Negli anni ’80 si diffondono i laserdisc, videogames in cui, premendo il pulsante giusto al momento giusto, facciamo compiere al nostro eroe l’azione prevista per evitare la morte e passare alla sequenza successiva. Un gameplay particolare che oggi si identifica in titoli di successo come Heavy Rain o Until Dawn, ma che oltre 30 anni fa era sinonimo di un solo titolo: Dragon’s Lair, gioco d’avventura nato dalle numerose sequenze animate di Don Bluth.
Il sottoscritto ha giocato pochissime volte al coin-op in sala giochi, ed il motivo è uno solo: c’era sempre troppa fila. Ai tempi delle elementari, una volta dovetti attendere oltre mezz’ora per riuscire a farci una partita durata sì e no una ventina di secondi. Non appena sbagliai pulsante fu Game Over. Tra me e me dissi Ma sì dai, riprovo. Poi guardai il riflesso del monitor, mi girai e vidi una fila stile casse supermercato nel weekend; sgattaiolai via in punta di piedi lasciando il posto agli altri, fingendo di non vedere chi mi ridacchiava in faccia per essere morto in così poco tempo. Gli stessi che di lì a poco sarebbero caduti dal ponte levatoio al primo tentativo per poi sgattaiolare via in punta di piedi, ma niente di serio…
L’averci giocato così poco non ebbe importanza: avevo finalmente provato Dragon’s Lair, uno dei giochi che avrebbero segnato la mia infanzia e che sognavo di provare un giorno sulla tv di casa. Prima ancora di questa trilogia, realizzai questo sogno qualche anno fa. Non mi riferisco alle versioni 8 e 16 bit che poco avevano a che vedere col laserdisc, ma proprio a quello originale: avevo così tanta voglia di giocarci che comprai su eBay un Philips CD-I con diversi giochi, ed oltre ai vari Zelda e Mad Dog McCree erano compresi anche i due Dragon’s Lair. Nonostante il joypad fosse un po’ scomodo, il mio sogno si era finalmente avverato. Oggi li ritrovo entrambi in un unico pacchetto assieme a Space Ace, realizzato dallo stesso team a cavallo tra i due Dragon’s Lair. Protagonisti diversi ma trama simile al primo, con un eroe un po’ maldestro che affronta innumerevoli pericoli pur di salvare la sua amata.

Sembra facile, ma non lo è. Potrebbe essere questa la frase riassuntiva di ciascuno dei tre titoli di questa collection. Una delle frasi più usate dai gamers durante migliaia di situazioni di gioco, che nel caso di Dragon’s Lair Trilogy calza a pennello. Lo dico subito in modo chiaro: la schermata più frequente sarà quella del Game Over, e ne vedrete una dietro l’altra anche a distanza di pochi secondi. Sì, perchè Dragon’s Lair è uno dei videogames Trial & Error più famosi di sempre, se non il primo assoluto di questa classifica. Uno di quei titoli in cui si imparano scene e tempistiche dopo aver sbagliato più volte nella stessa scena, prima di fare l’azione giusta nel preciso istante in cui è richiesta. Dopo questa doverosa premessa, è tempo di tuffarci nel mondo di Dragon’s Lair.
A cavallo dell’avventura
La schermata iniziale ci mostra una riproduzione 3D dei cabinati arcade originali, dopodichè possiamo leggere una breve descrizione di ogni titolo e scegliere a quale giocare. Partiamo dal primo Dragon’s Lair. Per introdurre i neofiti a questa tipologia di gioco e togliere ruggine ai fans di un tempo, possiamo seguire il Tutorial che ci insegna le meccaniche di gameplay. Aiutiamo il temerario Dirk ad affrontare e superare la prima scena, quella del ponte levatoio che i fans inossidabili conoscono a memoria, per poi continuare senza nessun aiuto. L’emulatore del gioco è molto basilare: una croce direzionale piazzata in overlay nella parte inferiore dello schermo, nel cui centro c’è un pulsante circolare che indica quando usare la nostra spada premendo A. In totale, i pulsanti da usare sono cinque: le quattro direzioni e l’arma.
Dopo anni che non ci giocavo e non avendolo mai finito, per la prima volta ho potuto apprezzare appieno l’atmosfera del castello e le animazioni davvero ben realizzate. Considerando gli anni in cui è nato il gioco, il tutto è di un livello artistico sopra la media dell’epoca. Il nostro Dirk è animato abbastanza bene, con disegni studiati ad hoc sia nei movimenti che nelle espressioni del viso per renderlo, agli occhi dei giocatori, un eroe simpatico, maldestro, coraggioso, temerario. Un intrepido cavaliere del tutto impreparato a ciò che lo aspetta, ma per il quale tutti i gamers faranno il tifo fin dai primi secondi di gioco, nella speranza che sopravviva a trappole mortali e nemici insidiosi riuscendo a salvare Daphne dal malvagio Singe, il drago che l’ha imprigionata. Ovviamente non sarà affatto facile: ci sono decine di trappole e nemici, e non appena premiamo il pulsante sbagliato o lo premiamo troppo tardi, scatta una brevissima sequenza in cui Dirk muore in modo buffo e impacciato, stile adottato per cammuffare le scene violente agli occhi dei fans più giovani.
