibilità ISO, bilanciamento del bianco… tutto comunque va a ricadere sulla luminosità complessiva dell’immagine che si desidera ottenere.
L’HDR unisce sapientemente le parti migliori di ciascuna foto scattata in successione e il risultato, almeno in teoria, è quello di ottenere proporre la “miglior versione” per ciascuna porzione dell’immagine. Se però, al posto di una foto, si fosse alle prese con un filmato, o peggio, un videogame, le cose si complicano notevolmente. Prima di passare ad analizzare i problemi connessi a delle immagini in rapida successione che, come ci hanno insegnato i fratelli Lumière più di un secolo fa, inducono il nostro apparato visivo all’impressione del movimento, aggiungiamo un paio di dettagli riguardanti la codifica in formato digitale di un’immagine statica.
Chiarezza sui termini
Per proseguire nel discorso, dobbiamo precisare il significato esatto di due termini d’uso tutto sommato comune, ma che a volte sono conosciuti solo sommariamente. Profondità del colore e contrasto. Con la prima espressione si intende il livello di dettaglio con il quale viene espresso un colore. “Rosso”, ad esempio, è sicuramente un colore, ma lo definisce in maniera inevitabilmente approssimativa. Se invece ad ogni colore corrisponde un numero, più è ampio il range di numeri che si hanno a disposizione per identificarlo, più precisa sarà la descrizione del colore stesso.
Un’immagine in bianco e nero, ha soltanto i valori di colore “0” ed “1”. In altre parole la “tavolozza” elettronica dei colori sarà quanto più finemente dettagliata quanto sarà alto il numero massimo a disposizione per rappresentarla nella sua totalità. Ma perché si parla di profondità del colore a 8, 10 o addirittura 12 bit? Per esprimere gamme cromatiche molto ampie, è più conveniente esprimere separatamente i valori dei colori Rosso, Blu e Verde.
Si parla di profondità del colore ad 8 bit quando, per ciascuno dei tre colori, sono a disposizione 256 gradazioni differenti: cioè 2 elevato all’ottava. 256*256*256 = 16,7 milioni di colori, sfumatura più, sfumatura meno. Un numero decisamente alto ma che in alcune situazioni potrebbe non essere sufficiente per coprire tutta la gamma cromatica percepibile dall’occhio umano, daltonici esclusi, ovviamente! Per tale motivo lo standard HDR necessita di una profondità del colore a 10 bit e, non a caso, per poter essere realizzato, prevede, fra numerosi altri, proprio questo parametro di profondità del colore. E, sempre non per caso, la sigla HDR10 sta a significare esattamente che la profondità del colore sia, guarda caso, a 10 bit.
Questione di sigle
Sul mercato si stanno affacciando sempre più sigle, le descrizioni delle quali vengono più o meno volutamente lasciate con contorni nebulosi. HDR10+ è un sotto standard specifico di Samsung, Dolby Vision uno standard significativamente più elevato dell’HDR… ma si pongono tutti i medesimi obbiettivi attraverso strategie del tutto simili. A cambiare sono perlopiù i parametri che definiscono gli standard qualitativi e, come già detto, l’ampiezza della tavolozza virtuale dei colori.
E’ poi il caso di spendere qualche parola anche sul contrasto presente in un’immagine; non necessariamente digitale e visualizzata su un device video. Come suggerisce l’uso comune del termine, con il contrasto si esprime la capacità di visualizzare simultaneamente (questo avverbio è la chiave di tutto) due colori distanti tra loro per gamma cromatica e luminosità. Più il contrasto è elevato più la forbice, il range, della visualizzazione simultanea è ampia. Ripercorriamo mentalmente quanto detto in ambito fotografia per capire come un contrasto elevato garantisca, in ultima analisi, la possibilità di avere un’immagine, o delle immagini, più vivide.
Veniamo (finalmente) al movimento
Passando dalla visualizzazione di un’immagine statica alla gestione di un video le cose, come anticipato, si complicano enormemente. Il fattore principale è il tempo. Ogni singolo fotogramma deve essere direttamente “lavorato” dal device sorgente, per poi essere veicolato fino al display che, ovviamente, deve essere in grado di recepirlo. Basandoci sugli standard attuali generalmente nel range di 30/60 fotogrammi al secondo, il carico di lavoro è davvero notevole.
E’ altrettanto vero che i TV più evoluti non solo sono in grado di recepire un segnale video HDR, ma di arricchirlo e migliorarlo ulteriormente andando ad analizzare, praticamente in tempo reale, la scena che stanno visualizzando. In base a sofisticati algoritmi di scomposizione dell’immagine il televisore interpreta la scena che sta visualizzando aumentando, o riducendo, il contrasto in determinate aree. A titolo di esempio in una ipotetica scena che presenta un falò acceso di notte, i televisori di ultima generazione enfatizzeranno il contrasto tra l’area buia della notte in opposizione a quella luminosissima del fuoco che arde.
