Intro e storia
Per il genere Platform, Astro Bot è divenuto col tempo la mascotte portabandiera di PlayStation, alla pari di Mario per le console Nintendo o di ciò che fu Sonic per quelle targate Sega. Non a caso fu scelto al lancio di PlayStation 5 come protagonista del gioco-demo incluso nella console Astro’s Playroom. Anche il titolo per il primo PSVR riscosse un buon successo ed ecco quindi l’idea di dedicarvi un gioco completo da parte di Sony per mano del gruppo interno di sviluppo Team Asobi (per chi non lo sapesse, giocare in giapponese si dice “asobu”). Il risultato è un platform 3D che attinge parecchio dalle migliori produzioni Nintendo del genere, Super Mario Odyssey su tutti, ma lo fa con un inconfondibile stile Sony. Con un approccio di gioco decisamente più frenetico, a tutto gas, ma comunque equilibrato; e soprattutto con un’impronta decisamente più irriverente e scanzonata. All’interno del gioco i riferimenti ai personaggi del mondo PlayStation sono innumerevoli, quasi sterminati. Non solo quelli ideati da Sony, ma anche parecchi di Capcom, Konami e molte altre importantissime case produttrici. Il tutto in una giocosa autocelebrazione dell’universo videoludico di tutte le generazioni di console PlayStation che si sono avvicendate sino ad oggi.
Non a caso l’incipit della storia vede proprio la PlayStation 5, in veste di astronave, intenta a viaggiare nello spazio, pilotata proprio da Astro e piena zeppa di robottini simili al nostro protagonista. Naturalmente nel mondo dei videogiochi per costruire un’avventura degna di nota occorre che qualcosa vada necessariamente storto. Ecco dunque che l’alieno verde di turno, tanto cattivo quanto goffo, sfigato e mezzo incastrato nel suo disco volante, comparirà all’improvviso per rubare la CPU della console-astronave. Tentativo andato a buon fine da parte di Nebulax (questo il suo nome all’anagrafe) e PlayStation 5 che precipita su un pianeta desertico disperdendo robottini e tutte le sue componenti principali nel circostante spazio orbitale. Solo uno si salva a stento, rimanendo nei pressi della carcassa dell’astronave: indovinate chi potrebbe mai essere? Toccherà proprio ad Astro andare a recuperare i suoi compagni e riconquistare tutte le componenti chiave della PlayStation 5, fino allo scontro finale con il viscido alieno per reimpossessarsi dell’indispensabile processore dell’unità centrale.
Realizzazione tecnica ed artistica
Astro Bot è graficamente una meraviglia per gli occhi. Lo stile è volutamente catroonesco e non certo fotorealistico, ma la cura degli ambienti, le animazioni dei personaggi e di tutti gli oggetti in libero movimento rendono appieno giustizia a questa Next Gen che tanta fatica ha fatto per decollare. Per citarne uno, l’effetto acqua, nei livelli che lo contemplano, è uno dei migliori e più riusciti che ci siano mai capitati di osservare. Da un punto di vista dell’animazione, la fluidità è sempre perfetta: mai in nessuna situazione, nemmeno nelle più concitate, abbiamo notato il minimo rallentamento, scatto o calo nel framerate. Se non si può parlare di Ray tracing vero e proprio, ci si va molto vicino. Con una serie di riflessi su superfici e materiali realizzata in maniera davvero convincente e riuscita.
Dal lato prettamente artistico e di level design la varietà dei contesti è qualcosa di sbalorditivo e la struttura dei vari stage si fonde perfettamente con l’ambientazione degli stessi. Un buon numero di essi è dedicato a titoli che fanno riferimento a produzioni cardine del mondo Sony/PlayStation. Non a caso livelli presi di peso da God of War, Uncharted ed Horizon precedono sfide importanti contro un super boss a capo di un intero gruppo di aree. Come detto la struttura dei livelli propone una varietà pressoché completa, passando da spazi molto ampi ad altri più ristretti. Zone di platform puro con sezioni aeree, altri con uno sviluppo verticale e non mancano parti subacquee.
In questa sezione occorre poi doverosamente soffermarsi anche sul comparto sonoro. Semplicemente meraviglioso sia per quanto riguarda le musiche che per gli effetti sonori. A partire dal tema principale, remixato dai precedenti Astro Bot, che entra in testa e diventa un piacevole tormentone. La varietà delle musiche è impressionante e risultano, manco a dirlo, perfettamente in tema con i vari ambienti. Si spazia tra infinità di generi, dall’elettronico, al metal, per passare a pezzi più calmi e strumentali. Come ci si può aspettare, nei livelli che strizzano l’occhio a questo o quel personaggio del mondo Sony, anche le musiche assumeranno conseguenti sonorità. Un piccolo spoiler: per una sezione sparatutto si è andati a recuperare niente di meno che una fantastica traccia metal appartenente ad una delle saghe sparatutto 2D più importanti del mondo console a cavallo tra le generazioni 16 e 32 bit. Purtroppo, forse per questioni di diritti, non è stata inserita nella colonna sonora ufficiale, disponibile come DLC; un vero peccato.