Quando il gioco ci chiede di premere un pulsante, quest’ultimo si illumina di giallo nella croce in overlay in basso. Ciò avviene in un preciso momento della sequenza animata in corso, e ci concede davvero pochi attimi per premerlo, spesso quantificabili in mezzo secondo. È questo il vero nemico del gioco, quello che ci renderà la vita difficile: il tempismo. Premere il pulsante giusto al momento giusto è questione di pratica, ma è facile sbagliarne uno durante una sequenza molto lunga, col risultato di morire e ricominciare da capo l’ultima stanza o zona del castello raggiunta, evento che capiterà molto spesso. Per fortuna il gioco offre un sistema di salvataggio a checkpoint tra una scena e l’altra, anche in caso di spegnimento della console. Grazie alla simpatia del protagonista, ammetto che a volte ho sbagliato volontariamente il pulsante solo per gustarmi la scenetta di morte del malcapitato Dirk. Sequenze molto brevi, spesso di 1-2 secondi al massimo: si trasforma in uno scheletro a braccia conserte, viene stritolato da un serpente, bloccato mentre affoga nell’acqua, cade in un burrone buio e senza fine, si prende una forte randellata in testa, ed altre sequenze rese divertenti nonostante abbiano lo scopo di annunciare la fine del nostro eroe.
Il primo è sempre il migliore?
Veniamo al sequel diretto, Dragon’s Lair II: Time Warp. In quanto a gameplay valgono le stesse cose già dette per il primo, poichè i pulsanti da premere vengono gestiti in modo identico. Purtroppo, le differenze col primo capitolo si fanno sentire subito. Per prima cosa, la frequenza con cui dobbiamo intervenire aumenta sporadicamente, obbligandoci a premere il pulsante giusto anche ogni secondo o due, e in rari casi anche due volte consecutive. Ma i difetti riguardano soprattutto l’ambientazione, meno affascinante e con scene a volte troppo caotiche. Alcuni personaggi sembrano usciti da un film Disney, esageratamente infantili e che poco hanno in comune con quelli visti nel castello di Singe, in cui apparivano pericolosi nonostante i tratti carismatici. Migliora verso la seconda parte, con ambientazioni più cupe e simili al primo, oltre alle commoventi sequenze finali in cui salviamo la nostra Daphne. Ma nonostante la qualità in ascesa dalla metà del gioco in poi, ho comunque trovato Dragon’s Lair II: Time Warp il punto debole di questa trilogia. Diciamo che va bene averlo più per collezione che per il prodotto in sè.
Discorso un po’ diverso per Space Ace, uscito tra il primo ed il secondo Dragon’s Lair ma con trama, personaggi ed ambientazione diversi. Il nostro Ace è un eroe futuristico che viene attaccato e colpito da un’arma nemica particolare che lo trasforma in Dexter, la sua versione adolescenziale, priva di un fisico possente e senza la forza di prima. Durante le varie fasi d’azione, premendo il pulsante giusto quando indicato, possiamo ritrasformarci in Ace attivando una sequenza in cui sconfiggiamo il nemico; se non dovessimo premere in tempo il pulsante, in alcuni casi si muore (ricominciando dall’ultimo checkpoint) mentre in altri attiviamo una sequenza diversa nei panni di Dexter, affrontando la situazione in modo diverso. Benchè l’ambientazione sia molto diversa, quella di Space Ace è più coinvolgente rispetto al secondo Dragon’s Lair e concede più respiro sul tempismo dei pulsanti, abbassando leggermente la difficoltà. Benchè non raggiunga il fascino del primo Dragon’s Lair, il gioco regala comunque momenti interessanti: le battaglie spaziali a suon di fasci laser sono piacevoli da guardare, e la ramificazione delle sequenze (a seconda se trasformiamo o meno Dexter in Ace) ne aumenta lievemente la rigiocabilità nonostante il gioco sia molto breve. Personalmente ho trovato Space Ace un’alternativa divertente a Dragon’s Lair, preferendolo di gran lunga a Dragon’s Lair II: Time Warp di cui ho già parlato sopra. Il miglior titolo della trilogia resta comunque il primo.
Un castello di extras
Nel menù iniziale di ogni titolo troviamo alcuni extra interessanti. È presente un’intervista agli sviluppatori (consigliabile a chi mastica bene l’inglese) e vengono mostrate alcune tavole con le bozze originali del gioco, una chicca per chi ama guardare anche i Making of di un titolo. Un pulsante ci permette di accedere al già citato Tutorial per imparare le basi del gioco, di cui consigliamo la visione anche ai vecchi fans della saga per togliere un po’ di ruggine prima di addentrarsi nel gioco vero e proprio. Si può decidere l’ordine in cui affrontare le sequenze: Dirk deve finire una scena prima di passare alla successiva oppure, in caso di morte, ripartire da una nuova; per non restare spaesati, inizialmente consigliamo la prima opzione. Possiamo anche giocare col cabinato originale a bordo schermo, completo di pulsanti e adesivi; un piccolo regalo per i nostalgici del coin-op.