Anche il pannello vuole la sua parte
Va infine sottolineato che gran parte del lavoro fatto a livello di processamento grafico del segnale video sarebbe quasi del tutto sprecato se parallelamente alla capacità elaborativa non evolvesse anche la qualità dei pannelli e dei loro relativi sistemi di retroilluminazione. OLED, QLED… sono tutte sigle che definiscono la tecnologia utilizzata per costruire il pannello, ma una parte importante della resa finale è determinata anche dal tipo di retroilluminazione dello stesso. In altre parole dalla sorgente luminosa che, passando poi dal pannello stesso, genera di fatto l’immagine che viene resa visibile. Oggi, come qualsiasi sigla ci suggerisce, l’illuminazione è garantita da dei led …fino a qualche anno fa vi erano tubi al neon. La vera differenza è che, grazie al LED, anche la retroilluminazione è adattabile al tipo di immagine che si intende visualizzare e questa possibilità garantisce grandissimi vantaggi nelle scene più buie.
Dalla teoria alla pratica
E’ giunto ora il momento di affrontare il discorso di come un segnale video viene dapprima trasmesso dalle nostre amate macchine videoludiche per poi essere visualizzato sul device video in nostro possesso. Ormai i due principali metodi di collegamento sono l’HDMI, nelle sue numerose versioni ed evoluzioni, ed il cavo Displayport. Entrambi, come è scontato, hanno una precisa portata: cioè la quantità di dati che per ogni millisecondo sono in grado di far transitare dal punto A al punto B.
Naturalmente più dati sono in grado di manipolare, più il risultato finale sarà, almeno in teoria, qualitativamente migliore. Il fatto è che OGNI PARAMETRO, se migliorato, comporta un aumento di dati -che poi sono interminabili sfilze di zeri e uno- in transito verso la destinazione. Aumento della risoluzione da Full HD a 4K? Moltiplicare per quattro la mole di dati. Profondità del colore da 8 a 10 bit? Altri dati, informazioni, in aggiunta. Aumento del numero di fotogrammi in un determinato lasso di tempo? Altra valanga di zeri e di uno in viaggio verso il nostro output video.
Per evitare di congestionare l’autostrada digitale che corre nei nostri cavi, parallelamente all’evoluzione delle schede grafiche e dei monitor, di è dunque reso necessario il poter disporre di vettori sempre più performanti. Da qui l’esigenza, per una medesima tipologia di standard di trasmissione, di avere una portata di dati sempre maggiore. Un cavo HDMI 1.4 non era in grado di reggere contemporaneamente una risoluzione 4K a 60 fotogrammi al secondo con una profondità del colore sufficiente per garantire lo standard HDR… per questo ed altri motivi si è passati allo standard HDMI 2.0 e in futuro, ci stanno già lavorando, l’asticella verrà ulteriormente innalzata.
Lo strano caso del Playstation VR
Se finora tutto il discorso vi è sembrato un po’ troppo tecnico ed astratto, è proprio il momento di tirar fuori dal cilindro un caso molto concreto. Avete presente la prima versione del Playstation VR e le relative polemiche ad esso legate? Interponendo il device per lo sdoppiamento del segnale video tra una Playstation 4 Pro ed il televisore (ovviamente compatibile) si “perdeva” la funzionalità dell’HDR. Anche quando il PSVR era spento e non si stava minimamente utilizzando il visore. O meglio, il software di sistema della Playstation lo toglieva automaticamente; a priori. Tutto ciò non era dovuto a delle misteriose entità demoniache che cospiravano ai danni del giocatore. Più semplicemente le specifiche a cui gli ingegneri nipponici si erano basati in fase di progettazione del PSVR erano “solo” quelli dell’HDMI 1.4.
Come (quasi) sempre, in un dato sistema, le prestazioni complessive sono determinate dal componente meno performante del sistema stesso. I progettisti purtroppo si sono accorti di questa superficialità troppo tardi e Sony si è trovata ad aver immesso sul mercato quasi contemporaneamente due prodotti, PS4Pro e PSVR, non perfettamente e completamente armonizzati tra loro. Soluzione brutale? Appena PS4 si accorge di avere di mezzo un PSVR vecchio modello… esclude l’HDR.
Ne abbiamo viste di tutti i colori
Alla fine di questa lunga carrellata speriamo di avervi fornito degli spunti e delle indicazioni utili per i vostri futuri acquisti, non solo nel campo dei videogiochi ma in quello, più ampio, dell’immagine digitale. O anche, soltanto, d’esser riusciti almeno un poco a soddisfare le vostre curiosità sull’argomento.