La tipica struttura da open world domina nella maggior parte delle produzione di oggi, e non fa eccezione Citadel: Forged with fire di Blue Isle Studios. Di conseguenza, si comprende che non è un’impresa facile quella di riuscire a creare un prodotto convincente e con una propria identità. In particolare, risulta critico creare un videogioco che abbia il giusto mordente. Ovviamente, una caratteristica fondamentale per far sì che si trovi il giusto sprint per vivere un’avventura senza sentirsi saturi dopo alcune ore.
Spesso può accadere che nell’esplorare e nel confrontarsi con un mondo di gioco non convincente, il giocatore si senta spinto ad abbandonare il gioco. In questo specifico caso, la difficoltà è doppia. Infatti, prima di questo progetto, Blue Isle Studios ha lavorato su titoli diversi, e Citadel: Forged with Fire rappresenta proprio un esperimento open world. Il risultato di tale slancio creativo è stato reso disponibile su PS4, Xbox One e PC lo scorso 1 novembre dopo un lungo periodo in Early Access.
Tutto inizia da…
Inizialmente il giocatore sceglie uno dei server a disposizione e crea il proprio avatar attraverso la personalizzazione del personaggio. Sebbene si abbiano molti elementi per personalizzare l’avatar, i risultati saranno tutt’altro che eccezionali. Dopo che il personaggio sarà rinato dal fuoco, comincerà la sua avventura da una delle tre zone sicure a sud della mappa (RainCourt, HeathClyffe e EastReach). Qui farà la conoscenza di Lyonesse, NPC che fornirà delle quest, la cui soluzione costituisce un vero e proprio tutorial. Al temine delle stesse vi si aprirà un mondo sterminato con una struttura sandbox, in cui la libertà sarà tutto. L’ambientazione fantasy di Citadel: Forge with fire risulta abbastanza discreta, con qualche scorcio più riuscito, ma con pochi picchi di eccellenza. Alla costruzione di tale mondo si accompagna un comparto tecnico non entusiasmante. L’insufficienza si traduce in lunghi tempi di caricamento iniziali e svariate compenetrazioni grafiche.
Su questa base si dipana una struttura di gioco abbastanza rodata per i videogame di questo genere. Così si parte dal classico castello abbandonato, che funge da “save zone” e da punto di respawn, per poi accedere alle diverse zone di gioco, tutte da esplorare. La raccolta di diversi materiali, come bacche, legno, pietre o sale rivestirà un ruolo molto importante, grazie ai quali si potranno realizzare le tantissime “creazioni” ottenibili con un sistema di crafting piuttosto sviluppato. Sfruttando menù appositi e l’utilizzo del mouse, si creano armi, tessuti, vestiti, banchi di lavoro, muri e tante altre cose. Addirittura, il gioco spinge a reclamare il proprio possedimento, posizionando un trono ed un focolare e costruendovi attorno la fortezza della “sua casata”. La costruzione del palazzo e della serie di attrezzi/strumenti di lavoro è forse l’aspetto più coinvolgente del gioco e quello che giustifica meglio la ripetitività della raccolta dei materiali.
L’altra faccia della medaglia
Come già accennato, il sistema di crafting offre la possibilità di creare una grande varietà di oggetti attraverso una compulsiva e sfrenata ricerca di materiali. Tuttavia, non sarà possibile creare tutto fin dall’inizio, ma per sbloccare un certo oggetto bisognerà far crescere il personaggio. Infatti, aumentando di livello, si sbloccheranno sia nuove abilità di combattimento e magie che ulteriori progetti per creare una grande varietà di armature, armi, pozioni e tanto altro. In quest’ottica vengono in aiuto anche una serie di missioni assegnateci da degli NPC, che tuttavia invece di fornire un elemento di diversità nella formula generale finiscono per assomigliarsi tra loro, divenendo dozzinali dimenticabili. Perfino le musiche proposte dal gioco, sebbene sufficienti, non riescono a risollevare il quadro generale della produzione.
Tutti questi aspetti lasciano l’amaro in bocca e arrivano a cementificare l’idea che il gioco rappresenti un’occasione mancata per ottenere di più. In fondo, esistono giochi dal concept assai simile che basano il loro successo sull’esplorazione e sul crafting. Tuttavia, a differenza di Citadel: Forged with fire, questi titoli contornano questi aspetti con delle meccaniche e delle caratteristiche che fungono da ottimo collante. Differentemente, nel gioco analizzato oggi, gli elementi che cercano di giustificare l’insieme di tante meccaniche sono quasi secondari. Tra questi si può citare la cura degli animali che potremo domare nel gioco e una sorta di sistema PVP-PVE. Infatti, nella libera esplorazione del mondo di gioco non mancheranno i combattimenti sia con altri giocatori che contro l’IA, con quest’ultima non proprio esaltante.
Conclusioni
Nella sua forma definitiva, Citadel: Forged with fire non sembra un esperimento di successo, nonostante il lavoro di Blue Isle Studios non sia da bocciare sotto tutti i punti di vista. Purtroppo i difetti sono troppi, e il videogioco può facilmente risultare in breve tempo ripetitivo e poco coinvolgente. In particolare, nella mia partita ho riscontrato dei problemi con i server, che con le varie disconnessioni riscontrate vanno a smascherare un senso d’incompletezza del gioco vacante. In sintesi, Citadel è un titolo acerbo che difficilmente saprà soddisfare il suo eventuale pubblico, in quanto presenta un’anima duplice. Difatti intervalla momenti di divertimento, dovuti al perseguimento di obiettivi liberamente scelti dal giocatore, ad altri in cui regna la ripetitività di alcune meccaniche o la frustrazione scaturita dai problemi tecnici.