Italia: paese di santi e poeti, ma anche di developers di talento come Stormind Games e Darril Arts. Abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con Antonio Cannata – CEO di Stormind Games – e con Chris Darril, founder di Darril Arts oltre che game director di Remothered: Tormented Fathers
Partiremo proprio da quello che ci ha raccontato Chris.
Ci sembra di intravedere un’evoluzione importante negli ultimi anni nel genere survival horror. Cosa ne pensi?
Una delle cose che ho sempre apprezzato del genere horror è la paura che può suscitare una scena quando si è consapevoli che quel fatto è accaduto davvero. In parole povere: è reale. Quando è stata l’ultima volta che un TG ha parlato di un’orda di zombie che attacca un paesino di campagna? Il filone survival horror stava mirando un po’ troppo agli stereotipi e ai cliché. Ciò che fa davvero la differenza in un videogioco horror, così come in un film dello stesso genere, è la capacità di instillare quel senso d’ansia, di paranoia, quella sensazione che ti lascia inerme ma che allo stesso tempo ti porta ad un confronto e ad analizzare la natura ambigua e spesso crudele del genere umano stesso.
In Remothered: Tormented Fathers ho proprio cercato di enfatizzare questa caratteristica, in modo tale da poter differenziare il progetto che avevo in mente dagli altri titoli appartenenti alla stessa categoria.
Quindi quali devono essere le caratteristiche per un perfetto gioco Horror?
Dobbiamo sempre ricordare che “orrore” è tutto ciò che crea sgomento, che ci inquieta, che ci fa piegare all’ansia e alle paranoie destabilizzandoci psicologicamente. È la prima vera emozione umana.
Un perfetto videogioco horror deve permettere ai giocatori di avere paura, ma non quella paura flebile che si può provare quando si rischia di arrivare tardi in ufficio: io parlo di quella paura che ti assale nel momento in cui credi che la tua vita sia in pericolo, realmente in pericolo. In un survival horror, ad esempio, il giocatore deve sopravvivere in un contesto analogo a quello della realtà. Deve percepire quel senso d’ansia, ma gli deve essere instillato goccia a goccia.
Remothered: Tormented Fathers è stato un titolo molto apprezzato dalla critica. Come ti è venuta l’idea di base?
L’idea di Remothered parte nel lontano 2007, tra i banchi di scuola quando ho iniziato a immaginare personaggi ed eventi che infine avrebbero composto il mondo di Remothered. Ho avuto molto tempo per affinare quegli ambienti e i suoi relativi personaggi. Inoltre, la trama era un dettaglio che a me stava particolarmente a cuore. Già dalle origini volevo dare al gioco quell’impronta cinematografica data dalla narrazione.
Devo ammettere che sono stato fortemente ispirato dal cinema horror d’autore per quanto riguarda il punto di vista artistico, ma non solo.
Cos’altro ti ha ispirato? Raccontaci qualcosa del Chris Darril videogiocatore.
Ho da sempre amato qualsiasi espressione d’arte, in particolare quella applicata ai nuovi media come il cinema e i videogiochi. Sicuramente il primo survival horror a cui ho giocato, che ha segnato la mia vita, è stato “Alone in the Dark” per Amiga, non volendo contare l’esperienza adrenalinica, velatamente horror del capolavoro che fu “Maniac Mansion”. Però non giocavo quasi mai, di solito guardavo i miei fratelli giocare. La differenza l’ha fatta poi la demo del primo “Resident Evil”, che per me all’epoca era “troppo”.
Se potessi tornare indietro e cambiare qualcosa, qualsiasi cosa, non lo farei, anzi, rifarei proprio tutto così come è stato fatto
Hai incontrato qualche difficoltà nello sviluppo di Remothered? E se sì, quali?
Sicuramente le fasi più delicate dal punto di vista dello sviluppo di Remothered sono state quelle che hanno coinvolto l’affinamento dell’intelligenza artificiale. Essendo la realtà per me così importante in un titolo survival horror, il comportamento dei nemici rappresentava un aspetto fondamentale e bisognava che questi fossero all’altezza di ciò che volevo proporre al giocatore.
