Ever Forward, così come ogni puzzle game comprensivo di fasi di esplorazione unite a una storia vera e propria, già dalle prime mere immagini mi ha subito fatto accendere le speranze relative al poter stendere una recensione dai toni anche solo remotamente entusiastici. Speranza che, purtroppo e ancora purtroppo, è poi andata ad affievolirsi molto, molto rapidamente. Non fraintendetemi, però: ho scelto il termine “affievolirsi” e non “spegnersi” per motivi ben precisi. O meglio, per un solo motivo.
Detto ciò, vediamo di andare dritti al punto nel capire quali elementi non sono riusciti a offrirmi vera soddisfazione nel nuovo titolo di Pathea Games — in questo caso responsabile a 360 gradi nel doppio ruolo di sviluppatore e publisher.
Ever Forward si pone l’obiettivo di raccontarci la storia di Maya, la giovane ragazzina di cui vestiremo i panni in questa brevissima avventura: esatto, il superlativo non è messo a caso, dato che Ever Forward è completabile in un paio d’ore, che con estrema difficoltà potrebbero allungarsi a comunque non più di 4-5 per i giocatori meno ferrati o alle prime armi con il genere Puzzle.
La struttura di Ever Forward è molto semplice. Nelle fasi sull’isola dovrete semplicemente camminare verso le aree diroccate, facilmente riconoscibili dalle forti tinte di rosso: queste aree vi teletrasporteranno nell’area dei puzzle, che vi farà passare dalla calma naturale dell’isola a un enorme spazio aperto vuoto caratterizzato da giganti parallelepipedi — le piattaforme su cui si svolgeranno i puzzle. Una volta completato l’enigma — o gli enigmi — di turno, verrete di nuovo trasportati all’isola, in cui dovrete “cercare” la prossima area. Ma cosa non va, esattamente: la semplicità della struttura o qualcos’altro?
Separiamo un attimo le due fasi. Nella fase relativa all’isola, quello che non soddisfa è la “vuotezza“, dato che non c’è letteralmente nulla da fare se non andare verso la prossima area — semplicissima da localizzare. Questo lato, inoltre, non viene aiutato dall’aspetto grafico, sì carino e piacevole nella sua semplicità, ma comunque niente per cui sgranare gli occhi nel quasi 2021 e soprattutto compromesso da un semicostante stutter durante il movimento della camera presente con qualsiasi impostazione possibile. Comunque sia, fenomeno non troppo fastidioso e per fortuna ridottissimo nelle fasi di puzzle.
Riguardo alle fasi puzzle, invece, le cose vanno decisamente meglio rispetto a quelle “esplorative” nell’isola — se esplorazione si può chiamare. Gli enigmi di Ever Forward, inizialmente molto semplici, si faranno presto di difficoltà crescente, fino ad arrivare agli ultimi 4-5 che presentano il potenziale giusto per dare un po’ di pane per i denti anche ai giocatori meno nuovi al genere. L’aspetto che più ho rispettato riguardo a come Pathea ha sviluppato i puzzle è indubbiamente la capacità di osservare e studiare il concept ideato da più prospettive possibili: questo gli ha concesso di sfruttare i pochissimi elementi chiave dei puzzle per creare una varietà non di certo disarmante, ma comunque estremamente piacevole nella sua brevità. Anche perché, come avrete sicuramente pensato anche voi, un gioco breve E monotono avrebbe ricevuto toni molto più vicini a quella che definiamo “sentenza”.
Le sessioni di transizione presenti tra il completamento di un puzzle e il ritorno all’isola saranno intramezzate da video che ci illustreranno poco a poco qual è la storia di Maya e presumibilmente perché stiamo facendo quello che ci viene proposto di fare: anche qua, non voglio e onestamente non posso darvi cenni al riguardo, dato che essendo il gioco lungo circa due ore è obiettivamente meglio lasciare a voi il lato della scoperta di ogni minimo dettaglio. Posso solo dirvi che non è niente di negativo, ma allo stesso tempo è una trama parecchio dozzinale con sviluppi altrettanto dozzinali, i cui lati potenzialmente interessanti sono proprio quelli che vengono approfonditi meno.
