Era il lontano 2004 quando una sconosciuta software house tedesca, Crytek pubblicò il suo titolo d’esordio, Far Cry. Nessuno poteva immaginare che quel gioco dotato di un ottimo comparto tecnico (per l’epoca) diventasse il capostipite di una delle saghe più famose della storia dei videogames, ma l’obiettivo dei degli sviluppatori era un altro. Mostrare al mondo la potenza del motore grafico che lo animava, il Cryengine, prodotto su cui lavoravano da anni. Ceduto il brand ad Ubisoft, a suon di diversi milioni di dollari, Crytek fu finalmente pronta a mostrare “i muscoli” e, lo fece con un altro shooter in prima persona, basato su soldati muniti di un equipaggiamento futuristico, il famoso Crysis. Il gioco pur non essendo “rivoluzionario” era tecnicamente impressionante, tanto da andare oltre i limiti hardware del periodo. Fece parlare molto di sé ( non sempre positivamente ) avendo il merito di rendere famosi i suoi creatori e, diventando di fatto il baluardo da superare nello sviluppo delle schede grafiche di quegli anni.
Di tempo ne è passato, Crysis ha avuto diversi seguiti (warhead, secondo e terzo capitolo) ma la software house non si è limitata solo a quello. Nel 2014 annuncia Hunt: The Horrors Of Gilden Age, un titolo dallo sviluppo ad dir poco travagliato, quasi dotato di una “maledizione” che portava alla chiusura di qualunque studio lo prendesse in carico. Dopo la breve parentesi americana, conclusasi con la crisi finanziaria, il titolo torna in Germania, cambia nome in Hunt:Showdown e viene finalmente pubblicato il 22 Febbraio 2018. La maggior parte della stampa specializzata accoglie tiepidamente il gioco, ma la software house teutonica nonostante le cattive acque in cui naviga, non si arrende, ne riscrive il codice limandone gli aspetti più criticati e, lo ripropone prima in accesso gratuito per tutti gli utenti Steam e, poi in una versione “riveduta” a prezzo vantaggioso. Abbiamo avuto la possibilità di giocarlo a fondo e, siamo pronti ad esprimere il nostro giudizio su questo titolo ancora “acerbo”, ma dotato di un grande potenziale.
Un’epoca oscura
Parlare della trama di un gioco, completamente votato al multiplayer è un’impresa impossibile, visto che di fatto in Hunt: Showdown non ve n’è alcuna. Ambientato nello stato americano della Louisiana di fine Ottocento, vestirete i panni di un cacciatore di taglie, impegnato nella ricerca di una feroce creatura che affligge la zona. L’universo di gioco strizza pesantemente l’occhio ad un dark fantasy classico, ricco di mostruosità di varia natura, collocato in un mondo selvaggio privo di valori e dominato dall’oro. Il personaggio che sceglierete non ha alcuna storia da raccontare, i mostri che ucciderete non hanno una specifica origine e, vivono con l’unico obiettivo di sopraffarvi. Ve lo diciamo subito, l’assenza di un intreccio narrativo è un aspetto assolutamente trascurabile, vista la natura del titolo e, vi basterà iniziare una partita per dimenticarvene completamente, avvolti nell’epoca oscura in cui cercherete di sopravvivere.
Che la Caccia abbia Inizio
Una volta scelto il proprio alter ego tra le decine disponibi, possiamo decidere se partecipare ad una sessione in solitaria (opzione “in prova” e attiva solo per pochi giorni) o in squadra con altri giocatori. Il vostro cacciatore avrà due slot per le armi ( primarie e secondarie) e altri sei riquadri dedicati rispettivamente agli attrezzi (esplosivi, trappole, coltelli ecc..) e agli oggetti in grado di ripristinare l’energia vitale. La parte sinistra dello schermo presenta invece una sorta di “albero delle abilità” liberamente selezionabili a seconda del livello raggiunto. Il nuovo equipaggiamento e i consumabili possono essere acquistati in cambio del prezioso oro, prima dell’inizio di una sessione, tramite un interfaccia molto semplice e funzionale. Inutile dilungarsi sui classici menù dedicati ai controlli e alle opzioni grafiche, queste ultime particolarmente esose in termini di risorse. Selezionata la modalità si viene rapidamente proiettati in partita, previa scelta del punto della mappa che fungerà da via di fuga (l’ingresso sarà invece gestito arbitrariamente dalla cpu). L’atmosfera del gioco vi catturerà immediatamente, una sensazione di pericolo costante che vi trasmetterà delle sensazioni forti, difficilmente riscontrabili in altri titoli. In Hunt avrete la totale libertà di vivere la vostra esperienza come preferite, iniziando ad esplorare la vasta ambientazione con tutti le sue insidie, oppure scegliendovi un riparo “tranquillo” dove tendere imboscate agli altri giocatori di passaggio. Il tutto è finalizzato ad accumulare oro ed esperienza, riscuotere la taglia disponibile e raggiungere una delle carrozze in grado di tirarvi fuori dall’incubo, prima che gli altri giocatori rendano vana la vostra impresa.