Un altro aspetto difficile è stato quello dell’ottimizzazione software. Come ben sapete, ciascuna piattaforma ha una configurazione parecchio diversa dalle altre e trovare il giusto compromesso per far girare il gioco in maniera fluida, lasciando al contempo inalterata la resa grafica, è stata una grandissima sfida.
Posso però affermare con mano ferma che se potessi tornare indietro e cambiare qualcosa, qualsiasi cosa, non lo farei, anzi, rifarei proprio tutto così come è stato fatto.
Questo vuol dire che sei soddisfatto del tuo lavoro; lavoro elogiato anche da Masahiro Ito e Hifumi Kono, coi quali hai collaborato. Cosa ha significato per te?
Mi ha cambiato la vita in positivo, letteralmente. Ho iniziato nel ruolo di concept artist e illustratore per diversi progetti videoludici, ma tutto è realmente cambiato quando sono stato promosso a direttore artistico per il canadese “Forgotten Memories: Alternate Realities” di Psychose Interactive. Questo progetto che omaggia Silent Hill di Toyama e Twin Peaks di Lynch ha davvero segnato un traguardo nella mia formazione artistica e lavorativa.
Ho davvero collaborato con Masahiro Ito e Hifumi Kono quando sono stato assunto come Image Board Artist dal team di Nude Maker per “NightCry”, progetto prima conosciuto come “Project: Scissors“.
Queste collaborazioni mi hanno dato davvero quella spinta in più per potermi concentrare sul mio vero grande sogno, ovvero Remothered. Questo mi ha permesso di credere più in me stesso e nelle mie capacità.
Pare che il tuo lavoro sia stato apprezzato anche da Keiichiro Toyama — game designer di Sony Japan — collaborazioni in vista?
Allo stato attuale posso solo rispondervi con un evasivo “No comment”. Vedremo in futuro.
Progetti futuri oltre a Remothered Broken Porcelain?
Anche qua, non dirò nulla: seguitemi e scopritelo voi stessi!
Una tua considerazione sulla scena videoludica italiana?
Se paragonato ad altri settori, il mercato dei videogiochi ha delle dinamiche parecchio complesse. Soprattutto nella realizzazione di un titolo videoludico in Italia, è necessario porsi con una mentalità internazionale.
Bisogna innanzitutto comprendere i bisogni dei giocatori, per poi fornirgli un prodotto che vada a soddisfare queste esigenze. Per evolversi al meglio, i protagonisti della scena videoludica nostrana dovrebbero iniziare a fare lo stesso.
Per il resto, le sfide che devono affrontare gli studi italiani sono analoghe a quelle dei colleghi stranieri.
A questo punto lasciamo la parola ad Antonio Cannata, la mente e il cuore di Stormind Games.
Restiamo nel nostro paese: credi che le software house italiane siano più “pioniere” o più realtà affermate?
Nel nostro Paese possiamo trovare realtà ben affermate come Digital Bros e Milestone, che ormai da decenni sono riuscite a contraddistinguersi nel mercato. Ma a mio avviso, in Italia, per ora possiamo considerarci pionieri. Infatti, è ancora molto dura produrre videogiochi di livello ma con impegno, competenze e intelligenza si può fare tutto, anche qui in Italia.
Si prova a differenziare il più possibile, e non esiste una rivalità tra giochi dello stesso genere
Ci sono più o meno difficoltà nel gestire una Software House come Stormind Games rispetto ad altre aziende?
Non c’è una vera e propria differenza nel gestire una SH rispetto ad un altro tipo d’impresa.
Le difficoltà nella gestione sono le stesse che si possono riscontrare in altri tipi di impresa, come ad esempio la ricerca di personale qualificato.
