Grood è uno sparatutto orizzontale che sembra rimbalzato dagli anni Novanta, l’epoca d’oro dei 16-bit e degli shoot’em up. Disponibile su Steam, Grood è un omaggio al passato ed un invito a tutti coloro che desiderano avere un assaggio di ciò che era la sfida dei videogame tipica di quegli anni. Il gioco è realizzato da CC_Arts, etichetta milanese formata e gestita dal talento di un’unica persona. Si inizia con un’introduzione dal tratto estremamente caratteristico, che ricorda i primi titoli in grafica poligonale. Una stanza che sa molto di laboratorio-officina. Chiavi inglesi, bulloni, libri impilati, vecchi televisori/monitor ed un messaggio enigmatico: “C’è un’orda di macchine là fuori, e tu devi trovare un’uscita. È per questo che hai costruito Grood“.
Proprio da uno dei monitor CRT a cui si faceva precedentemente cenno, si ha accesso al menù iniziale. Le opzioni prevedono la possibilità di settare la risoluzione e frequenza desiderate, in aggiunta alla qualità dei dettagli. Da segnalare anche una specifica opzione “love ’90” che “sgranerà” l’immagine rendendola il più possibile somigliante all’aspetto di un gioco visualizzato su un televisore a tubo catodico. A corredo vi sono le consuete opzioni audio (il gioco è accompagnato da una fantastica ed azzeccatissima colonna sonora heavy-metal) e la scelta della lingua.
Non appena selezioneremo l’inizio di una nuova partita, ci verrà data la possibilità di scegliere tra ben tre livelli di difficoltà distinti: difficile, difficile e difficile. Avete l’imbarazzo della scelta! Il gioco in effetti mantiene la promessa. È difficile. La difficoltà tipica degli anni ’80-’90. Si impara a furia di errori, si studiano gli schemi di attacco dei nemici e si ricomincia. Non è il “trial and error” tipico di molte produzioni attuali, dove l’autoimmolazione è semplicemente un mezzo per scoprire cosa si debba fare (e l’ultimo check point è pochi metri prima). È piuttosto questione di farsi le ossa, provare e riprovare fino ad acquisire l’abilità sufficiente. Insomma: “metti la cera, togli la cera” (cit.).
Graficamente parlando, Grood propone delle idee molto interessanti: in primis la variabilità delle condizioni ambientali al ripetere del medesimo livello. Giorno, notte, pioggia. Può capitare di tutto. In secondo luogo, l’”energia” di Grood sarà in un certo qual modo rappresentata dall’integrità del suo visore, che coinciderà con il nostro monitor. In altre parole, ad ogni colpo subito da Grood, vedremo comparire una crepa sul nostro monitor, che naturalmente avrà l’effetto penalizzante di distorcere leggermente l’immagine. Inutile aggiungere che il Game Over sopraggiungerà con la rottura totale dello schermo/visore.
L’azione è indubbiamente frenetica, con nemici incalzanti e decisamente coriacei. L’arma base a disposizione di Grood è una mitragliatrice a canne rotanti, indubbiamente potente, ma che in quanto a contraccolpi si fa sentire anche con il joypad in mano. La varietà dei nemici non è purtroppo elevatissima, e nel corso di un livello si avrà a che fare sempre con le stesse tipologie. Peraltro anche i boss di fine livello, feature tipica degli sparatutto dei bei tempi andati, sono un aspetto trascurato. Forse forse, considerata la difficoltà del titolo, non è poi un aspetto da disprezzare.
I controlli sono indubbiamente precisi, anche se la prova con il joypad dell’Xbox One ci ha costretto ad un leggero tempo di assuefazione. Lo stick analogico ha infatti un’escursione un po’ troppo ampia per gestire al meglio i repentini cambi di direzione richiesti per destreggiarsi tra nemici e proiettili. Nel complesso ci troviamo davanti ad un titolo interessante, frenetico e indubbiamente ricchissimo di sfida, dove peraltro sarà possibile giocare in co-op con un nostalgico amico.