L’autore di questo articolo è Il Marchese, pro wrestler e gamer esperto di picchiaduro.
Ammetto che, quando mi hanno chiesto di scrivere un articolo sui beat ‘em up del passato, mi sono sentito un po’ spaesato. Mi scuso anticipatamente se forse non troverete tutti i giochi del vostro cuore, ma l’argomento è davvero vasto e dovrò necessariamente escludere dal discorso decine (se non centinaia) di titoli. Oggi il mercato dei videogiochi ci offre una selezione di picchiaduro di altissima qualità: accomunati da una grafica impressionante, troviamo giochi estremamente tecnici o frenetici, con fondali interattivi o addirittura esplorabili… Ma come è iniziato tutto?
Che io sappia, per scovare il padre di questo genere, dobbiamo tornare addirittura al 1976! Heavyweight Champ è un gioco di pugilato, dove due giocatori possono sfidarsi manovrando grandi personaggi in bianco e nero; la scelta tattica è decisamente limitata (pugno e schivata), ma ai tempi questo gioco fu una piccola rivoluzione.
Bisognerà aspettare altri 3 anni (1979) per assistere ad un altro pionieristico tentativo con Warrior, dove due giocatori manovrano degli “scarabocchi”, nei quali -con una buona dose di fantasia- si possono intravedere dei cavalieri che brandiscono spade, visti dall’alto.
Il vero punto di svolta si ha però nei ruggenti anni ’80, quando l’evoluzione videoludica ha subito un’impennata stravolgente. Nel 1984 vede la luce quello che (a torto) viene definito il padre dei picchiaduro: Karate Champ! In realtà questo titolo -che oggi può sembrare primitivo- porta delle innovazioni notevoli: la possibilità di sfidare il computer, lo stile a incontri, livelli bonus, mosse da imparare… e i personaggi a colori!
Ancora migliore è Kung Fu Master, dello stesso anno: il primo picchiaduro a scorrimento. Il gioco offre un maggiore livello tecnico, introducendo la possibilità di abbassarsi e saltare e il concetto di boss di livello, mediamente differenziati. Altre innovazioni del titolo: le barre di energia (solo per i boss) e il limite di tempo.
Nel 1985 troviamo il dimenticato Yie Ar Kung-Fu, il primo picchiaduro a incontri a offrire degli avversari veramente diversificati, con tanto di barre di energia per tutti. Seguendo questa idea, nel 1987 nasce Street Fighter, il capostipite del nome forse più importante in questo campo. Il primo titolo della nota saga mostra mosse carismatiche e immortali (Hadoken, Shoryuken e Tatsumaki Senpu Kyaku) e offre un sistema di gioco innovativo: la pressione continua di un tasto varia le mosse. Una nota buffa: questo sistema portava alla demolizione delle tastiere da parte di giocatori troppo presi e si decise quindi di cambiare, optando per il famoso 6 tasti che ha accompagnato Street Fighter per decenni.
Dello stesso anno ricordiamo Shinobi (che fonde lo stile picchiaduro con quello piattaforme), ma soprattutto il grande Double Dragon: un picchiaduro a scorrimento che introduce la possibilità di raccogliere armi e permette a due giocatori di cooperare (e usare anche mosse combinate).
Il 1989 è un anno d’oro per i picchiaduro a scorrimento! Ricordiamo Golden Axe, un gioco epico dove è possibile scegliere fra 3 personaggi ben caratterizzati e lanciarsi in un hack ‘n’ slash, utilizzando magie e rubando cavalcature. Troviamo poi quello che per anni è stato il re indiscusso dei picchiaduro a scorrimento: l’indimenticato Final Fight! Grafica (per i tempi) impressionante, barre di energia per tutti, enormi personaggi e la possibilità di eseguire delle super moves hanno decretato il successo di questo gioco, che rappresenta splendidamente quella che era la fantasia criminale urbana degli anni ’80.
In quell’anno, il fenomeno dei picchiaduro ha avuto così tanto successo da portare anche alla creazione di prodotti ufficiali con personaggi estremamente famosi: è il caso -ad esempio- di Teenage Mutant Ninja Turtles. Sempre parlando di picchiaduro a scorrimento, ricordiamo anche giochi come Captain Commando (1991) o i deliranti Battletoads (1991-1993) e Cadillacs and Dinosaurs (1993).
La vera rivoluzione avviene però nel 1991, quando un terremoto di nome Street Fighter II: The World Warriors sconvolge completamente il genere. Quello che è stato il re dei picchiaduro offre personaggi dal carisma imbattibile, e un sistema di gioco a 6 colpi che variano in volo, da abbassato e da vicino, introducendo anche le combo. Intendiamoci: oggi alcuni giochi offrono la possibilità di fare combinazioni di centinaia di colpi, mentre ai tempi bisognava avere una discreta abilità per arrivare a una serie di 3-4, ma si trattava comunque di una rivoluzione nello stile a incontri (anche perché ci sono personaggi che possono allegramente vincere con sole tre mosse: i picchiaduro del passato sono drammaticamente più impegnativi di quelli di ultima generazione).
Il gioco della Capcom è stato proposto in un’infinità di revisioni, attirando l’attenzione anche del Guinness dei Primati che lo ha insignito ufficialmente di ben 3 record: “First Fighting Game to Use Combos”, “Most Cloned Fighting Game” e “Biggest-Selling Coin-Operated Fighting Game”. Il successo è così clamoroso che alla serie verranno dedicati diversi cartoni animati e film (a partire da quello dimenticabile del 1994 con Jean-Claude Van Damme).