Gioco e giocabilità
Come i suoi predecessori, il controllo di Astro è affidato a pochi semplici comandi. Il tasto per saltare e rimanere per brevi tratti in volo, quello per il “pugno” e girandola in caso di caricamento prolungato con successivo rilascio ed infine uno per l’azione speciale. Questa, se disponibile, varierà da livello a livello, con caratteristiche uniche e specifiche. Ve ne sono numerosissime: si va dal mega salto, a uno scatto velocissimo, alla miniaturizzazione, alla creazione di piattaforme temporanee o anche al rimpicciolirsi come una pallina. Quest’ultima capacità è tratta in maniera pressoché pedissequa dalla Morfosfera della nintendiana saga di Metroid, ma tant’è: si dice che l’imitazione sia la più alta forma di ammirazione. Naturalmente nei livelli tematici dedicati a personaggi specifici, la funzione speciale farà il verso al protagonista. Lancio dell’ascia per Kratos, rivoltella spara palline per Nathan Drake ed arco e frecce per Aloy.
Il denominatore comune tra funzioni base, speciali ed interazioni ambientali sarà una perfetta gestione delle capacità aptiche del DualSense. Tramite la vibrazione e la resistenza variabile dei tasti L2 ed R2, il pad di PS5 garantirà un’esperienza di gioco ancora più immersiva e coinvolgente.
Gli scontri con i boss sono spassosissimi, fuori di testa per le divertentissime trovate umoristiche e mai scontati. Il livello complessivo di queste sfide non è mai particolarmente impegnativo: paradossalmente sono più ostici alcuni semi-boss di quelli di fine area. Questo perché negli scontri con questi ultimi avremo dei “cuori” supplementari, mentre negli altri un errore ci porterà a ricominciare d’accapo senza appello. Ci soffermeremo ulteriormente sulla difficoltà del gioco nella prossima sezione, prima però desideriamo addentrarci per un attimo sulla longevità. Portare a completamento il titolo non è un’impresa particolarmente lunga. Anche i giocatori più lenti riusciranno a vedere i titoli di coda entro una quindicina di ore. Discorso ben diverso è se si vorrà dedicarsi all’esplorazione ed al collezionismo. Recuperare tutti i compagni Bot e raccogliere ogni tessera chip, che sblocca aree specifiche e gadget vari, richiederà almeno il doppio del tempo.
Pro e contro
Come avrete abbondantemente capito, i lati positivi prevalgono nettissimamente per quantità, importanza e peso specifico su quelli negativi, ma è importante elencare anche questi ultimi per una visione completa ed esaustiva. Nel primo elenco va indubbiamente annoverato al primo posto il divertimento: un gameplay intuitivo quanto appagante si unisce ad una varietà che invoglia costantemente a giocare ancora per i classici “dieci minuti in più”. La realizzazione tecnica di prim’ordine e la grande vena artistica completano il quadro.
Nei difetti dobbiamo citare una telecamera a volte un po’ troppo mobile e quasi dotata di volontà propria, soprattutto nei luoghi più angusti. L’aspetto più significativo tra quelli rivedibili è il bilanciamento della difficoltà. A fronte di un’avventura base mediamente facile, i livelli bonus speciali possono rappresentare uno scoglio davvero arduo e soprattutto improvviso, inaspettato. Non servono solo riflessi, ma anche un attento studio del comportamento di nemici e piattaforme mobili per avere un timing adeguato. Venire a capo dei quindici livelli dedicati ai pulsanti playstation: triangolo, cerchio, quadrato e croce rappresenta una sfida decisamente importante, che consumerà parecchio tempo e farà spendere, oltre ad innumerevoli “sbaglia & riprova” anche abbondanti quanto sicure imprecazioni. Superfluo precisare che per “chiudere” il gioco in maniera davvero completa occorrerà venire a capo anche di questi livelli. Noi abbiamo recuperato tutto, incluso il 305° Bot ed il tempo totale di gioco lordo, comprendente i tentativi falliti, ha sfiorato le quaranta ore.
Giudizio complessivo
Partendo da un tema che ci è molto caro, Astro Bot incarna perfettamente la quintessenza del Videogioco con la “V” maiuscola. Il primato spetta sempre al Gioco giocato ed al divertimento che ne deriva. Alla scoperta in prima persona di ciò che s’incontra in virtù delle NOSTRE azioni. L’attuale mondo dei videogiochi, a volte stantio, a volte intento ad inseguire velleità di ogni tipo che non gli sono proprie, avrebbe tanto bisogno di tutti Astro Bot che potrebbe riuscire ad avere. Dunque un sentitissimo grazie colmo di riconoscenza a questo robottino bianco e blu, che ci ha ricordato cosa dovrebbe veramente essere, e fare, un videogame.
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