Questa recensione viene pubblicata in un formato speciale per venire incontro alle vostre capacità mentali; ovviamente danneggiate a causa dalla pazzoide verve di uno svitato peramele arancione. Probabilmente vi è rimasto ancora qualche neurone buono per cogliere la citazione a un Luttazzi d’annata, ma non è poi così importante ricordarsene. Ciò che é rilevante, invece, è che Crash Bandicoot, tramite una mossa vincente in base ai dati di vendita, di Activision, è tornato a calcare le piattaforme di una console Sony. In occasione di questa recensione, quindi, vi proporremo davvero qualcosa di unico per commentarne “l’inaspettato ritorno”. Nulla di folle, intendiamoci, ma sicuramente diverso. Come già saprete, infatti, la stralunata e dinamicissima mascotte della prima PlayStation è arrivata (o ritornata, fate vobis) nelle case di tutti i fortunati possessori di una Playstation 4 tramite una raccolta dal gusto che sa tutto d’amarcord.
La suddetta, pubblicata dopo varie incertezze legate al futuro del simpatico Crash (con all’attivo anche un gioco cancellato), comprende i primi tre giochi della serie storica marchiata Naughty dog; e noi di Natural born gamers per questa “N’sane trilogy” pubblicheremo ben tre recensioni che successivamente confluiranno in un’unica votazione finale.
Ma bando alle ciance e cominciamo immediatamente, rigorosamente trottolando e saltellando in giro, a occuparci del primo gioco del carnet, altrimenti lo stordimento passa…E magari anche l’entusiasmo. Oppure no?
CRASH BANDICOOOT!
Partendo in assoluta effervescenza dal comparto grafico e basandoci primariamente sul restyling di livelli, sui personaggi e gli oggetti di questo primo remake, Crash bandicoot si presenta in una forma generale che definire smagliante pare sminuente. I poligoni e i colori del titolo originale, come già saprete, sono stati ricostruiti accuratamente da zero, restituendo nel loro nuova forma un impatto gradevolissimo, dalle linee generali molto calde da atmosfera isolana e “schizzato”, in perfetta sintonia con il mondo progettato all’epoca da Naughty dog in quel lontano 1996.
La grande fedeltà alla fonte originale delle composizioni, già carismatiche sulla vecchia e mai dimenticata PlayStation, capitanate da un Crash dagli occhi e dalle sopracciglia esasperate per centrarne la carica esagerata, ha sicuramente giovato al titolo. In questo senso insomma l’operazione eseguita dallo sviluppatore Vicarious Visions è di un bellezza invidiabile. Eccellenti nell’ambito risultano anche le animazioni di tutto quello che si muove a schermo durante le movimentate scorribande del protagonista. Dei movimenti cartoneschi e gommosi in cui spiccano, a trenta frame al secondo fissi, le simpatiche reazioni di Crash ad ogni morte avvenuta.
Un colpo di tamburo un po’ fuori ritmo, volendo essere zelanti è precisi, è invece costituito dalle ambientazioni, che, facendo un parallelo sia con i vecchi platform che con i nuovi, non brillano troppo per varietà. Su una 30ina di livelli, infatti, abbiamo a disposizione 5-6 paesaggi visitabili in cui menare le mani e raccogliere frutti wumpa e gemme. Un po’ pochi, se confrontati sia con giochi carini come Gex: enter the gecko che con mostri sacri della varietà scenica come Super Mario 64, sia per l’originale che per il nuovo capitolo . Non sarebbe stato male, dunque, nonostante i piani originari di remake legati a un prodotto 2:1, poter usufruire di qualche nuova ambientazione extra utile ad arricchire, fino al capolavoro conclamato, la varietà grafica.
A questo punto, sicuramente, qualcuno di voi si chiederà perché si prenda in esame, criticandole giusto un po’, delle ambientazioni che erano previste in questo modo in sede di ristrutturazione del gioco per essere fedeli all’originale. Molto semplicemente (e questo varrà anche per altri aspetti fedeli all’ originale del titolo) è un dovere del redattore segnalare quello che funziona meglio e quello che funziona peggio in un prodotto nella maniera più precisa e affidabile possibile. Quindi, se le ambientazioni potevano dare ancora di più, direi che sia giusto segnalarlo.
In ogni caso, il feeling generale con il comparto visivo è davvero ben riuscito e non si può fare a meno che promuovere il lavoro eseguito dagli sviluppatori quasi a pieni voti.
E TROTTOLANDO COME UN MATTO…
La band di Vicarious visions, da quel che abbiamo visto fin’ora, se l’é cavata egregiamente, riuscendo ad attirare l’attenzione, con molta probabilità, sia del pubblico nostalgico che neofita del brand di Crash, allietandone la vista quasi a livelli assoluti con la modulazione di un “brano grafico”, di una festa per gli occhi, perfettamente tribale e in tema.