Far funzionare bene un team, in qualsiasi azienda — non solo in Stormind Games — richiede pazienza, sforzi ed una visione ben definita del prodotto finale, se si vogliono evitare gli errori più banali. Bisogna disporre di capacità e competenza per poter gestire al meglio i progetti e i team.
Anzi, visto che le software house lavorano nel mondo digitale, posso affermare che esiste un vantaggio particolare: consegnare un prodotto è molto più semplice rispetto ad aziende che lavorano in altri settori.
Chi sono i competitor di Stormind Games a livello internazionale?
In questo mercato non si possono definire veri e propri competitor a livello di aziende, ma di giochi. Nel caso di giochi, si possono paragonare giochi prodotti con lo stesso budget e che rientrano nello stesso genere.
Se paragonato ad altri settori, il mercato videoludico ha delle dinamiche estremamente peculiari che difficilmente si riscontrano in altri settori dove la competizione è più agguerrita. Si prova a differenziare il più possibile, non esiste una rivalità tra giochi dello stesso genere e, ancor meno, fra titoli provenienti dalla medesima area geografica. Al contrario, se sei un fan del genere survival horror, è probabile che preferirai approfondire sempre nuovi titoli appartenenti allo stesso filone. Questo non significa, però, che i giocatori vadano in cerca di copie di prodotti di successo. Anzi, gli appassionati del genere sono alla costante ricerca di nuovi spunti e titoli che abbiano caratteristiche differenzianti.
Davide contro Golia. Come si sconfigge la concorrenza dei titoli a tripla A e dei giochi di massa?
I titoli tripla A stanno su un altro pianeta rispetto a quelli Indie a livello di budget. É per questo che, secondo me, per poter produrre un buon gioco indie bisogna puntare su altri elementi distintivi come un buon visual style e una storia ben narrata, un gioco che possa anche vantare meccaniche innovative. Puntando su questo, si possono creare giochi che possano davvero conquistare l’utente finale.
Pensate, in futuro, di collaborare con altri vostri colleghi Italiani o internazionali?
Publisher o Studi di sviluppo? Nel primo caso abbiamo già collaborato con l’olandese SOEDESCO per il primo Remothered, mentre adesso per Broken Porcelain stiamo collaborando con i californiani di Modus Games.
Per quanto riguarda la collaborazione con altri studi di sviluppo, siamo già in contatto con colleghi nazionali e internazionali, con i quali programmiamo di realizzare qualche idea in co-development legata a progetti più grandi, ma non posso parlarne perché non sono stati ancora annunciati.
Cosa ne pensate del mercato Indie? Opportunità o minaccia?
Molto dipende da come si progetta un videogioco e da come viene posizionato nel mercato. Noi cerchiamo di creare prodotti unici, quindi non temiamo la concorrenza ma, sicuramente, rischiamo sotto altri punti di vista. In ogni caso, siamo riusciti a posizionarci nel mercato indie di alta fascia, quello che viene chiamato tripla-I (ovvero il mercato dei videogiochi sviluppati e pubblicati in maniera indipendente ma con tutte le qualità che contraddistinguono un titolo tripla-A). È grazie al posizionamento di Stormind Games, infatti, che siamo riusciti ad attirare l’attenzione di un publisher di altissimo livello come Modus Games, che ha deciso di investire sul secondo titolo della saga.
Remothered è entrato in questo nuovo mercato grazie alle sue peculiarità rappresentate dai suoi importanti valori produttivi, dall’unicità della sua storia e delle sue meccaniche, ma anche dal suo visual style che si ispira ai videogiochi cult degli anni ’90.
Prendiamo l’agenda: dove possiamo rivedere Stormind Games in futuro?
Molto probabilmente potremo re-incontrarci l’estate prossima a Los Angeles durante l’E3, poco prima dell’uscita di Remothered: Broken Porcelain. Teniamoci in contatto e magari ci rivediamo lì!
Remothered: Broken Porcelain arriverà nell’estate 2020 su PS4, Xbox One, Nintendo Switch e PC.