Argol: Kronoss’ Castle
Gli action platformer appartengono ad un genere molto in voga soprattutto dalla fine degli anni ’80 in poi, con tanti titoli di successo apparsi sia in sala giochi che nelle più note consoles casalinghe dell’epoca. Così, quando mi càpita tra le mani un titolo come quello di Argolab Games, non posso non ricordare i bei tempi delle interminabili partite a Rastan, col quale i gettoni si sprecavano poichè gli errori erano tollerati davvero poco, portando velocemente alla perdita di vite e al game over. Argol: Kronoss’ Castle riprende alcune di quelle meccaniche, ma ha anche un qualcosa di Castlevania e dei metroidvania in generale. Vediamo perchè.
Salviamo la nostra amata!
Il gioco ci mette nei panni di Argol, un giovane che vive con la donna amata in un mondo a cavallo tra il fantasy ed il mitologico. Quando lei si ammala gravemente, Argol si avventura nelle ostili terre di Rul in direzione del Castle of Time, luogo in cui risiede il potente stregone Kronoss, l’unico in grado di salvare la ragazza da un destino nefasto. Ciò che Argol non sa, e che scoprirà soltanto più avanti nell’avventura, è che Kronoss è stato sopraffatto dal male, perdendo la memoria e venendo posseduto da un’entità malvagia. Argol dovrà quindi combattere attraverso diversi livelli di gioco pieni di nemici sempre più potenti, spesso alla ricerca di chiavi per poter andare avanti.
Argol è armato di una spada che, oltre a colpire a distanza ravvicinata, può lanciare fasci di energia nel caso si riescano a trovare determinati bonus sparsi in ogni livello di gioco. Questo attacco a distanza è utilissimo contro i nemici più grossi, spesso dotati di attacchi letali da vicino, e soprattutto contro molti nemici volanti come gli insetti e i demoni, che spesso volano verso di noi anche in diagonale, talvolta “rimbalzando” contro il bordo dello schermo per cambiare traiettoria di volo e coglierci di sorpresa.
Oltre alla spada, Argol può contare su un calcio volante che viene eseguito in coppia col doppio salto, andando nella direzione in cui si guarda. All’inizio questo tipo di salto mi sembrava molto limitante, ma pian piano ho imparato ad usarlo rendendomi conto che un salto simile, quasi “col freno a mano”, sarebbe stato perfetto per molte fasi platform in cui dovevo calcolare al millimetro il punto d’atterraggio, riuscendoci grazie al movimento molto orizzontale in aria del calcio volante. Tale calcio funge anche da attacco volante, riuscendo a colpire i nemici in volo e, benchè si tolga loro pochissima energia vitale, è utile per allontanarli di qualche metro.
Qualcosa di metroidvania, ma non solo
Il level design porta con sè diverse meccaniche metroidvania, poichè in molti livelli dovremo cercare delle chiavi per poter aprire il portone finale e continuare con l’avventura. In caso contrario, pur raggiungendo tale porta, senza chiave non si aprirà e saremo costretti a tornare indietro per cercarla. Difatti, molti livelli si diramano in strade diverse, con piattaforme che ci fanno salire ai livelli più alti ed altre che ci fanno scendere, sempre alla ricerca di queste chiavi.
Possiamo trovare molti bonus, tra cui tesori, oltre che qualche vita extra. Ma i bonus più interessanti sono quelli che potenziano la spada, permettendone di lanciare fasci di energia, e le armi secondarie che ci permettono di colpire i nemici a distanza, tenendo però conto di un numero limitato di munizioni. Queste ultime sono perfette per non avvicinarci troppo a nemici difficili da affrontare nel corpo a corpo, come il gigantesco ciclope, oppure per colpire a distanza gli stregoni che ci lanciano addosso dei fasci infuocati ad altezze diverse, così come gli arcieri che spesso si posizionano in punti strategici per complicarci i salti tra una piattaforma e l’altra.
Più avanti troveremo anche delle porte che, una volta attivate, ci teletrasportano al punto d’inizio o da un’altra parte del livello stesso. Soprattutto nei livelli più avanzati, le fasi platform richiedono quindi una certa abilità nei titoli di questo genere, pena la caduta nei burroni – con perdita di una vita – oppure di finire ad uno dei piani inferiori, costringendoci a rifare la salita da capo. Alcuni livelli possono essere completati senza dover cercare chiavi mentre altri, soprattutto quelli finali, richiedono invece una lunga ricerca in tutte le zone rialzate sparse per ogni livello.
Oltre a cercare le chiavi, uno degli obiettivi di ogni livello sarà di trovare e liberare gli umani prigionieri in alcune gabbie. In caso dovessimo saltarne qualcuno, sarà poi possibile scegliere i livelli da rifare per liberare quelli dimenticati in precedenza. Ad un certo punto troveremo imprigionato anche Pegasus, mitologico cavallo bianco dotato di ali, col quale affronteremo alcuni livelli avanzati ed una intensa boss fight. Per poterlo cavalcare, però, dovremo prima trovare il modo di liberarlo dalla sua prigionìa.
