Quando dal mondo indie arriva un nuovo titolo, una delle prime curiosità di ogni gamer è capire se sia ispirato a giochi del passato e, in caso positivo, a quali. Grazie all’ottimo lavoro svolto da Wonderboy Bobi e Storybird Games, abbiamo avuto il piacere di provare la versione PS4 di Aggelos, la cui traduzione dal Greco è Messaggero e dalla quale deriva anche la parola Angelo. Si potrebbero citare diversi titoli d’ispirazione per Aggelos, ma giocandoci per diversi giorni e senza limitarsi ad un primo impatto grafico, la cerchia si restringe a due titoli: il mitico Wonder Boy, che ha spopolato su SEGA Mega Drive e Master System tra gli anni ’80 e ’90, e Zelda II: The Adventure of Link, uno dei capitoli di Zelda più controversi di sempre – soprattutto per il gameplay a scorrimento laterale, ben diverso dai canoni standard della saga.
Un regno in pericolo
Il gioco ci mette nei panni di un giovane e biondo cavaliere che, partendo da casa sua ed affrontando diversi mostri per la strada, deve recarsi nel Regno di Lumen. Durante il percorso, l’eroe salva coraggiosamente una ragazza dall’attacco di un mostro e scopre che si tratta della principessa, figlia del Re in persona. Questi ci informa di un pericolo imminente: un potente nemico vuole aprire alcune spaccature sparse nel regno per invaderlo e conquistarlo con innumerevoli mostri ai suoi ordini, creando caos e distruzione. Per fermarlo dobbiamo raggiungere la sua dimora, cosa che ci sarà possibile solo dopo aver affrontato alcuni dungeon conquistando il potere dei quattro elementi fondamentali: Terra, Acqua, Fuoco e Vento. Inizia quindi la nostra avventura tra palazzi, foreste, montagne, villaggi, sotterranei, fondali marini ed altri scenari pieni di mostri da sconfiggere, oggetti da trovare ed enigmi da risolvere. Tra gli oggetti importanti da trovare spiccano i contenitori di cuori e quelli di magia, che possono essere trovati in svariati modi come ad esempio in qualche forziere nascosto o acquistabili in rari negozi del gioco.
Aggelos è un actionRPG stile rétro, che possiamo comunemente classificare come metroidvania. Come in tutti questi titoli, all’inizio non ci è possibile accedere in molte zone o raggiungere punti sopraelevati di alcuni stage, non prima di ottenere una certa abilità o un potere che ci permetta di farlo. Alcune abilità con la spada possono essere apprese dai maestri sparsi nelle location, ad esempio il colpo di spada verso il basso o il salto con sciabolata in aria che ci permette di raggiungere punti molto alti. Poi vi sono i poteri magici derivanti dai quattro elementi sopracitati, che ci permettono di fare cose ulteriori. Possiamo lanciare palle di fuoco ai nemici o teletrasportarci da un portale infuocato all’altro, utile per superare i cancelli di metallo o raggiungere punti altrimenti inaccessibili; trasformare alcuni nemici in piattaforme, indispensabili per salire in alto in alcuni stage; planare all’interno di una bolla nei punti critici; fare uno sprint in aria per attraversare in volo corridoi pieni di trappole, attraversare un fossato per raggiungere il lato opposto e addirittura passare illesi attraverso i nemici come fossimo un fantasma. Queste ed altre cose arricchiscono il gameplay col passare delle ore, ed ogni volta che troveremo un nuovo potere ci torneranno in mente alcune zone precedentemente visitate in cui possiamo finalmente fare cose nuove per proseguire nel gioco o sbloccare determinate porte o tesori.
Villaggi e dungeons
Nel Regno di Lumen vi sono molti villaggi sparsi qua e là. In ciascuno di essi vi sono solitamente tre o quattro NPC che ci danno informazioni utili, alcuni negozi con armi ed armature, altri che vendono oggetti utilissimi come pozioni o erbe curative, ed altri posti al chiuso come ad esempio il negozio in cui farci creare uno strumento musicale da suonare poi in una taverna. In alcuni edifici bisogna fare una determinata azione per continuare nel gioco, come nella biblioteca o nella casa del guardiano di un certo Tempio. Oltre agli abitanti possiamo anche fare la conoscenza di alcune scimmie, dal linguaggio inizialmente incomprensibile finché non troveremo un certo oggetto, ma che diventeranno fedeli alleate con consigli, direzioni da prendere in alcuni labirinti, oltre addirittura avere la chance di impersonarne una per qualche minuto al fine di rubare un oggetto assolutamente necessario.
