Da pochi giorni è disponibile su Steam e Nintendo eShop il titolo indie Elden: Path of the Forgotten, pubblicato da Another Indie e sviluppato da Onerat Pty Ltd. La prima cosa da considerare, nella valutazione di questo videogioco, è il fatto che lo studio di sviluppo è composto da un uomo solo, Dylan J. Walker, che ha cercato di dare vita su schermo, e tra le nostre mani, a un mondo misterioso in pixel art isometrico ispirato ad atmosfere lovecraftiane con un più di un pizzico di soulslike. Senza, purtroppo, riuscirci troppo bene.
Come è evidente dai primi passi che compiamo nel gioco, Elden: Path of the Forgotten si avvale di un metodo di “narrazione silenziosa”, che cerca di utilizzare le ambientazioni e l’atmosfera per trasmettere al giocatore ciò di cui può avere bisogno (come “leggere un libro senza comprenderne le parole”). Ci ritroveremo quindi nei panni di un muto protagonista, che si avventura in luoghi misteriosi popolati da orrori palesemente ispirati alle atmosfere lovecraftiane, che tanto spazio stanno avendo nel medium negli ultimi anni. La prima cosa che si nota nei primi minuti di gameplay è che il titolo, in pieno stile soulslike, è tutt’altro che amichevole con il giocatore: non esiste tutorial né è presente una minima spiegazione né delle meccaniche né dell’utilizzo di oggetti o armi o dei punti di checkpoint. Già questi elementi ci mostrano come Elden: Path of the Forgotten non sia un’esperienza adatta a tutti i giocatori, sicuramente non lo è a chi possiede poca pazienza.
Proseguendo quindi ci si rende conto della semplicità e brutalità del gameplay: ci troviamo davanti ad un combattimento melee basato principalmente sul tempismo, il roll, la gestione della stamina e la capacità di utilizzare un perry, il cui funzionamento è però purtroppo tutt’altro che chiaro (vista anche l’assenza totale di tutorial) e forse un po’ troppo casuale. Iniziano infatti qui i problemi del titolo: il combat risulta un troppo frustrante, con nemici fin troppo veloci e reattivi rispetto al nostro protagonista, un tracking eccessivo e delle hitbox gestite piuttosto male (basta considerare il fatto che possiamo attaccare solo in verticale o orizzontale e non in diagonale). Oltre alle armi melee, avremo a disposizione anche alcuni incantesimi, la cui gestione potrebbe risultare problematica soprattutto a causa dei controlli fin troppo imprecisi (soprattutto per quanto riguarda il primo “incantesimo” che si sblocca). La “crudezza” del gameplay si rende palese anche e soprattutto proseguendo, nel momento in cui il numero e le capacità dei nemici aumenteranno proporzionalmente, portandoci di fronte a sfide davvero difficili. In queste però, manca in parte il gusto tipico dei soulslike dato dalla soddisfazione del superare un ostacolo gestendo le proprie risorse e comprendendo il sistema, poiché quello di Elden: Path of the Forgotten risulta essere fin troppo randomico e reso difficile in modo un po’ troppo “artificiale” e poco naturale. È difficile anche intuire una sorta di progresso da RPG, per quanto il titolo sia stato inserito in questo genere dal publisher stesso. Anche l’esplorazione presenta il suo lato problematico: per quanto le ambientazioni possano risultare interessanti, visto anche un minimo di varietà, all’interno di esse (rigorosamente senza una mappa a disposizione) il design risulta fin troppo ripetitivo, risultando quindi nel confondere più il giocatore che si può trovare facilmente in difficoltà nell’identificare punti di riferimento, fondamentali se si desidera costruire un sistema del genere che sia funzionale.
A livello visivo le cose funzionano un po’ meglio: la pixel art proposta è certamente piacevole da vedere, con buoni dettagli e alcune interessanti interazioni ambientali. Lo stesso non si può dire per il design dei mostri che andremo ad affrontare, alcuni dei quali risultano essere piuttosto ispirati, mentre altri inspiegabilmente anonimi. La versione Switch, com’è prevedibile, soffre di qualche problemino di framerate in più rispetto a quella PC, e lo stesso vale per la lunghezza dei caricamenti, che comunque non risultano essere eccessivi nemmeno sulla console Nintendo. Ho riscontrato personalmente anche alcuni bug che mi hanno costretto a interrompere il gioco e a ricominciare dal checkpoint, che sembrano però essere stati risolti con l’ultima patch resa disponibile.
Il sonoro non è particolarmente memorabile, con una gestione di default che rende alcuni suoni troppo preponderanti rispetto ad altri (come lo sbattere delle ali del nostro compagno volante, che alla lunga risulta estremamente fastidioso), niente però che non possa essere regolato grazie alle opzioni audio diminuendo i suoni d’ambiente rispetto alla musica. Quest’ultima, anche se un po’ ripetitiva, riesce discretamente a trasmettere le atmosfere del titolo.
Per essere quindi un titolo sviluppato da un singolo programmatore, Elden: Path of the Forgotten non è totalmente da bocciare, sebbene forse il concept risulti un po’ troppo ambizioso. Il risultato pad alla mano infatti potrebbe facilmente respingere molti utenti, mentre altri (probabilmente purtroppo una minoranza) potrebbero sentirsi attirati dal livello di sfida. L’idea della “narrazione silenziosa” può certamente funzionare, soprattutto se si sceglie un’atmosfera lovecraftiana, tuttavia risulta estremamente delicata e, in questo caso, portata un po’ troppo all’estremo per poter essere davvero apprezzata. In ogni caso, se siete alla ricerca di una sfida e apprezzate molto questo tipo di ambientazione, potreste comunque prenderlo in considerazione.