La fama di Street Fighter II porta alla nascita di numerosi cloni, spesso di cattiva qualità; in questa selva, tuttavia, possiamo trovare qualche valido contendente. Sempre nel 1991, la SNK propone Fatal Fury, con personaggi carismatici e fondali a più piani di azione, ma con controlli che richiedono mani simili a centopiedi ubriachi. Nasce anche il concetto di “SNK Boss Syndrome”, ovvero la peculiarità dei giochi di questa casa di avere dei boss così difficili da far cadere l’intonaco di casa a suon di imprecazioni… Il primo esempio è proprio in Fatal Fury, con Geese Howard che -in questa incarnazione- è più incubo di qualunque “Nightmare Geese” dei titoli successivi.
Un anno dopo la SNK ci riprova con Art of Fighting, un gioco dal sapore jazz, con personaggi enormi che subiscono lividi e altri danni (è addirittura possibile lasciare le donzelle in reggiseno!). Altre innovazioni: degli zoom disorientanti e la barra dello spirito che si svuota ogni volta che utilizziamo delle mosse speciali, aggiungendo notevole spessore tecnico. Sono presenti anche le supermosse segrete, ma solo se si completano i livelli bonus.
Parlando di supermosse, l’onere dell’invenzione spetta a Mutant Fighter (1992), un godibile gioco di Pro Wrestling con personaggi mitologici (!), per lo più copiati dall’anonimo Hyppodrome del 1989. Altri giochi che -bene o male- riescono a distinguersi, nello stesso anno, sono X-Men (Guinness per il maggior numero di giocatori in contemporanea sullo schermo) e la saga di World Heroes che propone personaggi folli (come un Rasputin decisamente equivoco) e mosse ancor più folli (come la fireball di Captain Kidd, a forma di GALEONE!), oltre all’intrigante possibilità di combattere in un Deathmatch, con fondale arricchito di elementi dannosi.
Menzione d’onore ad altri picchiaduro che sono riusciti ad emergere…
- Clayfighter (1993), un delirante gioco a base di pongo;
- Saturday Night Slam Masters (1993), gioco di Pro Wrestling con personaggi disegnati dal grande Tetsuo Hara (il disegnatore di Ken il guerriero!);
- Il mitico Samurai Showdown (1993), che introduce duelli all’arma bianca (se si esclude Warrior);
- Il bellissimo Darkstalkers: The Night Warriors (1994), con parate aeree e combo semplificate, che offre incontri fra i vari mostri classici del cinema e della tradizione (cosa che farebbe rabbrividire anche il più sfegatato fan di trash movies, ma che qui funziona egregiamente);
- X-Men: Children of the Atom (1994), nel quale i famosi mutanti si scontrano in fondali multipli, utilizzando per la prima volta rolls e combo aeree;
- The King of Fighters ’94, il primo gioco a proporre incontri 3 vs 3, che rispolvera vecchie glorie della SNK;
- Killer Instinct (1994), dalle combo spaventosamente lunghe e dai fondali simil-3D;
- Il semi-sconosciuto Red Heart (1996) della Capcom, che propone uno stile pesantemente fantasy, con mosse potenziabili con l’esperienza e possibilità di salvare il gioco.
Ci sarebbe da dire moltissimo su questi giochi che hanno occupato un posto nel cuore dei giocatori e che sono effettivamente belli… ma nessuno di loro è mai riuscito a preoccupare l’egemonia di Street Fighter II più di Mortal Kombat. Siamo nel 1992 quando la Midway sconvolge giocatori e famiglie con questo gioco, più volte censurato.
Da dove nasce questo impatto scioccante? Dall’unione di due fattori non del tutto innovativi: la grafica digitalizzata (che vede il suo capostipite nel dimenticabile Pit Fighter del 1990) e la possibilità di utilizzare le fatality, ovvero truculente uccisioni dei personaggi sconfitti. Sono stati versati fiumi d’inchiostro per parlare di questo gioco, ma è indubbio che abbia lasciato un segno e che rappresenti uno dei capisaldi dello stile beat ‘em up.
Il testa a testa fra Street Fighter II e Mortal Kombat si fa sempre più serrato, fino al fatidico 1995, quando un gioco spazza via (momentaneamente) tutti gli avversari, ottenendo punteggi assurdi (105%) nelle diverse riviste specializzate. Si tratta di Battle Arena Toshinden, un gioco di media qualità, oggi dimenticato. Com’è possibile? Si tratta del primo picchiaduro ad offrire un prodotto veramente giocabile in 3D: una rivoluzione incredibile!
In realtà già nel 1992 c’era stato un tentativo con 4D Sports Boxing e nel 1994 con giochi più evoluti come Virtua Fighter e Tekken, ma Battle Arena Toshinden arriva nelle case con un minimo vantaggio, ritagliandosi un pezzo di storia. Successo breve, presto subissato dai già citati Virtua Fighter e Tekken, oltre che da Soul Blade (1995, capostipite della fortunata serie Soul Calibur) che introduce l’uso delle armi in 3D.
Una nota interessante: poco prima dell’uscita dei picchiaduro tridimensionali, la Capcom annuncia l’imminente uscita di Street Fighter 3 che -testuali parole- avrebbe fatto sembrare ogni altro gioco “vecchio di 10 anni”. Nel 1996 esce Street Fighter EX, in 3D, ma bisognerà aspettare il 1997 per un anonimo Street Fighter III: New Generation. Forse sono complottista io, ma ho il vago sospetto che la Capcom accarezzasse già l’idea di un rivoluzionario picchiaduro in 3D, venendo però anticipata da altri titoli. Cercherà di recuperare, proponendo titoli in collaborazione con altre realtà, a partire da quel tanto sognato Capcom vs SNK: The Match of the Millenium del 1999, per poi arrivare ai vari Marvel vs Capcom e Tatsunoko vs Capcom: Ultimate All-Stars… Ma questa è un’altra storia.