In ogni villaggio troviamo dei piccoli obelischi che fungono da punti di salvataggio e che ripristinano anche l’energia vitale. Sono inoltre sparsi in varie location circondate da mostri, ed è qui che dovremo fermarci ogni tanto per valutare in quali punti fare avanti e indietro per uccidere uno o più mostri facili da sconfiggere, guadagnare soldi ed esperienza, e rifare il tutto decine di volte per potenziare il nostro eroe, oltre ad avere così buona disponibilità di cash per comprare armi ed armature molto costose più avanti nel gioco. Piccola pecca nell’inventario, che permette una quantità davvero limitata di oggetti e scorte di pozioni: è possibile portarne una sola alla volta, grande o piccola che sia, e qualsiasi negoziante ci dirà che ne abbiamo già una se tentassimo di comprarne un’altra. Per fortuna, oltre alle pozioni esiste un’erba che ci riempe l’energia vitale quando subiremo il colpo di grazia, salvandoci così la vita. Peccato non sia sufficiente in alcuni punti difficili da superare, in cui non pretendiamo di portare con noi un centinaio di pozioni, ma averne almeno tre ci avrebbe permesso di affrontare con più tranquillità alcuni dungeon ed i relativi boss, alquanto ostici anche quando si impara ad affrontarli. Per fortuna ci viene incontro la possibilità di continuare dall’inizio di un dungeon in caso di game over, ricordando porte aperte ed oggetti trovati.
Veniamo ai dungeon che, per design e struttura, sono gli elementi che più si avvicinano ai palazzi di Zelda II. Già dalle prime note della loro soundtrack, ci accorgiamo che anche le musiche di Zelda II sono state fonte d’ispirazione, ma limitiamoci a parlare della struttura del labirinto. Si inizia dalla hall d’ingresso, col simbolo dell’elemento del dungeon scolpito sul muro, per poi entrare nel vivo dello stesso. Ogni zona è piena di piattaforme, con nemici che si muovono su di esse o nei paraggi, lanciando attacchi di diverso tipo e talvolta difficilmente schivabili se siamo troppo vicini. Gli scopi di ogni dungeons sono diversi: trovare le chiavi piccole per aprire le porte chiuse e proseguire, trovare il forziere che ci doni l’oggetto col potere annesso per sbloccare nuove zone del dungeon, pulsanti per aprire porte e muri dapprima chiusi, e soprattutto raggiungere il boss che, come spesso accade, è molto più grosso di noi ma si muove ed attacca con script ripetuti e facilmente memorizzabili. Per questo è sufficiente studiarlo bene (morendo più volte in alcuni casi) per semplificarne lo scontro, rendendolo più facile ad ogni tentativo. È importante usare il potere acquisito in quello stesso dungeon, solitamente l’arma migliore per danneggiarlo riportando al tempo stesso il minor numero di danni possibili.
Angeli e Demoni
Come ogni metroidvania che si rispetti, anche in Aggelos saremo costretti a fare tanto backtracking per scoprire nuove location e proseguire nell’avventura, grazie alle possibilità offerte da nuovi oggetti e poteri trovati. Grafica e sonoro 8 bit fanno il loro dovere, con qualche chicca come pioggia e lampi e boss giganteschi dai movimenti fluidi e tattiche spesso scriptate – ma comunque efficaci. Ci sono interessanti enigmi e misteri da scoprire, come torri che potrebbero ergersi magicamente dal suolo o nuovi e potenti nemici che a gioco avanzato infesteranno il Regno di Lumen.
Le location della mappa sono abbastanza varie e piacevoli da visitare, anche se graficamente un po’ semplicistiche per quanto riguarda gli sfondi, limite dovuto ai bit a disposizione del gioco stesso. Ad esempio, una sola tonalità di azzurro per il cielo, due o tre tonalità per i muri di varie location, e così via. Un punto di forza risiede nell’atmosfera, vicina a quella di un’epopea greca e con zone adiacenti l’una all’altra, ma spesso molto più grandi di Zelda II: The Adventure of Link. Nel caso dovessimo perderci o non sapessimo cosa fare, potremo aprire la mappa per orientarci e capire in che direzione andare, oppure rivolgerci all’indovino del castello che userà le sue abilità per indicarci gratuitamente la via. Come piccola risorsa orientativa, troviamo in giro qualche cartello indicante la direzione per raggiungere le zone limitrofe, benché si tratti comunque di un’indicazione piuttosto semplicistica.
Il fatto di poter raggiungere l’ultimo palazzo senza potervi entrare prima di aver finito tutti gli altri è un’idea copiata dallo stesso Zelda II, in cui il Grande Palazzo aveva una barriera impenetrabile finché non fossero stati completati i primi sei palazzi del gioco. Idea copiata anche da un altro titolo storico che non ha più visto sequel o remake, quel The Battle of Olympus che ci vedeva girare per l’Antica Grecia combattendo mostri mitologici prima di far apparire l’ingresso degli Inferi, l’ultimo livello di gioco. Aggelos ripropone elementi da entrambi i titoli, aumentando la difficoltà a gioco avanzato grazie a nuovi nemici fuoriusciti dalle fessure dimensionali e facendoci fare tanto backtracking per trovare oggetti da utilizzare nella parte opposta della mappa. Per ultima cosa, ma non per ordine d’importanza, Aggelos è completamente localizzato in Italiano, con testi ben tradotti ed una quantità medio-bassa di dialoghi presenti nel gioco.
Aggelos si colloca tra quei titoli che puntano tanto su atmosfera, gameplay e varietà delle location più che sul comparto tecnico, limitandosi a grafica e campionature da NES sfruttate comunque a dovere e che, superfluo dirlo, piaceranno in maniera particolare a chi possedeva le vecchie – ma pur sempre leggendarie – console anni ’80 e vuole giocare ad un nuovo titolo che riporti con la mente ai tempi che furono.