Se vent’anni fa m’avessero detto che un giorno avrei in qualche modo contribuito nel recensire Baldur’s Gate, piuttosto che crederci avrei mangiato una cadrega. Invece oggi son qui, con le dita che fremono, per raccontarvi di una saga immortale che ha forgiato la storia, che ha lasciato un segno indelebile nella vita di noi videogiocatori appassionati di cRPG. Il 15 ottobre, infatti, è sbarcata sulle console PS4, Xbox One e Nintendo Switch, la saga completa degli RPG ambientati nei multiversi di Dungeons & Dragons – eccezion fatta per Icewind Dale 2 del quale è andato perso il codice sorgente. Questa enorme mole di contenuti interattivi, è divisa in due edizioni separate. Baldur’s Gate 1 & 2 Enhanced edition pack, che include i due capitoli della saga e la recente espansione Siege of Dragonspear sviluppata da Beamdong, e Planescape: Torment & Icewind Dale Enhanced edition pack. Personalmente ho giocato entrambe le edizioni degli immortali GDR in visuale isometrica su PS4 ed ora sono pronto a dirvi la mia, sempre che non si materializzi Minsc per trasportarmi in una delle sue avventure.
Un valore storico inattaccabile, ma…
Chi vi scrive, conosce a menadito le avventure dei figli di Bhaal in Baldur’s Gate, i meravigliosi paesaggi scolpiti in Infinity Engine in visuale isometrica, le stranezze di Sigil ed il viaggio filosofico del Nameless One in Planescape: Torment, fino alla Valle del Vento Gelido e le montagne del Dorso del Mondo di Icewind Dale. Questi titoli hanno un valore storico immenso, tanto per l’industria videoludica che per gli appassionati, e non a caso sono considerati vere e proprie leggende digitali. Ma facciamo un passo indietro e poniamo il caso di non conoscere nulla di tutto ciò, evitando così di lasciarci fagocitare dalla leggenda.
Giocando su console (PS4 Pro) non ho potuto che apprezzare un ottimo lavoro d’ottimizzazione. Nessun calo di frame, nessun glitch negli sprite dei personaggi o nella grafica generale, tempi di caricamento inesistenti: un ottimo lavoro da parte di Beamdog, insomma. Anche sul fronte delle meccaniche di gioco è stato fatto un buon lavoro, con l’introduzione dei menù radiali, manna dal cielo per gli RPG su console. Ma mentre esploravo i menù navigando fra le decine di opzioni, ho percepito una sensazione strana, che avrei compreso a pieno pochi minuti più tardi. Siamo su Icewind Dale e con il mio gruppo di eroi mi avvicino presso il crinale che volge sul lago a sud del villaggio e una banda di goblin mi assale. Inizia il combattimento: “Un gioco da ragazzi!” mi vien da pensare.
Mai un’intuizione fu più sbagliata. Fortunatamente entra in gioco l’immancabile pausa tattica, quindi ho tutto il tempo per pensare ad una strategia vincente. Ma qualcosa va storto, e non mi riferisco alla strategia, ma ai comandi di gioco. Mi rendo conto che la difficoltà non sta nell’abbattere il manipolo di goblin, ma nel far eseguire tutti i comandi ai mie personaggi. Alla fine riesco ad abbattere la minaccia goblinesca, ma mi ritrovo con le mani intrecciate sul pad, quasi come in una posizione innaturale. Purtroppo, sul versante controlli di gioco, non ci siamo, ma neanche lontanamente. Complici le astruse combinazioni di tasti, dopo poche ore di gioco era insista in me una sensazione di frustrazione. Non credo sia colpa di Beamdog, anzi, credo abbiano fatto il massimo per rendere fruibili i porting su console, tranne l’imperdonabile mancanza del modalità multigiocatore, storico caposaldo dell’esperienza ludica. Sono più che sicuro, invece, che la verità sia una sola: questi titoli furono pensati unicamente per PC. Ciò non toglie che non è impossibile apprezzarli sulle console di nuova generazione, ma bisogna fare amicizia con i comandi ed esser dotati di una buona memoria muscolare.
Al di là dei meri controlli, le storie raccontante in questi capitoli riescono sempre a regalare epiche avventure farcite da tematiche profonde e filosofiche. Per entrare nel merito, è possibile sperimentare una delle storie più toccanti e significative della nostra esperienza da videogiocatori, proprio in Planescape: Torment nel misterioso viaggio del Nameless One. A rendere indimenticabile il nostro viaggio nel Faerûn o su Sigil, contribuirà un incredibile cast di personaggi carismatici, divertenti, oscuri, folli, coraggiosi o meno (non è vero, Khalid?), tutti con le proprie sfaccettature, i propri desideri ed aspirazioni, alcuni pronti ad aiutarci per il bene del mondo, altri per interessi personali…ma guardatevi sempre le spalle, in un mondo ad un passo dalla rovina, anche il vostro migliore amico potrebbe pugnalarvi alle spalle.
Sebbene Baldur’s Gate, Planescape: Torment e Icewind Dale siano profondamente diversi nelle tematiche e nelle avventure proposte, siamo di fronte a quattro produzioni che condividono il medesimo sistema di gioco: Advanced Dungeons & Dragons (AD&D) seconda edizione del 1989. Ciò significa che, una volta padroneggiato il regolamento, è molto più semplice intraprendere la nostra avventura in qualsiasi titolo sopracitato. Purtroppo ad innalzare la curva di difficoltà ci pensa un breve tutorial, presente in Baldur’s Gate 1, che non chiarisce al meglio tutte le opzioni e meccaniche di gioco disponibili. Insomma, stiamo parlando di una serie di titoli di vent’anni fa, basati su un regolamento di trent’anni fa, rilasciati per la prima volta su console pochi giorni fa. Ora immagino le schiere di appassionati – fra cui ci sono anch’io – adirati, ma non me ne vogliate: perché giocare su console dei fantastici capolavori del videogioco di un’era fa – con tutti i loro pregi ma anche con le limitazioni di cui soffrono – e non i successori spirituali o i nuovi titoli del genere perfettamente allineati alla concezione moderna del “fare videogiochi”? A mio modesto parere, questo porting “non s’aveva da fare” e non per la qualità intrinseca dei titoli, oggettivamente inarrivabili, ma perché, pad alla mano, l’esperienza di gioco è quanto più differente dalla natura stessa della saga. Siamo lontani anni luce dal videogioco come medium moderno portatore sano di solida immediatezza, anche se ciò non è quasi mai sinonimo di qualità (Dragon Age: Inquisition, ce l’ho con te). La stessa creazione del personaggio, tanto cara ed approfondita, rischia di spaventare l’utente non avvezzo alle meccaniche ruolistiche del gioco di ruolo di Gygax ed Arneson. Per non citare il THAC0 (to hit armor class 0), arcano che non vi farà dormire la notte. È pur vero, però, che questo porting può essere un’occasione per recuperare dei classici intramontabili, per chi non ne abbia avuto occasione: ma non lasciatevi irretire della leggenda di un passato glorioso, per quanto vera possa essere, senza se e senza ma.