Già il nostro Delio aveva parlato dettagliatamente di quanto Horizon Zero Dawn sia stato un titolo che gli è garbato in tutte le sue sfaccettature, consegnandogli elogi su elogi. Noi di Natural Born Gamers, però, abbiamo una redazione “fumantina”, dove ogni giudizio è spesso oggetto di dibattito. Dei dibattiti lunghi, serrati, anche difficili per via del limite di WhatsApp, ma sempre costruttivi e democratici. E proprio in onore della democrazia viva che si respira in redazione, si è deciso di dare spazio anche a un articolo di approfondimento dal giudizio generalmente antitetico a quanto scritto sulle nostre colonne finora sul gioco sviluppato da Guerrilla Games, firmato dal sottoscritto e dal nostro Daniele. Ma bando alle ciance e cominciamo subito.
Molto secondo i piani
Horizon Zero Dawn fondamentalmente è un titolo, inteso a livello puramente nominativo, che ispira fiducia. Se lo si prende in esame soltanto da questo aspetto infatti, si pensa all’orizzonte, a qualcosa di lontano che suggerisce avanguardia e buoni propositi a livello di innovazione (Zero Dawn). Si pensa a una zona al limite del conosciuto e quindi intrigante ed esotica. Peccato però, che molti di questi presupposti si infrangano invece nella constatazione di avere tra le mani prodotto da mestieranti che rientra a pieno titolo in un fin troppo risaputo rettangolo fatto di regole di mercato e di una conseguente prevedibilità che si esplica perfettamente in un gameplay e in delle prestazioni tecniche che ricalcano, senza esagerare, il miglior populismo d’annata.
Ma se le grandi prestazioni tecniche del prodotto, nonostante la prevedibilità, continuano a riscuotere giustamente successo per una propensione verso il realismo sempre più stupefacente grazie a poligoni sempre più articolati, complessissimi giochi di luce e a pannelli in 4k che garantiscono una profondità d’immagine gradevolissima, lo stesso non si può dire di un gameplay fondamentalmente privo di novità nonostante si riveli solido nel suo articolarsi, fornendo, di fatto, una grossa delusione.
Ma che cos’ha che non va per il verso giusto in questo Horizon nel dettaglio? Io e Daniele, parlando della mancanza di novità che lo affligge, abbiamo spulciato ben bene il titolo in tutte le sue sfaccettature e siamo partiti dagli aspetti deficitari riguardanti il funzionamento del overdrive, capacità che consente ad Aloy di poter controllare le macchine e farle combattere al suo posto. Purtroppo questa funzionalità si esplica sempre e comunque, durante le varie sessioni di gioco, con attacchi da parte delle bestie ai suoi consimili prevedibili, con cariche e zampate che non aggiungono nulla di davvero significativo, o caratteristico all’ esperienza complessiva, rendendo la feature una variante già vista in altri giochi con più inventiva.
In questo ambito vanno a inserirsi anche le dinamiche molto legate ad arco e frecce, che oltre ad avere un sapore marcatamente tombraideriano, visto il successo del remake di Cristal Dynamics, che balza in maniera lampante alla mente del videogiocatore, annoverano tra le loro fila le classiche frecce di fuoco, ghiaccio, contenenti elettricità, esplosive e compagnia bella.
Le uniche varianti veramente accattivanti in questo senso risultano le frecce soniche, che permettono di poter separare varie piastre metalliche e armi dai nemici da poter utilizzare contro di loro. Un arma accattivante su 6-7 a disposizione, però, è effettivamente un po’ poco per poter solleticare l’attenzione di un pubblico di videogioatori navigato a lungo.
Ma il guadagno a pieno regime e immediato è quello a cui l’industria punta nella sua totalità, oggi come oggi, quando si parla di tripla A. Ergo, guai a provare produzioni magari più contenute nei costi che però osano e magari vincono.
Come se non bastasse, oltretutto l’ arco e il suo rapportarsi con delle bestie meccaniche per abbatterle, non è propriamente il top nella resa. La ragione è da trovare nel rapporto d’ insieme che per logica le bestie più grosse hanno con questi dardi, che scatena la sensazione di avere a che fare con degli stuzzicadenti che vanno a colpire un carrarmato riuscendo a buttarlo giù. Non proprio il massimo della sospensione dell’incredulità, insomma.
