Tutto inizia da un piccolo atto di fede da parte di un pubblico che a scatola chiusa decide di dare il suo appoggio ad un progetto su Kickstarter. Così, a distanza di circa 4 anni, debutta su PC Children of Morta, sviluppato da Dead Mage e pubblicato da 11bit Studios. In particolare il titolo si prefigge di unire meccaniche del genere Rougelite a quelle dei dungeon crawler, raccontando la storia dei Bergsons.
I protagonisti assoluti
Non c’è legame più indissolubile, volenti o nolenti, di quello di sangue e Children of Morta ne è più che consapevole. Difatti, seppure la componente narrativa appaia come intermezzo tra un’azione e l’altra, riesce a catturare l’attenzione, spingendo il giocare a volerne sapere di più. Di conseguenza, come il titolo ci suggerisce, i protagonisti assoluti sono i Bergesons. Le loro vicende non saranno un chiaro motivo per acquistare il gioco, appetibile molto più per il suo gameplay, ma comunque rimangono elemento gradito. Così il giocatore, accompagnato dal narratore fuori campo che sarà l’unica voce presente, aiuterà i suoi “compagni” nella loro missione: raggiungere il Monte Morta.
Più nello specifico, il gioco sfrutterà il tema della famiglia e dei legami affettivi, rappresentandoli con brevi ma azzeccate sequenze, che raccontano la vita quotidiana dei Bergsons. Così quello che può essere considerato una mera aggiunta da alcuni, diventa un sistema per aumentare l’empatia con i vari personaggi giocabili. Davanti al giocatore si stagliano i dubbi, i rimorsi, ma anche le gioie di una famiglia profondamente cambiata dal loro compito.
A spasso per la valle
L’incipit narrativo vedrà un antico flagello, la Corruzione, irrompere dal Monte e devastare lo spirito e le terre di Rea ed è a questo punto che gli eroi devono combattere. Infatti si viene a scoprire che i Bergesons sono una famiglia di guardiani con il compito di vegliare su Rea e sul Monte Morta. Di conseguenza i personaggi inizieranno la loro scalata verso la vetta, un’operazione che, come vuole la tradizione, non sarà né breve né diretta. I protagonisti si ritroveranno, appunto, in dei dungeon da completare in singolo o in modalità cooperativa. All’atto pratico si percorreranno delle “stanze” generate proceduralmente, popolate da creature non amichevoli e da boss di fine livello.
Come già detto, il gioco si rifà a delle meccaniche appartenenti al genere rougelite, perciò è quantomeno interessante analizzare la gestione della morte. Essa non solo è prevista, ma si cerca di giustificarla oltre il classico “ricomincio dal checkpoint”, assegnandole un certo sapore da sistema di progressione. L’adorabile nonna Margaret, guida spirituale e magica della famiglia, ha il potere di riportare a casa il combattente di turno, sano e salvo seppure sconfitto. Una volta tornati alla magione, ci si rende conto di aver perso ogni power up raccolto, ma mantenendo sia l’oro che l’esperienza guadagnati.
Fare tesoro di ciò che si raccoglie
Come si può immaginare, se si raccolgo punti esperienza, lo si fa in relazione di un sistema di crescita del personaggio. Difatti, salendo di livello, si acquisiscono punti abilità da spendere lungo un albero di skills attive o passive, sbloccabili con la progressione del personaggio. In maniera piuttosto analoga, raccogliendo oro nei sotterranei, si potrà spenderlo nella fucina dello zio Ben o nel laboratorio di nonna Margaret per migliorare le caratteristiche fisiche o magiche dei familiari. In particolare i potenziamenti della matriarca sono legate alla seconda tipologia, o meglio agli effetti di rune e obelischi che s’incontrano nel gioco. Quest’ultimi si trovano randomicamente nelle aree di gioco e spariscono quando si viene uccisi o quando si conclude il dungeon. Alcuni avranno effetti temporanei, come gli obelischi, altri saranno più duraturi e altri ancora forniscono poteri speciali che si consumano, attaccando.
Ad ognuno il suo
Ogni personaggio sarà dotato di abilità peculiari e di uno stile di combattimento diverso. Una scelta azzeccata che permette approcci differenti per ogni singola run, andando a spezzare non poco la ripetitività di fondo tipica dei vari dungeon. Ad ogni modo all’inizio saranno disponibili solamente John, il padre che fa uso di spada e scudo e sua figlia Linda che si serve di arco e frecce. Successivamente, proseguendo nelle run e nell’arco narrativo, è possibile sbloccare Kevin, simile alla classe del ladro, Mark, che usa le arti marziali, la piccola Lucy, maga elementale, e Joey, il cugino dal martello gigante.
È da intendere che l’uso di un personaggio piuttosto che un altro viene incoraggiato da come le sue capacità peculiari si adattano al combattimento con il boss alla fine del dungeon. Allo stesso tempo, però, si è spinti a non usare un personaggio che sia stato appena sconfitto. Infatti quest’ultimo avrà un malus sulla salute, dovuto alla “Corruzione”, che aumenterà in caso sadicamente decidiate di incaponirvi nella vostra testardaggine. Nulla di irrisolvibile, in quanto basterà affidarsi al gioco di squadra e lasciare in panchina per un po’ di tempo il combattente malato.
In azione
Molti potrebbero pensare che gli escamotage sopra descritti non siano sufficienti a uccidere la ripetitività di fondo che può caratterizzare una formula non proprio innovativa. Tranquilli perché a mitigare tale sensazione, ci pensano i dungeon procedurali e una durata di ognuno di essi non esacerbante, 15-40 minuti. Essi seguono una serie di schemi potenzialmente tutti diversi, ma composti da una serie di elementi strutturali ricorrenti. Tra queste troviamo anche delle aree legate a sequenze narrative, missioni secondarie, power up particolari o dei semplici puzzle.
Volendo essere pignoli, il livello di sfida generale può sembrare di poco al di sotto di altri esponenti del genere. Questo fattore è influenzato dallo stile di gioco, dal personaggio scelto e da quanto il giocatore sia propenso verso certe attività etichettabili come grinding. Tuttavia nonostante queste sfocature, il videogioco possiede un’ottima struttura equilibrata, condita da un comparto estetico convincente e curato. Si ha davanti una pixel art notevole che fa uso di colori molto accessi e di un forte contrasto. Il risultato a schermo è incredibilmente nitido così che nulla sfugga anche nelle situazioni più ingarbugliate. Un aspetto che trascende la sua mera funzionalità e che influenza positivamente la giocabilità. Convincente anche l’impatto della colonna sonora di Hamid Reza Ansari, che non si limita a fare d’accompagnamento, ma va oltre senza tuttavia entrare nell’olimpo della musica dei videogiochi.
Conclusioni
In sintesi Children of Morta si caratterizza per un gameplay che, seppur derivativo, risulta funzionale, regalando sprizzi di divertimento e qualità. Non si tratta di un titolo dalla difficoltà impossibile, ma che appunto sfrutta una struttura di gioco rodata, contornata da un comparto narrativo apprezzabile. Il videogioco di Dead Mage non sarà il primo della classe, ma sicuramente è uno studente diligente che non deluderà “i palati più onnivori”, soprattutto se si considera che il mese prossimo uscirà anche su console.