ATTENZIONE: l’articolo tratta del finale di God of War e delle sue implicazioni, quindi contiene SPOILER molto importanti, non leggetelo prima di aver completato il gioco.
Sono passate ormai circa due settimane dall’uscita di God of War sulle Playstation 4 di tutto il mondo. La nuova veste di Kratos, invecchiato, tormentato dal proprio passato, ma anche padre e compagno ha convinto un po’ tutti. E, nonostante la maggiore complessità del personaggio, il nostro spartano rimane sempre lo stesso cazzutissimo ammazzadei che conoscevamo. In un certo senso, nello scoprire il ruolo di padre – in un percorso che parte da un inizio in cui Kratos nemmeno riesce a confortare il figlio, ad un finale in cui riesce finalmente a raccontagli chi lui realmente è – trova una sorta di strada di redenzione, nel cercare di insegnare al figlio che lui potrà essere ciò che deciderà di essere, senza farsi influenzare da ciò che desiderano gli altri. Tuttavia dopo le rivelazioni finali, una volta giunti a Jotunheim, la faccenda si fa estremamente più complessa, e seguire quella strada si rivelerà probabilmente più difficile del previsto.
Ma partiamo dal “colpo di scena” più sorprendente: il vero nome del nostro Atreus è Loki. Un elemento che viene sottolineato, e che trova corrispondenza nel mito, è il fatto che il dio Loki ha in sé sangue di gigante. E’ infatti figlio del gigante Farbauti e della dea Laufey. Gli Jotnar (i giganti) sono i “nemici” naturali di Aesir e Vanir – le due famiglie delle divinità norrene – e in un certo senso equivalgono ai titani greci (vi viene in mente qualcosa?). Una sorta di Caos, antagonista all’ordine divino.
Nella mitologia nordica classica, Loki è un personaggio estremamente ambiguo: è il trickster, un dio dall’intelligenza acuta, ma che utilizza il più delle volte per imbrogliare e ottenere vantaggi per sé. Ma non è solo questo: Loki in realtà ha anche un ruolo positivo in molte rappresentazioni, in quanto spesso aiuta gli dei stessi a preservare l’equilibrio, risolvendo gravi problemi. Egli ha stretto un patto di fratellanza con Odino, il padre degli dei, figurando al suo fianco e a quello di Thor in molte rappresentazioni. E’ una delle divinità più note e più presenti nelle storie norrene, a partire dal mito che narra della creazione di Mjolnir, il martello di Thor, creato dai nani Brok e Sindri, in una competizione per realizzare l’arma più potente per il dio.
Tra le sue “malefatte” si può ascrivere la morte di Baldur (si, proprio lui, il nostro antagonista), che egli causa con uno dei suoi tranelli: Baldur è figlio di Odino e Frigg (non Freya, attenzione, come ci viene indicato nel gioco, personaggio che in questo caso è stato reso da Santa Monica come “l’unione” di due personaggi divini). Di per sé è una figura positiva, divinità associata al sole. Baldur sognò la propria morte, come una premonizione: dopo averne parlato ai genitori, la madre Frigg radunò tutte le creature del mondo, facendo loro giurare che nessuno di loro avrebbe fatto mai del male al figlio. Loki riuscì però a scovarne un punto debole. C’era infatti una creatura a cui Frigg non aveva fatto prestare giuramento, poiché troppo giovane nel giudizio della dea e quindi innocua: il vischio (ecco il motivo per cui nel gioco Freya distrugge le frecce di vischio ricevute da Atreus!). Raccolto del vischio, Loki lo consegnò a Hodur, fratello di Baldur, che lo colpì, uccidendolo. A causa di questo inganno, Loki sarà punito: legato ad una scogliera con un serpente che farà colare sul suo viso del veleno corrosivo. Egli riuscirà poi a liberarsi, per guidare le forze del Caos contro gli dei durante il Ragnarok.
Delineato questo panorama, estremamente sintetico, possiamo quindi iniziare a parlare di quella che è l’interpretazione di Santa Monica, e di quelle che potrebbero essere le future implicazioni degli avvenimenti finali di God of War.
Kratos figura in questo disegno quasi come un agente minore, inconsapevole (in realtà neanche tanto diversamente dai capitoli precedenti). La sua stessa compagna, Faye (quella che nel mito è la dea Laufey) è discendente dei giganti – in questo modo gli autori legano Atreus/Loki a quella stirpe – che in segreto è fuggita prima della catastrofe in cui Thor ha sterminato tutti gli Jotnar. Il paesaggio desolante che ci si pone davanti una volta entrati a Jotunheim è più eloquente di qualsiasi racconto. E la “profezia” che i nostri due protagonisti si trovano davanti, ci mette di fronte a due fatti: il primo è che il destino di Kratos, nonostante la sua fuga e il suo tentativo di rimanere nell’ombra, è comunque legato agli equilibri divini del mondo. La seconda è che lo stesso Atreus fa parte di quello che possiamo definire un “piano più ampio”. Che questo comporterà o meno la morte dello stesso Kratos (un’immagine della profezia dietro l’arazzo sembra inequivocabile, anche se non univoca), solo il tempo ce lo dirà.