A questa serie di smacchi da “contabili del gaming”, come dice Daniele, da parte di Guerrilla Games, si vanno a aggiungere le trappole, carine come idea in nuce per dare un senso di arcaico e selvaggio in più al gioco in combinazione con l’arco, ma che ,ahimè, si esplicano sempre in modi banali. Il senso profondo delle stesse, per spiegare in poche parole a cosa servono tali armi nel gioco, è semplicemente: attirare e atterrare o fermare l’avversario.
Passando alle abilità dei nemici in linea generale, sia umani che biomeccanici, a parte i soliti cannoni laser, i mitragliatori e le frecce, non esiste nulla di davvero esaltante nelle dinamiche d’attacco degli stessi. Uno pterodattilo meccanico planerà sul nostro malcapitato protagonista, un secodonte farà balzi da pantera, mentre “i caproni” si abbandoneranno giustamente a cariche a testa bassa. Tutto in ordine quindi ma anche stavolta prevedibile e non troppo stimolante in termini di esplorazione, una volta che ci si comincia ad accorgere che i replicanti animali emulano praticamente in maniera quasi totale le proprie controparti organiche e poco più.
Mi chiedo, quindi, avendo constato questa assoluta convenzionalità anche in questo ramo del gameplay, cosa sarebbe potuto essere horizon a livello di fantasia delle trappole e di tutti gli altri attacchi provenienti dalla nostra Rossa o dai suoi avversari sintetici o umani che siano senza beghe legate alla risposta del mercato.
E allora mi vengono in mente trappole che solidificano i proiettili laser nemici, trasformandoli in spade laser che gli si ritorcono contro, colpendoli, in base alle loro possibili corse scomposte. Mi viene da pensare a una melma tossica lanciata dagli avversari che se colpisce Aloy ne scioglie le armi di legno, oltre che confonderla invertendo i comandi.
Mi viene da pensare a una trappola che rallenta, gelandolo in parte, il nemico colpito di turno, facendogli espellere tramite la pressione del “sangue” che vuole circolare in un sistema refrigerato, aculei ghiacciati che danneggiano tutto quello che hanno intorno. Mi si configurano, ancora davanti, macchine di cui le lamiere rimosse vanno ad attaccare autonomamente il nemico, lanciandovisi contro in stile kamikaze ed esplodendo. Mi sovvengono, per l’ennessima volta, altre idee alternative questa volta legate a dei nemici umani dotati di alcuni spara dardi di gomma che vanno formare, una volta colpita la testa della nostra protagonista, delle “buste” leva ossiggeno ed energia con relativa vista sfocata dovuta all’involucro opaco, che fa perdere di vista i nemici.
Per concludere il paragrafo mi sovviene alla mente un miniutarizzatore di alcuni elementi dell’area, come delle collinette, che una volta rimpicciolite e frantumate in parte tramite un apposito oggetto, una volta attivate e tornate a grandezza naturale, avrebbero potuto scatenare delle frane sui nemici.
Sarebbero state una serie di varianti abbastanza carine, oltre che non sminuenti dell’atmosfera seriosa che permea il titolo. Eppure non esiste traccia di queste tipologie di idee che possa far pensare a un gioco realmente ben ponderato indipendentemente dalle analisi di mercato.
Qualcuno di voi, sicuramente, mi risponderà che a causa della grafica realistica del titolo, probabilmente alcune azioni del genere non si sarebbero potute implementare in un titolo simile. Certamente, sì. Però anche per Guerrilla c’è stata la possibilità di creare un gioco dalla grafica più semplice per poter sguinzagliare la fantasia. E in un videogame, nel produrre un videogame, nessuna delle caratteristiche che lo compongono sono realmente imprescindibili per poter creare un prodotto davvero divertente. Sarebbe stata più congrua alla missione del gioco, quindi, magari una grafica in toon shading, ma è il mercato che comanda e l’etica del guadagnare molto e il prima possibile, e a quanto pare, di questi tempi non possiamo farci niente.
Non riescono a distinguersi, pur essendo strutturate in modo attentamente metodico, gli upgrade legati alle armi, che si risolvono, come elemento esemplificativo, in doppie frecce trite e ritrite e le varie divise disponibili dai mercanti che trovano il loro sbocco in semplici protezioni da elettricità, fuoco e altri elementi trascurabili.
