Merlino col fucile
Avreste mai pensato di poter lanciare incantesimi, sferrare fendenti micidiali e servire l’Imperatore giocando ad uno sparatutto in terza persona? Black Clover: Quartet Knights vi permette di farlo, con qualche limite.
Il titolo, tratto dall’omonimo shonen di Yuki Tabata, è stato prodotto da Bandai Namco per PS4 e PC.
Se si analizza la struttura della trama, non è possibile notare difetti particolari: il gioco riprende fedelmente ogni evento dello shonen originale, riportando filmati curati e piacevoli da seguire. In un mondo dove la magia è un elemento molto comune, vestiamo i panni di Asta, protagonista che (cliché di scena!) non possiede alcun potere magico. Poco importa: il nostro eroe ha in mente di diventare Hokag -ehm – Imperatore magico del regno. Dopo una serie di fortunati eventi il ragazzo ottiene un’arma devastante: uno spadone in grado di dissolvere ogni magia. In un regno basato sull’arcano, capite bene quanto forte possa essere un equipaggiamento simile. Una gatling ad aglio nel castello di Dracula sarebbe stata meno apprezzata.
Black Clover: Quartet Knights si basa sui canoni dello sparatutto in terza persona. L’idea in sé è molto originale: il modo in cui viene messa in pratica lo è un po’ meno. Qualunque sia il personaggio da usare, ci ritroveremo un mirino posto in mezzo allo schermo, da usare per indirizzare i nostri incantesimi: da semplici magie di difesa a devastanti incantesimi offensivi, tanto cinematografici quanto dolorosi. La gestione del combattimento, ahimè, non è altrettanto magica: fin da subito si rivela essere molto complessa da seguire. Sarà necessario tenere d’occhio la ricarica di ognuno dei nostri quattro incantesimi; controllare spesso la barra della salute e la barra della magia. Il tutto mentre ci si muove costantemente in un’area di media grandezza piena zeppa di fastidiosi nemici. Quando la barra è piena, si può scatenare la classica mossa finale, teatrale e possente.
Da un punto di vista formale, Black Clover sembra promettere bene. L’innovazione del suo stile di gioco non può però esimere il titolo dai suoi oggettivi difetti. Già nelle prime ore di gioco si noterà un senso di limitatezza dei movimenti dovuto alle mappe. Per carità, sono fedeli all’anime originale, riprendono i luoghi che hanno fatto da teatro agli scontri più belli della saga ma… sono troppo piccole. E al disagio motorio si aggiunge un ulteriore fattore (anch’esso negativo), la mancanza di interazione. I titoli più moderni hanno abituato noi giocatori alla manipolazione degli oggetti scenici, dalla distruzione dei vasi più piccoli ad intere mura che crollano sotto i nostri pugni. Non fraintendiamo: non sono un fan sfegatato della demolizione seriale e non intendo colpevolizzare un titolo per la mancanza di rottamazioni ambientali. Ma se gli oggetti di gioco non vengono minimamente scalfiti da spadoni o esplosioni arcane, perché aggiungerli? Per evidenziare la mancanza di cura nei dettagli? O probabilmente gli autori si sono particolarmente affezionati all’enviroment delle loro mappe al punto da non riuscire a immaginare la frantumazione delle loro amate casse di legno.
Un altro elemento trascurato dagli autori è il sistema online. L’idea alla base si presenta avvincente: scontri tra incantatori e arcanisti senza esclusione di colpi. Scalare le classifiche online sarebbe una vera goduria, se non si fosse costretti a giocare sempre la stessa cerchia di eroi. Sì, uno dei pregi del titolo è la vasta scelta di personaggi utilizzabili, che nel competitivo si riduce drasticamente. Gli aggressori devastano i curatori (i quali non hanno alcun modo di difendersi) e questi ultimi non sono per nulla necessari per la vittoria. Per non parlare dell’eccessivo spam permesso ai tiratori (che ricordano la vergognosa arte di Deidara nei titoli di Naruto). Il bilanciamento degli eroi, insomma, non è tenuto particolarmente in considerazione.
Parafrasando i tempi scolastici, “l’alunno ha delle potenzialità ma non si applica”.
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