Sinner Sacrifice for Redemption si presenta come un action GDR con uno stile tutto suo. Innanzitutto l’intero gioco si basa sulle boss fight, come già accadde in Titan Souls per citarne uno, ma stavolta si presenta una peculiare aggiunta: prima di ogni scontro dovrete sacrificare parte del vostro potere. Il giocatore, per poter accedere ad una battaglia, sarà obbligato a fare un sacrificio, che sia esso legato ai parametri (come meno vita o stamina), alle armi (meno potenza d’attacco) o agli oggetti (meno cure o meno equipaggiamenti). Per questo motivo, Sinner Sacrifice for Redemption mi ha subito fatto drizzare le orecchie. Aggiungete poi il fatto che stiamo parlando più precisamente di un souls-like, ed il gioco è fatto. Dopo questa premessa possiamo finalmente addentrarci nel titolo in questione.
Peccati, peccati ovunque
Il protagonista di Sinner Sacrifice for Redemption è Adam, uno sconosciuto guerriero che dovrà affrontare i sette Peccati Capitali (e non solo) per poter salvare la sua terra. Il gioco è davvero tutto qui, non c’è molto altro da aggiungere. Niente potenziamento del personaggio, nessuna caratteristica, niente di niente. Solo sofferenza, dolore e tanta rabbia (quella provocata dalla quindicesima volta in cui si proverà a sconfiggere lo stesso boss). Ogni nemico sarà caratterizzato e abbastanza riconoscibile, e disporrà di mosse e moveset specifici, con tanto di armi e animazioni uniche: ad esempio, Gola sarà completamente diversa da Accidia, sia per quanto riguarda l’approccio del giocatore verso il nemico, sia riguardo il versante opposto. Per tutti i boss sarà fatta una piccola introduzione per capire le origini del peccato e, a volte, potreste persino ricevere qualche consiglio per affrontare il nemico di turno al meglio. Anche le arene sono sono state pensate ad hoc: alcune si distruggeranno durante lo scontro, altre saranno piene di minion per crearvi ulteriore fastidio, ed altre ancora risulteranno più piccole per aumentare pressione e tensione. I ragazzi di DARK STAR hanno pensato proprio a tutto per aumentare la difficoltà, a volte in maniera anche un po’ troppo “artificiale”.
Più si va avanti, meno si diventa forti
Lo sventurato Adam partirà al pieno della sua potenza: vita e stamina al massimo, sette oggetti di cura a disposizione, rigenerazione costante della vita, spada e scudo (o spadone a due mani) che infliggeranno parecchi danni. Ma man mano che andremo avanti sconfiggendo i boss, e aumentando i sacrifici compiuti, la sensazione che avremo sarà nientemeno che quella di un netto indebolimento. Finirete il gioco, infatti, con meno vita e stamina, nessuna regen, poche cure, minor danno e molti altri malus. Ma sarà la vostra voglia di vedere il finale, e la soddisfazione di poter raccontare ai vostri amici di aver finito Sinner Sacrifice for Redemption, a mandarvi avanti. E la formula funziona. Più e più volte, proprio come raccontano le Guardiane del Fuoco all’inizio di Dark Souls II, perderete tutto (talvolta anche la voglia di giocare), ma dovrete resistere e combattere. Perché prima o poi, forse più poi che prima, ce la farete. Certo, alcuni boss sono indubbiamente più “difficili” di altri (per non usare un’altra parola meno civile), ma non mollate. Anche se diverse combo vi ammazzeranno al primo colpo, non disperate: andate avanti, credeteci. Non è un gioco impossibile. Un rage game? Forse sì, ma non impossibile.
Bello e ispirato, ma manca qualcosa
Sotto il profilo tecnico, Sinner Sacrifice for Redemption si batte bene. Non stiamo parlando di un capolavoro, ma certamente di un titolo bello da vedere e, soprattutto, reattivo: nessun input lag, anzi, alcune volte sembrerà essere troppo preciso. Vi capiterà spesso, probabilmente, di premere due volte consecutive il tasto della schivata in preda all’ansia, ed il personaggio farà (giustamente) due roll, anche se la vostra intenzione fosse di compierne solo uno. I boss sono ben caratterizzati, anche più del protagonista, mentre le arene risulteranno abbastanza spoglie. Pochi effetti di luce o particellari, proprio per lasciare maggior visibilità al giocatore. Insomma, niente finezze autoriali o quant’altro. Le musiche non sono memorabili, ma riescono a sviluppare un senso di oppressione e tensione durante le battaglie.
In conclusione, Sinner Sacrifice for Redemption lo posso consigliare solo a coloro che cercano una sfida difficile ma non duratura, in quanto il titolo potrebbe essere portato a termine in meno di mezz’ora – ammesso che non moriate mai. Un action GDR Souls-like con una meccanica del genere, ovvero il sacrificio di diverse abilità, è sicuramente interessante, ma la difficoltà in alcuni tratti troppo artificiale e il fatto che siano presenti solo boss fight lo rende un titolo piuttosto di nicchia.
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