Ci sarebbe da pensare, arrivati alla fine di questo primo brano dedicato all’appagamento visivo, che il ritmo si manterrà molto alto dopo un inizio magari clamorosamente legata al mero riscaldamento. Purtroppo. però, arrivati al pezzo inerente il gameplay, ci si accorge che essenzialmente si staziona su buoni lidi che tradiscono un po’ la promessa in nuce di qualcosa di realmente pirotecnico in tutti i suoi aspetti.
Crash Bandicoot remake presenta una giocabilità generale molto immediata che sfrutta in maniera discretamente intelligente il glorioso passato di Super Mario bros. Una giocabilità inalterata rispetto al gioco originale, che costringe il videogiocatore a ragionare spesso su vari meccanismi e avversari sempre ben piazzati.
Ahimè, però, qualcosa in sede di lavorazione del titolo originale, nonché del rifacimento dello stesso, non é andato per il verso giusto, rivelando qualche pecca non propriamente trascurabile che rovina in parte l’esperienza ludica. La più importante e fastidiosa risiede nella resa dello spazio tridimensionale dei livelli che scandiscono una progressione in profondità. Pur potendosi aiutare negli stessi tramite l’ombra di Crash, per vedere dove vanno a finire le sue acrobazie, il tiolo a volte supporta delle inquadrature ingannevoli. Inquadrature che appiattiscono la profondità di campo, facendo cadere in errore il videogiocatore più volte, non principalmente per colpa sua.
Volendo entrare nel dettaglio, il difetto coinvolge, via via che si procede per i vari stage di gioco, tra gli altri in: 1) Muri schiaccianti di cui non si riesce a carpire bene lo spessore per superarli. 2) Passerelle dalla mortale apertura improvvisa riprese molto centralmente e non proprio intuibili nell’epilogo. 3) Pipistrelli che spuntano centralmente nei corridoi, di cui non si capisce bene la prossimità. Se al giocatore capita quindi di arenarsi in punto ben preciso, non riuscendo a proseguire, la colpa non è probabilmente deputabile in gran parte alle sue abilità ma a una discutibile scelta di design che doveva essere assolutamente rivista, in questo caso specifico, in fase di restauro. Fedele all’originale, sì, dunque, ma non funzionale a pieno ritmo.
A corredo di ciò, si ha, sempre pad alla mano, una lieve imprecisione nelle hitbox ravvisabile in alcuni frangenti dei vari livelli I suddetti particolari, tirando le somme, smontano in parte, nei fatti, l’intenzione da parte dello sviluppatore di avvicinarsi al titolo originale in maniera totalmente vincente.
Non tutto però ha dei difetti così fastidiosi a livello di gameplay, e c’è da dire che oltre ad avere una buona longevità, il prodotto, con la sua soddisfacente fluidità nei movimenti di Crash, i suoi vari tranelli, i trabocchetti e i bonus, lasciando perdere la “scelta di design” della telecamera, risulta tutto sommato ben fatto, esprimendo molto meglio il proprio potenziale inespresso nei livelli a scorrimento orizzontale. Certo, si poteva avere un po’ di fantasia in più nel disegnare le varie avversità incontrabili da Crash, ma anche così il lavoro è più che soddisfacente..
Variegati, a volte plagiati dalla già citata saga mariesca, e a volte interessanti risultano i nemici ordinari del gioco (molto carini quelli “dietro le sbarre”), sempre piazzati strategicamente in maniera esatta nella mappa e rompiscatole quanto basta. Rimanendo nell’ambito degli avversari da battere, anche i boss, tutto sommato, in ultima istanza, anche se in certi casi risultano disturbati dal già citato appiattimento della profondità, risultano gradevoli, anche se a volte simili tra loro nel metodo di detronizzazione.
DUBDAH!
Ed ecco quindi che dopo un secondo pezzo abbastanza sottotono in base alle aspettative, si passa a una terza traccia che esprime bene l’amosfera isolana e tropicale del titolo. Le musiche risultano dunque assolutamente simpatiche tra versi, suoni di tamburi e sonorità tipicamente tropicali e aborigene. Sono percepibili come appropriate, inoltre, anche se un po’ troppo impostate, per quei pochi lembi di dialoghi proposti, le voci italiane dei vari personaggi, e quella del narratore che ci introduce alla trilogia.
In definitiva Crash Bandicoot remake è un rifacimento grafico più che ben fatto che pur essendo abbastanza coinvolgente,soffre però della scelta da parte degli sviluppatori di rimanere ancorati a certi canoni di gameplay disfunzionali pur di mantenerne la fedeltà con l’originale e non brilla per originalità. Vedremo come andrà con Crash Bandicoot 2. See you soon!