A New York nel 1998 è nata una stella, destinata a diventare la più luminosa dell’intero firmamento nella galassia dei videogame: quell’anno spiegava le sue ali la casa produttrice che da lì a pochissimo avrebbe reimpostato gli standard del mondo dei videogiochi, diventando da quel momento il modello d’ispirazione per tantissimi altri addetti ai lavori. È però doveroso fare una precisazione: il nome (Rockstar poi Rockstar North ed ancora Rockstar), così come la brillante intuizione del primissimo GTA (1997) arrivano da più lontano, precisamente da Edimburgo dove, alla fine degli anni ’80, David Jones fondò la Rockstar North.
Il primo lavoro di successo fu un certo Lemmings, uscito per Amiga nel 1991, che riuscì a vendere diverse decine di milioni di copie. Poi in seguito altre pubblicazioni meno fortunate, fino al primo vero e proprio capolavoro assoluto: Grand Theft Auto, che uscì praticamente su tutte le migliori piattaforme dell’epoca, scatenando l’ira funesta della critica che lo considerava poco adatto per i parametri della censura di quegli anni. I contenuti infatti portarono non poche critiche alla casa, ma da lì a poco avrebbero comunque messo in cantiere il sequel, cioè GTA 2. Il resto è storia del videogame.
Fu proprio quell’anno che i fratelli Sam e Dan Houser, insieme a Take Two Interactive, acquistarono la BGM Interactive, una sezione della più famosa BGM Entertainment, dando vita al primo studio Rockstar negli USA, in poche parole dando inizio alla leggenda che da ormai vent’anni domina il palcoscenico videoludico mondiale. Parlo in questi termini perché a fronte delle centinaia di milioni di copie vendute da Rockstar, a fronte dei lavori pubblicati, a fronte dell’hype che generano ogni volta, è quanto meno doveroso parlare di eccellenza assoluta, sicuramente in termini di creatività, esclusività e successo. L’attesa che sta generando in questo periodo Red Dead Redemption 2 è la palese dimostrazione che i fratelli Houser e compagnia non sbagliano davvero un colpo. Sarebbe facile parlare della bellezza disarmante di RDR, o dell’incredibile profondità e longevità di GTA 5, infatti non lo farò. Ciò che però voglio fare, è ricordare che Rockstar ha pubblicato anche giochi come Midnight Club, Manhunt e L.A Noire, che da soli varrebbero l’appellativo di “software house con gli attributi”. Questo serve per spiegare che la banda Rockstar, ormai dislocata in più e più studi, sparsi in tutta Europa e negli USA, adotta come concetto lavorativo più o meno quanto segue:
“Noi non vogliamo fare ciò che fanno le altre aziende, devi avere originalità nei tuoi giochi; devi avere una sorta di messaggio interessante. Si può dire che l’obiettivo di Rockstar è avere dei giocatori davvero coscienti di ciò che noi stiamo cercando di fare“.
Stando ai numeri, possiamo affermare che ci sono riusciti e ci riescono. Alla grande. Se dovessi scommettere sulla bontà del titolo più atteso da anni a questa parte (RDR 2) non avrei alcun dubbio sul puntare forte su di esso: ogni volta cercano di migliorarsi e di aggiungere cose, azioni e chi più ne ha più ne metta. Un altro dettaglio, che poi tanto irrilevante non è, sta nel fatto che solo loro possono permettersi di rinviare un titolo per quasi un anno senza alzare un polverone, ed anche questa mi pare una bella dimostrazione di potere quasi assoluto, sempre in termini di marketing e influenza nel settore.
Tornando ai nostri “eroi”, i fratelli Houser, una volta trovata la formula magica non hanno dovuto far altro che continuare a lavorare in questa direzione, migliorandosi anno dopo anno, fino a raggiungere l’eccellenza ed il credito smisurato dei propri followers.
Come citato sopra, negli anni si sono cimentati anche in generi diversi, ma senza mai trascurare la loro identità, sempre rivolta ad un’idea di gioco spesso cruenta e dannatamente violenta. Questa cosa non sempre viene presa bene da stampa e censura che in alcuni paesi addirittura ne proibiscono la vendita, salvo poi storpiare i titoli privandoli di quel comparto violento che a noi piace molto e che rappresenta il marchio di fabbrica.
Il vicepresidente Dan Houser affermò in un’intervista prima dell’uscita di GTA 5: “Abbiamo inventato nuovi generi in totale autonomia con giochi come la serie di GTA. Non ci affidiamo a testimonianze sui libri di business per fare ciò che abbiamo fatto. Credo che abbiamo fatto successo perché non ci siamo concentrati sul profitto… Se noi facciamo i giochi che noi vogliamo giocare, allora noi crediamo che le persone andranno a comprarli“.
La loro storia non è naturalmente ancora finita: infatti il prossimo 26 ottobre saremo chiamati ad affrontare lunghe notti insonni davanti alle nostre console, per vestire i panni di spietati cowboy o integerrimi uomini di legge.
Ma nel frattempo, per chi non volesse giocare i soliti FIFA e COD, titoli sempre rinfrescati ma mai davvero avanguardisti (tanto per citarne due dei più famosi), c’è sempre la possibilità di riprendere in mano GTA 5 Online o addirittura RDR, giochi che da soli bastano e avanzano per testimoniare la grande abilità dei ragazzi di Rockstar nel produrre giochi che, anche datati di 10 o 5 anni, sanno sempre mantenere inalterata la loro grandezza (ed il loro prezzo).
Concludo questo tributo alla casa madre di molti dei nostri titoli più amati dicendo che, nonostante il successo universale ottenuto, non è loro costume mostrarsi troppo alle varie convention o in TV, lasciando parlare piuttosto i fatti, accompagnati da vari Tweet o post sui social, veicolo prediletto dall’azienda, che con un semplice cinguettio riesce a far lievitare l’hype come se fosse un Trevor qualunque a bordo di un Buzzard; è importante ricordare, per chi se lo fosse perso, che nel 2015 è uscito un film documentario sulla vita di uno dei due fratelli Houser, Sam, dal titolo “Gamechangers” distribuito dalla BBC.
“Le mie responsabilità in Rockstar sono assicurarmi che il gioco abbia un aspetto, una storia un suono ed un’atmosfera che funzionino.”
– D.Houser
In fondo, quando vieni accreditato al 35esimo posto dal Time, nella classifica degli uomini più influenti del mondo, e ti occupi di videogame, devi per forza avere qualcosa di speciale.