Gli audiolibri di Lone Wolf, nato dalla penna di Joe Dever, hanno riscosso un certo successo nel nostro paese, nell’arco di ben 40 anni, e sicuramente i vecchi lupi, fan di Dungeons and Dragons (da cui é nato) non possono che essere entusiasti dello sbarco del titolo, tra l’altro sviluppato dal team italiano di Forge Reply, su una console che spazia nella tradizione, fondendola col presente senza soluzione di continuità, come Nintendo Switch.
Un viaggio addomesticato
Partendo proprio dal principio del titolo, visto che non in tutti hanno giocato a Lone Wolf nella sua versione mobile, il mondo di gioco apre le sue vicende concentrandosi sul villaggio di Rockstarn che in maniera inaspettata viene attaccato da un’orda di Giak, che non perdono tempo nel devastarlo. Accortosi della gravità della situazione, Lupo solitario accorre al villaggio e vi incontra Leandra, una ragazza che a quanto pare potrebbe essere invischiata nelle macchinazioni che ha portato i Giak ad attaccare.
Per arrivare a capo della vicenda, il nostro protagonista, quindi intraprende un viaggio di ricerca, suddiviso in quattro capitoli con relativi sottocapitoli. Durante oltre a dei bivi narrativi da affrontare che influenzeranno le vicende, immancabilmente si pareranno davanti, cosi come ovviamente al giocatore, nemici sempre più forti e agguerriti da mettere al tappeto.
Avversari che una volta sconfitti mettono a disposizione risorse varie e soldi per poter migliorare l’ equipaggiamento e conseguentemente l’efficacia delle prestazioni. Migliorie prestazionali che quindi possono contare su una fortissima e attenta possibilità di personalizzare il Lupo.
La narrativa che seppur promette tante svolte molto curate, non stupisce, presentando situazioni ormai talmente risapute da diventare esse stesse dei cliché da libro, artificiosi, che si allontano dalla reale tridimensionalità che deve avere un personaggio o vari personaggi in questo tipo di narrativa.
Ovviamente un buon racconto che si rispetti deve risultare credibile per chi lo legge nella caratterizzazione dei personaggi, ma qua ci si abbandona totalmente a meccaniche di approfondimento già esplorate e troppo cavillose, da altre produzioni più o meno recenti.
Un metodo che non ha molto da dire e che procurerà soprattutto ai videogiocatori più giovani, irritati dalla lettura, parecchi sbadigli.
Abbandonando a questo punto i lidi più prettamente narrativi e passando in gran parte alla tecnica e al gameplay, cerchiamo di vedere come i ragazzi di Forge Reply si sono adoperati per rendere questa versione del gioco convincente per gli occhi e i polpastrelli.
Tracciando una seconda linea dal fattore estetico e grafico, il gioco risulta molto curato per il budget che presumibilmente ha avuto a disposizione. Gli artisti che hanno lavorato alla componente visiva dell’esperienza sanno perfettamente, a livello puramente commerciale dove andare a colpire, pur rispettando la tradizione libraria della materia di partenza.
Tutto questo si esemplifica in maniera convincente in dei libri dalle pagine più che ingiallite-ambrate, che tramite l’inchiostro nero danno vita a quello che é il mondo del nostro lupo solitario. Tutto ciò é quindi collegato in questa sensazione di vecchiume generalizzato e medievale, e di (audio)libri suggeriti, a un colore del mondo di gioco e del protagonista principale dai toni spenti e maturi, perfettamente amalgamati tra loro per far immergere nella narrazione.
Il richiamo al medievale realistico alla Dungeons and Dragons e in stile ovviamente simile al Signore degli anelli di Peter Jackson, tanto in voga ancora in questi anni, alla fine fa il resto, compattando bene tutto quello che c’é da compattare per un pubblico che ritrova nel titolo tradizione, familiarità e coerenza visiva.
Tocca nuovamente a te o a me? Ho perso le fila…
Questo iter, però, per un non conoscitore come il sottoscritto del materiale originale, se non per qualche lembo e per tutti i giocatori che dovrebbero acquistare un gioco con una carica visiva simile che promette implicitamente, anche per abitudine, certe componenti di gameplay, a un certo punto, si infrange come onde su uno scoglio quando si impugna il pad o si scopre tramite il trailer che tutto questo bel lavoro di composizione dell’immagine viene racchiuso in dei combattimenti a turni tra umani o esseri viventi, non confacenti all’epoca che stiamo vivendo.
E in questo senso chi scrive vuole essere chiaro e cristallino su come la pensa sui combattimenti a turni tra personaggi che devono menare le mani e sulla loro utilità in questo periodo storico, in modo da potersi levare, per l’occasione, il canino dolente.
Nel particolare, proporre ancora la turnazione nei videogame, nata per accaparrarsi i fan dei giochi di ruolo con i dadi. ben 30-40 anni fa, per fargli vedere finalmente quello che solo avevano potuto immaginare o disegnare con quel sistema di gioco, di questi tempi non ha tanto senso per svariati motivi e limita gli sforzi di una software house, qualsiasi software house, che ovviamente vorrebbe imporsi su più giocatori possibili per crescere.
In primis infatti i giocatori di ruolo risultano essere ormai una piccola minoranza nel panorama videoludico moderno e quindi una piccola fetta di guadagno in termini economici. In secondo luogo, rispetto agli anni ’80 sono venuti meno tutti quei limiti tecnici che giustificavano la turnazione come uno scoglio necessario per abbellire molto la grafica, per esempio, durante gli scontri. Bellezza grafica che non avevano certi concorrenti in tempo reale come Zelda.