Detta così sembra semplice, ma vi assicuriamo che non lo è affatto, anzi l’utenza a cui il gioco si rivolge è quella degli “hardcore gamers”, ossia a tutti gli amanti dei livelli di difficoltà particolarmente elevati. Morire durante una sessione, comporterà la perdita definitiva del personaggio su cui magari avete perso ore, tra equipaggiamenti ed abilità di vario tipo. Un fattore che potrebbe risultare frustante, ma che nello stesso tempo, racchiude in sé la vera anima del gioco. Hunt: Showdown ha il suo fascino proprio nella grande attenzione richiesta, sia negli spostamenti sia nel combattimento. Distrarsi e non vedere un gruppo di volatili che segnala la presenza di un altro cacciatore potrebbe essere letale, tanto quanto non percepire i suoni della natura che vi circonda, cercando di evitare gli elementi in grado di rivelare la vostra presenza agli avversari. Il tutto tenendo d’occhio sempre la barra della “stamina” necessaria alla corsa e agli attacchi corpo a corpo. Le armi provenendo da un’altra epoca, hanno un pesante rinculo e tempi di ricarica lunghissimi, cosa che vi costringerà ad una attenta pianificazione prima di affrontare qualsiasi scontro.
Discorso a parte merita la “Dark sight”, un abilità speciale di cui sono dotati tutti i cacciatori, indipendentemente dal livello, che permette di vedere il posizionamento degli indizi necessari ad individuare le taglie. Raccoglierli modificherà la mappa, restringendone il campo d’azione e avvicinandovi sempre di più alla boss fight. Un potere utile, ma nello stesso tempo limitante, visto che non vi mostrerà nessuno dei nemici presenti nell’area, rendendovi particolarmente vulnerabili agli agguati. Qualora abbiate trovato e sconfitto il boss, la visione “oscura” verrà integrata da una abilità capace di mostrarvi ( per soli dieci secondi) tutti i nemici presenti nelle vicinanze, accorgimento necessario ad evitare il furto della taglia da parte dei giocatori nascosti nei pressi delle vie di fuga.
L’intera esperienza di gioco risulta discretamente bilanciata nelle sue meccaniche “PvPvE” a metà strada tra i Battle Royale e gli shooter classici. Una combinazione interessante e originale, purtroppo non priva di difetti, riscontrati nello squilibrato matchmaking e soprattutto nella mancanza di reali contromisure al “camperaggio”. Vi consigliamo di approcciare il gioco nella maniera più avventata possibile, alla ricerca delle tracce e in piena esplorazione della mappa. In questo modo si rischia di perdere definitamente il personaggio, ma ricominciare daccapo è tutt’altro che un problema, visto che il livello complessivo del giocatore resterà invariato e, il titolo sarà sempre rigiocabile e divertente, soprattutto se affrontato in squadra con un amico. Osare è molto meglio che “aspettare”.
Buon Sangue Non Mente
Come nella tradizione della Crytek, anche Hunt : Showdown è dotato di un comparto tecnico davvero impressionante. Il gioco è visivamente stupefacente, dotato di texture pulite e di effetti particellari tra i migliori visti nei titoli di ultima generazione. Il giorno e la notte, le condizioni meteorologiche variabili e le inevitabili conseguenze che ne derivano, sono tutti curati in modo maniacale e il rapporto tra luce e ombra, sfiora in molti frangenti il fotorealismo, mostrando dei riflessi che vi lasceranno a bocca aperta. Ovviamente tutto questo ha un prezzo altissimo in termini di risorse, visto che lo spettacolo offerto ad un livello medio di impostazioni, richiede un computer di fascia molto alta. Il Cryengine non mostra segni di invecchiamento, ma necessita di una maggiore ottimizzazione, capace di rendere il prodotto fruibile ad un numero più vasto di utenti. Critica presente in ogni opera della software house, ancora purtroppo inascoltata. Per quanto riguarda il comparto sonoro siamo ai limiti della perfezione, con musiche evocative e un campionario di effetti sonori incredibilmente realistici, in grado di sorprendere il giocatore anche cinquantesima partita disputata.
Fine dell’Incubo
Hunt Showdown è sicuramente un titolo interessante e originale. Lo spettacolo visivo non è fine a sé stesso, ma mostra un gioco dalle meccaniche complesse, impreziosite e non penalizzate da un elevato livello di difficoltà. Un titolo non per tutti, ma che merita sicuramente di essere provato, grazie all’atmosfera unica e al solido gameplay. Il nostro giudizio non può raggiungere l’eccellenza, a causa del fatto che è ancora in fase di sviluppo e, al momento è disponibile una sola mappa e due boss. A breve riceverà un corposo aggiornamento, che amplierà l’esperienza, con una nuova location e altri inquietanti nemici e, qualora queste novità manterranno lo stesso livello qualitativo, aggiungete tranquillamente un punto al nostro giudizio finale, tanto da rendere il gioco, un acquisto (visto il prezzo “contenuto”) praticamente imprescindibile.
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