Uno sprazzo di espressione di libertà, nel finale in cui Kratos dice ad Atreus che faranno quello che lui deciderà di fare, non cancella però il fatto che i due si sono ormai compromessi, con l’uccisione di ben tre divinità, causando anche l’ira di Freya che dopo la morte di Baldur ha giurato vendetta. E non solo: la stessa madre di Atreus aveva evidentemente chiaro che il figlio, con l’aiuto del padre, avrebbe in futuro compiuto qualcosa che avrebbe fatto pagare agli dei ciò che hanno fatto alla stirpe dei giganti, che secondo la narrazione erano un popolo pacifico, che non desiderava la guerra. L’ossessione però di Odino per le profezie e per il futuro ha evidentemente causato questa catastrofe, forse perché sapeva che dalla stirpe dei giganti sarebbe giunto qualcuno che avrebbe causato la sua fine. E’ probabilmente questo il motivo per cui l’ultimo desiderio di Faye è stato quello di essere portata sulla cima più alta dei regni, proprio a Jotunheim: voleva che il figlio vedesse con i suoi occhi la tragedia e l’odio causati dagli dei.
Un tassello inoltre che manca a tutta quanta la narrazione, ma che certamente sarà approfondito in uno o più sequel, è proprio il personaggio di Faye. Innanzitutto come ha incontrato Kratos, e in seguito come è morta. Non è chiaro infatti se si è trattato di una malattia o di altro. Inoltre si comprende alla fine che lo stesso Baldur, quando giunge all’inizio a casa di Kratos, ha l’obiettivo di trovare lei, probabilmente sotto ordine di Odino stesso, ancora ossessionato dai giganti.
Una volta che Kratos e Atreus ritornano a Midgard, si ritrovano nel bel mezzo di una tempesta, che però non è un normale evento atmosferico: come ci dicono Brok e Sindri, si tratta del Fimbulvetr, un inverno dalla durata di tre estati, al cui termine avrà inizio il Ragnarok, la fine del mondo, la fine degli dei. E questo ovviamente non può che farci illuminare una lampadina: come Kratos è stato il distruttore degli dei olimpici, così Atreus/Loki potrebbe essere quindi il distruttore degli dei di Asgard. Non per niente, come già detto, alcune storie narrano anche che Loki guiderà le forze del Caos nello scontro finale con gli dei. Con questi elementi ritorniamo quindi all’affermazione iniziale, secondo la quale la possibilità per Kratos e Atreus di agire “liberamente” risulta di difficile realizzazione. Non per niente, nel finale “vero” del gioco, prima che partano i titoli di coda, Atreus sogna l’arrivo di Thor, che si presenta proprio come Baldur alla porta della loro casa. Nonostante sia un sogno, sappiamo che tra le prerogative di Loki vi è anche la preveggenza. Se fossimo in Kratos, non staremmo tanto tranquilli.
C’è un’ipotesi affascinante che ci sentiamo di poter fare, naturalmente senza avere la certezza di nulla: la possibilità che alcuni dei giganti siano ancora vivi, nascosti da qualche parte. E che Atreus, accompagnato da Kratos, ritrovi la sua discendenza per poi decidere di dare l’assalto ad Asgard, dando quindi inizio al Ragnarok. Di certo non così repentinamente, e ci chiediamo anche cosa implica l’immagine che vede Kratos sui muri di Jotunheim, senza però che la veda Atreus. Immagine che sembra presagire la sua morte, ma che non ci sentiamo di dare per certa, data l’effimera natura delle profezie e della loro rappresentazione e soprattutto interpretazione.
In ogni caso, abbiamo capito bene che il nostro Kratos darebbe volentieri la vita per il figlio, mostrando di comprendere il comportamento di Freya che si sarebbe fatta uccidere da Baldur, pur di fare in modo che il figlio sopravvivesse. Cosa che non accade solo perché Kratos prende una decisione scomoda, ma forse giusta, attirando però l’ira anche della dea che all’inizio sembrava stare dalla loro parte. Questo finale quindi implica anche la possibilità che la stessa Freya si delineerà in futuro come antagonista, anche se non ne siamo del tutto certi, considerato l’odio che lei stessa prova per Odino e gli altri dei. C’è anche da considerare però il fatto che lei, a causa della sua maledizione, non è in grado di nuocere a nessuno direttamente, come viene spiegato durante la storia. Bisognerà vedere come si evolverà la questione in futuro e che tipo di strada Freya sceglierà di intraprendere. Chiederà a Odino di annullare la maledizione per poter eliminare Kratos? Ha appena perso un figlio che amava, nonostante tutto, e c’è la possibilità che la spirale di morti e di vendette non si concluderà affatto.
Atreus chiede a Kratos, dopo aver scoperto che lui ha ucciso Zeus, il suo stesso padre, se è questo il destino degli dei: figli che uccidono padri, o madri. La risposta di Kratos però è importante, e ci fa capire quanto la sua volontà sia invece di rompere quello che sembra un ciclo infinito: essere dei migliori, essere gli dei che si decide di essere. Come questa affermazione prenderà corpo nel futuro della saga? Bè, non vediamo l’ora di scoprirlo.
Curiosità: divertiamoci un po’ con i miti norreni… lo sapevate che Loki è colui che genera il lupo Fenrir, Jǫrmungand (il Serpente del Mondo, nemico giurato di Thor), nonché Hel, dea della morte che regna su Helheim? Freya poi – che in God of War si può in realtà identificare più con Frigg, moglie di Odino – è una dea associata alla bellezza, alla fertilità e all’amore, che lo stesso Loki indica come una ninfomane, preda di un irrefrenabile desiderio. E’ lei che, dopo il conflitto tra le stirpi divine di Aesir e Vanir, viene inviata ai primi come ostaggio. A lei è dedicato il quinto giorno della settimana, il Venerdì (Friday o Freitag).