Infine, per quanto il videogame sia un’ arte multiforme, questo sistema va contro in maniera pesantissima a quello che é il principio del videogame: un gioco da sala senza soluzione di continuità rispetto a tutti i suoi concorrenti come i giochi da tavolo, gli scacchi, la battaglia navale, il banale tris e altro ancora, rendendolo meno originale e anche meno realistico e immersivo, visto che l’archetipo reale, credibile, della battaglia a mazzate, nella mente di tutti non ha alcun tipo di turnazione.
Insomma, nonostante si insista ancora a proporre i videogiochi con combattimenti tra umanoidi a turnazione, in questo modo si accontenta e si fa divertire solo una nicchia di persone (perché farlo se si possono divertire tutti o comunque invece una larga parte?), e si cresce, oggi come oggi, potenzialmente molto di meno da software house che deve emergere.
Non a caso questo sistema é quasi sparito dai radar e farlo continuare ad esistere al momento, a parte rarissime eccezioni che non prevedono duelli a scazzottate o all’arma bianca, credo sia solo una sorta di accanimento terapeutico.
Ma tornando al gameplay é giusto spiegare come il gioco si muova essenzialmente nei comandi, senza coinvolgere meccaniche che lo riempiono in maniera più laterale, come la camera o altri accorgimenti.
Una volta entrati nello scontro, si può ingaggiare il nemico con i tasti dorsali del pad, usare l’arma principale per eseguire attacchi leggeri, medi o potenti, brandire altre armi secondarie come le frecce, utilizzare i poteri di Lupo ed estrarre, a patto che l’indicatore sia pieno, la spada del sole per dei coreografici attacchi luminosi. La selezione dell’arma é gestita dai pulsanti tradizionali che appariranno sovrapposti sullo schermo, e alle stesse armi collegate poi a una pratica rotella di selezione da cui scaturisce l’animazione dell’attacco.
Lo stesso sistema, però, come se fosse un po’ consapevole dell’immobilismo tedioso che si porta dietro, di turnazione, strizza l’occhio comunque alla mobilità in qualche modo. Ne sono un esempio, gli artifici già in parte citati come le camere grandangolari durante gli scontri, e le spettacolari finisher che però funzionano tanto quanto, visto che si tratta di stratagemmi e coreografie già viste e riviste che non impressionano più di tanto, disinteressando abbastanza il videogiocatore dall’accettarle in maniera profonda, pesante e quindi levandogli di conseguenza peso dinamico. Se non si é interessati a qualcosa non ne si vede tutte le qualità, giusto? Scarsità di peso che poi ovviamente influisce nel prodotto finito.
Unico caso contrario che riesce a snellire questo aspetto in maniera più convincente e più singolare, é il già descritto metodo nell’aver assegnato alle varie armi un tasto che vi si sovrappone direttamente nella schermata di battaglia.
L’effetto di questo accorgimento di design quindi risulta quello di controllare più direttamente l’arma in maniera realistica, da cui poi scaturisce l’attacco, escludendo i classici e avulsi menù a finestra di selezione, molto distanti da una sensazione di controllo diretto e quindi dal movimento dell’animazione che automatiche che viene subito dopo. Dopotutto nella realtà, in una battaglia tra spadaccini, non compare nessuna finestrella di selezione quando si deve selezionare un’arma, no?
Peccato che ci si fermi qua in questo senso perché dopo una trovata carina simile e il bel comparto tecnico, che ancora regge nonostante gli anni tramite un meltin pot di colori e figure soddisfacente, si é dispiaciuti che il proprio alterego sia sempre imbrigliato dalla turnazione e la voglia di vederlo muoversi liberamente, continua ad essere tanta per ore di gioco. Non ci si da pace per molto, insomma durante l’esperienza.
Molto puliti invece risultano i menù di battaglia, molto essenziali ed ordinati in questo senso, quasi ricalcanti nelle loro forme delle vere e proprie finestrelle da desktop eloquenti ed esaurienti in cui ci si muove agilmente.
Per far capire come ci si é ben adoperati in questo senso, ovviamente certi arnesi sono ovviamente posizionati in basso nello schermo, per suggerire un collegamento logico legato al fatto che siano disposti sulla vita, in cinta, e centralmente, in modo da poterli tenere sempre sotto controllo. Il tutto inoltre é compattato da una stringa trasparente che rimanda proprio a una cintura a livello visivo.
Gli indicatori da controllare durante gli scontri sono tre e sono disposti in alto a destra e sono quelli legati all’energia vitale, al vigore e al mana. La terza di queste, ovviamente permette gli attacchi speciali del nostro.
Per quanto riguarda a come reagiscono i controlli, non credo che ci si possa lamentare, dimostrando una buona implementazione e cura per il dettaglio che soddisferebbe proprio ogni tipo di palato videoludico pronto a raccogliere la sfida propostagli e l’avventura da affrontare una volta accesa la console. Insomma, siamo su livelli di una certa bontà e non se ne può che esserne contenti. Male invece il crafting, macchinoso, e abbastanza all’antica, ma ovviamente necessario nell’economia del gioco, e apprezzabili il momento della metidazione che serve per recuperare energia ma che ad ogni modo espone agli attacchi dei nemici, favorendo la sensazione di un mondo vivo e pulsante in qualche modo.
Concludendo il nostro viaggio e parlando anche un po’ del comparto sonoro, invece, ci ritroviamo con musiche ben ritmate e nel solco della norma, di una maniera che non disturba, che però non fanno girare di scatto come quando un lupo ulula in una notte buia, scuotendo l’anima. Facendola magari vibrare scatenando i sensi.