Ma c’è un extra che andava fortemente evitato: la possibilità di guardare ogni singola scena del gioco. Del tutto opzionale, ma che attira alcuni gamers a vedere le sequenze del gioco come fosse un film, anzichè affrontare il gioco ed arrivarci con la propria bravura. Non è chiaro il perchè gli sviluppatori abbiano deciso di inserire un’opzione del genere che mostra le scene animate dall’inizio alla fine. I gamers più impazienti potrebbero rovinarsi la sorpresa e smettere di giocarci, lasciando il gioco “sullo scaffale”. In titoli come questi bisogna incentivare il giocatore ad andare avanti nelle sequenze e migliorare il proprio tempismo. Di certo non gli si devono mostrare tutte le scene del gioco, dandogli motivo di accantonarlo con la scusa del tanto l’ho già visto tutto. A mio parere una scelta poco azzeccata.
Ed eccoci ad un paragrafo che spesso e volentieri inserisco in ogni recensione: quello delle idee mancate, di ciò che si poteva inserire o migliorare rispetto ai titoli originali per migliorare il pacchetto offerto al giocatore. L’emulazione è buona, ma il tempismo è frustrante: troppo difficile superare alcune sequenze (specialmente nel secondo Dragon’s Lair) in cui moriremo decine se non centinaia di volte prima di premere i pulsanti giusti quando richiesto e senza margini d’errore. Con la difficoltà Facile si poteva semplificare maggiormente la vita al giocatore, attivando brevi momenti di slow motion dandogli così un paio di secondi in più per compiere l’azione. Lasciando tutto come lo ricordiamo, invece, lo si obbliga a guardare costantemente i pulsanti in basso, perdendosi la bellezza delle scene animate o guardandole solo di sfuggita con rapidi colpi d’occhio. Questa frenesia nel dover avere sempre i riflessi pronti e guardare perennemente i pulsanti onscreen rovina l’esperienza di gioco, impedendo di godersi l’opera nel modo che merita. Proprio così: Dragon’s Lair Trilogy è un’opera da ammirare, con cui interagire a buon ritmo e da conservare come pezzo da collezione. Più che un videogame va preso come un film, da guardare una o due volte per poi accantonarlo come una reliquia senza prezzo. Per l’occasione, si sarebbe potuta aggiungere qualche sequenza animata in ciascuno dei tre titoli, aumentandone durata e longevità grazie ad una varietà maggiore di stanze, ambienti e nemici da combattere. Ma Dragon’s Lair è sempre piaciuto così, anche per la sua brevità e il fatto di ripetere alcune sequenze “a specchio”: queste vengono riflesse orizzontalmente e i pulsanti da premere sono invertiti. Ad esempio, se in una scena il nostro Dirk scappa a sinistra, nella stessa scena riproposta a specchio scapperà a destra.
Per finire, ci chiediamo perchè gli sviluppatori non abbiano pensato di creare un nuovo esclusivo capitolo da inserire in questo pacchetto. Quel Dragon’s Lair 3 che avrebbe fatto la gioia dei fans di Dirk, aggiungendo quel tocco di novità necessario a rispolverare una saga leggendaria ma poco conosciuta dalle nuove generazioni. Un capitolo che difficilmente sarebbe stato sviluppato con lo stile cartoonesco degli originali, ma che avrebbe usufruito del moderno 3D per scenari e personaggi.
L’ultimo soffio del drago
Dragon’s Lair Trilogy è da guardare con gli occhi di un collezionista più che da videogiocatore accanito. Un pacchetto contenente tre opere visive dal sapore retrò, con stile ed ambientazioni molto in voga negli anni ’70-’80, che può essere considerato al pari di una trilogia cinematografica, con l’aggiunta dell’interazione necessaria a proseguirne la visione. Il target d’utenza tende ai gamers over 40 che ci giocarono da ragazzini, mentre i giovanissimi potrebbero essere attratti dalla sua natura di cartone animato nonchè dalla goffaggine di un eroe che riesce sempre a cacciarsi nei guai e morire in continuazione.
Il primo Dragon’s Lair e Space Ace sono da soli un buon motivo per l’acquisto del gioco, mentre Time Warp scende di un gradino rispetto agli altri due. Il prezzo in digitale è di circa 20 Euro, accettabile considerando che sono tre titoli molto datati ma comunque leggendari. Purtroppo è difficile consigliarne o meno l’acquisto a chi non conosce la saga, meno ancora a chi non l’ha apprezzata anni fa. Volete provarlo prima di decidere se acquistarlo? Va bene, ma attenti: ogni titolo ha una durata complessiva di pochi minuti, rischiate di mangiarvelo in un sol boccone per poi non avere motivo di comprarlo, a voi la scelta. I due Dragon’s Lair e Space Ace restano comunque pietre miliari nella storia dei videogames, ed è anche grazie a loro se questo genere di titoli continua a piacere anche al giorno d’oggi.
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