Lo spazio è una fonte di ispirazione misteriosa ed ideale per opere di stampo horror. Il lavoro di HP Lovecraft ne è un chiaro esempio e Moons of Madness sembra ispirarsi fortemente allo scrittore vittoriano. Anche se abbiamo visto una miriade di produzioni simili devo dire che il progetto di Rock Pocket Games è riuscito nell’intento di raccontare una storia degna di nota e di non incappare nella creazione di un videogioco piatto ed a base di jumpscare.
L’incipit della trama non è di certo la parte più originale del titolo. Fate parte di un gruppo di scienziati che si sono stabiliti su Marte. Mentre studiano la flora e la fauna locali, cominciano ad accadere cose strane, da incubi terribili a peculiari eventi nella stazione spaziale. Si tratta di una storia che intreccia drammi familiari con horror e mistero. Ci sono moltissimi degli elementi cardine delle opere di Lovecraft provenienti dalla narrativa di Moons of Madness e devo fare il mio plauso agli sviluppatori per come sono riusciti ad implementarli alla perfezione.
Nel primo atto la trama non procede più di tanto, passerete molto tempo a esplorare e leggere i terminali così da scoprire informazioni sui personaggi e sulla vostra missione su Marte. Dovrete svolgere inoltre dei compiti molto semplici di routine prima che l’azione inizi davvero. Una volta superata questa fase, la storia prende davvero il via con ovviamente tinte horror e una backstory molto intrigante sull’azienda per cui lavora il personaggio principale che in certi momenti mi ha ricordato ciò che viene narrato in Dead Space. Il comparto narrativo è ben costruito, riuscendo ad intrigare il giocatore, sebbene il ritmo del primo atto mi sia sembrato piuttosto laborioso.
Moons of Madness ha una struttura molto lineare. Non vi è alcuna possibilità di scelta o di modificare la trama in alcun modo (salvo per una scelta negli istanti finale del titolo). Per quanto riguarda il gameplay, dovrete esplorare la sottostazione o la superficie di Marte per sistemare qualche faccenda o alla ricerca di indizi. Per tutto il corso dell’avventura (tranne piccole sezione) sarete in contatto radiofonico con un vostro collega che vi sarà di costante aiuto. I dialoghi sono scritti in maniera sublime, trasmettono davvero la sensazione di star parlando con un collega che si conosce da molto tempo così da non rendere la nostra avventura un viaggio solitario.
I puzzle ravvivano le parti esplorative e la maggior parte di essi ha soluzioni molto basilari e nelle vicinanze. Ovviamente questi enigmi aiutano a variare il gameplay, senza però appesantirlo data la semplicità di questi. Alcuni puzzle metteranno alla prova la vostra capacità di logica e ragionamento ma, anche se possono richiedere più attenzione, le informazioni necessarie per risolverli possono essere semplici da scoprire. Se vi trovate sulla strada sbagliata, le chiacchiere con il vostro collega Shane vi riporterà nella giusta direzione.
Quando siete sulla superficie di Marte e non nella stazione, dovrete tenere d’occhio la quantità di ossigeno che avete a disposizione. Anche se potrebbe sembrare un fattore di cui preoccuparsi con attenzione devo dire che le bombole o stazioni in cui è possibile ricaricare la vostra riserva sono abbastanza abbondanti e ben distribuite. Onestamente infatti non mi sono mai sentito in pericolo di star finendo l’ossigeno, tranne in una sezione molto particolare. In Moons of Madness, grazie al vostro piccolo tablet legato al vostro braccio, potrete anche inviare dei ping nell’ambiente circostante così da ottenere dei waypoint che vi permetteranno sempre di sapere dove dovete andare.
Nonostante l’interattività abbastanza basica, ci sono tentativi di variare il gameplay. Con l’avanzamento della trama si esploreranno nuove aree che porterà a sperimentare nuove meccaniche che però vengono usate solo in determinati frangenti. Se non altro, ogni nuova sezione dona qualcosa di interessante da capire o da vedere. Ci sono però anche alcuni momenti frustranti. Le sequenze stealth ed inseguimenti, sebbene non molto spesso, mi hanno portato ad alcuni fastidiosi game over. In qualche occasione sono morto per scelte non propriamente felici nel game design ideato dagli sviluppatori e mentre in generale i checkpoint sono frequenti, ci sono punti in cui sono posizionati troppo distanti tra di loro comportando un po’ di frustrazione nel rifare porzioni importanti di livello.
Moons of Madness ha i sottotitoli in italiano così da poter comprendere al meglio i dialoghi ed i testi che troverete in giro. Il comparto tecnico della versione per PlayStation 4 da me provata è decisamente di buon livello, con ambientazioni curate ed effetti di luce credibili. Il comparto sonoro riesce a ricreare un’atmosfera inquietante così da tenere alto il livello di tensione anche non c’è un vero e proprio pericolo. La recitazione vocale degli attori coinvolti è di alto livello, anche grazie alla scrittura dei dialoghi. In alcuni parti dell’avventura (della durata complessiva di 5-7 ore) assistiamo a cambi di scena repentini e flashback, ottimi modi che aggiungono un tocco di eleganza ad alcune parti che sarebbero risultate altrimenti ordinarie e banali. Funzionano efficacemente come mezzo di narrazione e come modo per catturare l’attenzione del giocatore. A parte un paio di crash del gioco in un punto specifico non ho riscontrato bug o altri errori tecnici.
Ultimamente le opere di Lovecraft sono state fin troppo abbastanza abusate (nel mondo videoludico ad esempio ricordo i recenti The Sinking City e Call of Cthulhu), Moons of Madness però è riuscito a ricreare alla perfezione l’ orrore cosmico del materiale da cui trae ispirazione con alcuni personaggi credibili ed una trama narrata in maniera eccelsa. È un prodotto molto raffinato, ben scritto e presentato. Anche se ci sono stati un paio di situazioni frustranti devo dire che è ora davvero intrigato e volevo scoprire cosa stava succedendo sul suolo di Marte. In conclusione posso dire che Moons of Madness è stato una piacevole sorpresa, sebbene con qualche limite.