Infine, sempre da un punto di vista non troppo positivo, si inseriscono le missioni secondarie del gioco, dalle storie tendenzialmente simpatiche, ma che spesso si riducono al solo cercare un oggetto o delle impronte tramite il focus, ripulire una data zona da vari nemici, o ad abbattere la super biomacchina di turno invece, magari, di lasciare il posto a dei puzzle ambientali, similmente al secondo nuovo Tomb Raider. Delle sidequest che vanno a legarsi a una storia principale fondamentalmente avara di sorprese e dimenticabile dopo poco, nonostante risulti ben spalmata lungo la 20ina di ore che servono per terminare la quest principale.
A tal proposito credo che una volta per tutte lo slogan che circola in giro ed esprimente la frase “Non vogliamo grafiche pompate ma belle storie”, sia da cominciare a cambiare, dopo l’ennesimo gioco tripla A avaro di novità in termini di giocabilità, con “Dateci dei gameplay originali e validi”. Parliamo pur sempre di videogiochi, alla fine, e curare in maniera stimolante le varie fasi di gioco dovrebbe essere di norma sempre l’aspetto più importante.
Qualcosa che brilla alla base
Sembra proprio che dalle centinaia e centinaia di parole spese non in modo così lusinghiero per il titolo, si salvi in maniera convincente per anelare a voti alti davvero poco della produzione di Guerrilla. Effettivamente è così, ma per rispetto nei confronti del lettore e senso del giusto, c’è sicuramente da spendere più di qualche riga per degli aspetti di Horizon che lo rendono, a livello di produzione, un’operazione tutto sommato soddisfacente da giocare, seppur inficiata dalla grossa delusione che ne consegue pad alla mano.
A dire il vero, ad ogni modo, infatti, la grafica del gioco, a parte la sua grande bellezza di per se, compie una impresa non da poco a scapito dell’interattività. La grafica di Horizon è talmente piena di dettagli e così curata che il videogiocatore si sente già appagato dal poter interagire con essa anche se solo superficialmente. Questo iter deriva con molta probabilità dal riconoscere nell’accuratezza, legata al realismo della grafica, la nostra realtà visiva in linea generale, dove, per esempio, rapportartisi dando fuoco a un albero è fuori discussione.
In questo modo, quindi, molti videogiocatori non sono portati a provare delle attività insolite per testare la fisica o il realismo del mondo per ovvie ragioni, rimanendo quindi, a ragione, soddisfatti di quello che il titolo propone a livello di interattività ambientale, seppur molto limitata.
Un giudizio generalmente convincente si merita anche il comparto artistico del titolo che mischia accuratamente spunzoni, piume tecnologiche e pelli e abiti di matrice indiana, che riescono, nonostante tutto, ad essere personali e originali per via del loro aspetto futuristico in parte grazie a un accostamento di colori che fa la differenza tra elementi scuri e brillanti delle varie mise.
A tutto ciò si vanno ad aggiungere in maniera positiva dei giochi di luce che seppur non perfetti e bruschi nel passaggio di colore tra giorno e notte, ricalcano in maniera puntuale nelle loro varianti arancioni, rosse, verdi e azzurre, quella natura selvaggia che ha preso il sopravvento nel mondo di Aloy.
Infine, come già anticipato, il sistema di gioco in linea generale, pur mancando di novità stimolanti, è solido e strutturato da manuale, impreziosito da un certo tatticismo dovuto al dover colpire, per facilitare l’abbattimento delle varie creature, serbatoi e punti deboli, con una buona varietà nell’effettistica. Ad esempio alcune creature colpite a dovere esploderanno, mentre altre prenderanno fuoco, bruciando sensibilmente.
Tirando le somme, Horizon è un gioco che regge grazie a un’intelaiatura da manuale del videogioco ma fatica per quanto riguarda il riuscire a sorprendere e appassionare veramente, rimanendo a dispetto della molto incensata componente grafica, un gioco normale che nel suo essere una produzione ad altissimo budgetlue le attese. Aspettiamo, quindi, visto i buoni incassi, un secondo capitolo delle avventure di Aloy che riesca a riscattarsi abbastanza nel gameplay, entrando novero degli ottimi giochi.