Ho per caso già detto che Ever Forward è davvero corto? Bene, quindi capite bene perché mi rimane ben poco da dirvi al di là degli aspetti più tecnici. L’interfaccia in linea generale e i font scelti sono estremamente standard e non allo stesso livello dei rimanenti aspetti relativi all’estetica, mentre l’aspetto sonoro si salva molto più facilmente sia sul piano musicale che su quello degli effetti. Sul piano estetico devo dire che i problemi sono rari, ma anche qua riusciamo comunque a distinguere un fastidioso elemento: i droni nemici dispongono di un fascio luminoso che vi renderà consapevoli di quale sia il loro cono ottico… ma che spesso sarà mal definito e si perderà nell’atmosfera sul piano visivo, aumentando vertiginosamente i rischi di dover ricominciare il puzzle dall’inizio o dal checkpoint.
Un’altra cosa che non posso certo evitare di nominare è la pigrizia sia nella cura della “salvaguardia” di alcuni puzzle che su alcuni dettagli. Per fare un esempio relativo al secondo caso, posso citare che Maya, per chiamare il bot che ci aiuterà a muoverci nella mappa come mostrato dallo screenshot qua sopra, porterà la sua mano alla bocca come si fa quando si vuole salvaguardare la dispersione della nostra voce quando chiamiamo qualcuno: ecco, peccato che da Maya non uscirà alcun suono nonostante sia presente il doppiaggio in due lingue (inglese e cinese), e addirittura nemmeno aprirà la bocca. Suonano come piccolezze, ma da un gioco dai contenuti così scarni ci si dovrebbe, o meglio deve aspettare che tutto il resto venga compensato.
Riguardo al primo e più importante caso di negligenza citato, quello relativo alla salvaguardia degli enigmi, il problema è molto semplice: alcuni puzzle, tra cui uno dei più interessanti, sono aggirabili con metodi non ortodossi, a volte sfruttando la possibilità di salvare e caricare il gioco in qualsiasi momento durante le fasi “operative”, a volte addirittura senza neanche ricorrervi. Ovviamente, come il resto sopracitato, anche questo diventa un aspetto difficilmente perdonabile in vista dell’esiguo numero di enigmi presenti nel gioco.
Approfitto del cenno al doppiaggio per rassicurarvi sulla presenza della localizzazione italiana, oltretutto sostanzialmente priva di errori di rilievo, di certo un aspetto positivo sia sul fronte della fruibilità che sull’aspetto della considerazione, ultimamente spesso mancante nelle librerie dei giocatori italiani. Anche il doppiaggio è di un buonissimo livello per entrambe le lingue, anche se onestamente consiglierei quello cinese.
Questa era l’ultima informazione che potevo condividere con voi, quindi veniamo al dunque: Ever Forward non è assolutamente un gioco memorabile e difficilmente lo sarà per qualcuno, ma allo stesso tempo — nonostante problemi di non poco conto — rimane pur sempre un puzzle game che ha nei puzzle il miglior aspetto, il che corrisponde a quella che in fondo possiamo definire missione compiuta. Per il rotto della cuffia, certo, ma perlomeno riesce ad offrire interessanti prospettive sugli enigmi, alcuni dei quali non hanno niente da invidiare ai principali esponenti del genere in quanto a ingegno. Un altro lato positivo è il costo non poco ridotto: 14,99 € a prezzo pieno. Per adesso è disponibile solo su Steam, ma è pianificato il rilascio su PS4, Xbox One e Nintendo Switch.
Lascio a voi la decisione sull’effettuare o meno l’acquisto di Ever Forward, ricordandovi che quasi sicuramente non riuscirà ad offrirvi più di un pomeriggio di gioco. Nonostante sia riuscito a strapparsi una sufficienza, e il suo prezzo sia di per sé ridotto, attendere che questo costo si abbassi ulteriormente potrebbe rivelarsi una scelta più sicura che no, soprattutto considerate le alte chance che ciò avvenga nel giro di qualche settimana.