I livelli giocati a cavallo di Pegasus sono molto rapidi e dinamici, e riprendono alcune meccaniche degli shooter orizzontali anni ’90, con la possibilità di volare in tutte le direzioni e girarsi verso destra o sinistra. Durante un livello alla ricerca di tante chiavi, dovremo cavalcare Pegasus per esplorare una vasta zona alla ricerca delle chiavi mancanti per poter accedere alla boss fight finale.
Peccato che, nonostante l’atmosfera generale sia coinvolgente, i livelli di gioco siano un po’ pochini. Avremmo gradito averne almeno altri 2 o 3, che avrebbero allungato non poco un’avventura sicuramente piacevole da affrontare. Certo, non chiedevamo troppi sforzi per un titolo indie, ma si poteva fare comunque qualcosina in più. Considerazione che, in ogni caso, non intacca la qualità dei livelli presenti nè la qualità del gioco in sè.
I boss, belli ma lenti e prevedibili
Ma se le fasi platform risultano abbastanza impegnative ed esplorare un livello diventa accattivante, purtroppo non possiamo dire lo stesso delle boss fight. A livello di presentazione, i boss del gioco sono affascinanti grazie alla mitologia e al ricordo dei boss da cui traggono ispirazione. C’è ad esempio Medusa, capace di trasformarci in pietra con uno sguardo, oppure uno degli ultimi boss che va affrontato praticamente come il Dracula dei Castlevania classici.
Detto questo, però, la verità è che abbiamo trovato molti di essi piuttosto facili da affrontare a causa della troppa ripetitività dei loro attacchi, cosa che ci ha permesso di sconfiggerli quasi sempre al primo o secondo tentativo. Il 90% delle (poche) volte che Argol è morto, è successo a causa di qualche nostra stupida svista, ad esempio cadendo distrattamente nel vuoto oppure saltando tardi per evitare una palla di fuoco, ma non morivamo mai per la bravura del boss. Anche la boss fight finale, per quanto lunga e suddivisa in fasi diverse, risulta di per sè piuttosto facile e noiosa. Basterebbe una patch per migliorare il tutto, aggiungendo più casualità ai loro attacchi ed aumentandone sensibilmente la velocità.
Un esempio lampante di boss prevedibile è Cerberus, il mitologico cane a tre teste. Relegato ai soli movimenti di camminata avanti e indietro, Cerberus sputa fiamme dalla bocca ad intervalli regolari, ed è facile colpirlo quando smette ed allontanarci per non esserne travolti, stando comunque attenti alle fiamme per terra. Una volta capito il trucco, basta piazzarsi sul bordo a sinistra del terreno e colpirlo in salto al momento giusto, senza il rischio che lui ci investa, poichè camminerà fino ad un certo punto per poi tornare indietro. Con questa semplice tecnica, abbiamo sconfitto uno dei boss più temibili di tutto il gioco.
Conclusioni
Con Argol: Kronoss’ Castle abbiamo fatto un nuovo salto nella mitologia greca, riassaporando il tipico gameplay degli action platformer di una volta. Il titolo porta con sè qualche piccolo difetto, uno su tutti la prevedibilità dei boss che, quasi sempre, sono piuttosto facili da battere, oltre che un numero piuttosto ridotto di livelli. Dalla sua, invece, il gioco offre un gameplay divertente e mai frustrante, che ci terrà impegnati a cercare le chiavi per uscire dai livelli facendoci esplorare ambienti 2d ben realizzati, che richiamano in modo netto titoli come Castlevania e Rastan.
La trama prende spunto da tanti titoli in cui dobbiamo salvare la donna amata ma che, stavolta, non viene rapita bensì dev’essere guarita da una malattia che la porterebbe a morte certa. Trama molto simile al vecchio The Battle of Olympus, in cui Hades aveva trasformato la nostra amata in una statua di pietra, e dal quale Argol: Kronoss’ Castle sembra aver copiato qualcosa anche del finale con i due protagonisti. Una chicca è quella di poter scegliere se uccidere o risparmiare il boss finale, scelta che influenzerà inevitabilmente il destino della ragazza, ma che ci permetterà di vedere un finale alternativo, magari in attesa di un possibile sequel.
A quanto detto, aggiungiamo un plauso ad un’ottima colonna sonora, che si unisce bene alle atmosfere rappresentate sullo schermo, e tra cui spiccano alcuni temi davvero ben realizzati. Da segnalare che l’intera soundtrack è ascoltabile a questo indirizzo.
Argol: Kronoss’ Castle viene sicuramente promosso, perdendo però qualcosina nel punteggio finale a causa di alcuni difetti, soprattutto la facilità delle boss fight e la durata piuttosto breve, che gli tolgono un voto più alto che sicuramente avrebbe meritato.
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