Ben ritrovati, gamers. Oggi nell’ambito di questa rubrica ho deciso di riproporvi un pezzo già scritto da me qualche tempo fa, in tempi non sospetti. La rubrica non era chiaramente ancora nata, e mi sembra il momento adatto per andare ad includervi anche questo articolo, che parla di un videogioco molto particolare, che mi sta molto a cuore. Per questo anche lo ripropongo, sperando che raggiunga ancora più persone, soprattutto chi magari non ne ha mai sentito parlare.
E all’improvviso… TUTTO.
Vorrei parlarvi oggi di un titolo molto particolare, che potrebbe essere definito un “simulatore di esistenza”: Everything.
Si tratta del frutto delle fatiche di David O’Reilly: artista, designer e animatore irlandese che vive a Los Angeles. Già ideatore di Mountain, altro prodotto di “simulazione” uscito per Mac, PC, Linux iOS e Android nel 2014, è conosciuto ai più per essere il responsabile delle animazioni del videogioco che compare nel film Her di Spike Jonze (2013).
Ma andiamo con ordine: il titolo, Everything, cioè “tutto”. Termine dietro al quale può nascondersi qualsiasi cosa. E il cui opposto logico è “niente”. Allora è proprio dal niente che si parte: infatti, secondo il “principio di opposizione”, una cosa esiste perché esiste il suo opposto e viceversa. Il giocatore viene quindi catapultato nel gioco nei panni di… qualcosa. Non importa cosa, ma si tratta di un essere vivente, almeno in senso lato: una pianta, un animale, una pietra, un essere microscopico, un pianeta, l’intero cosmo o il più piccolo atomo. Le possibilità sono infinite.
Qualunque cosa voi siate, avete la possibilità di muovervi, di produrre un verso – anzi cantare, letteralmente. Citando il gioco stesso: singing it’s how things announc their existence –, di interagire ed unirvi ai vostri simili creando un “branco” che danza in sintonia, di pensare. Ogni cosa, dunque, connessa. E anche se poggerete il pad, distratti da qualcosa o anche solo per fare una pausa, il movimento e il gioco continueranno autonomamente.
Un cerchio di esistenza
La grafica è relativamente semplice e gli animali procedono in modo piuttosto curioso “rotolando” su sè stessi, ma nonostante ciò il gioco è in grado di creare un livello di immersività notevole, anche grazie alla semplicità dei controlli. Con pochi semplici passaggi è possibile passare dal “piano di esistenza” di un continente a quello di una molecola. Ed è qui che entra in gioco l’aspetto più straordinario di questo prodotto: la possibilità di sperimentare innumerevoli “punti di vista”. Di metterci nei panni di… ogni cosa, mutando in questo modo continuamente la percezione di quello che abbiamo intorno. E se si giunge all’estremo apice della grandezza – l’Universo – lo step successivo sarà quello dell’atomo. Secondo quello che si può definire un continuo cerchio di esistenza, che collega intrinsecamente ogni cosa.
Durante le vostre peregrinazioni riceverete delle minime istruzioni e, di tanto in tanto, potrete dare il via a riproduzioni audio contenenti estratti di interventi del filosofo inglese Alan Watts (1915 – 1973), buddhista convinto e noto per i suoi studi sul Taoismo e sulla filosofia orientale, che cercò di avvicinare il più possibile al mondo occidentale. Nell’esperienza di gioco di Everything si inserisce perfettamente il suo pensiero filosofico. Le sue citazioni, registrate dal figlio Mark, parlano della vita e dell’esistenza, del rapporto con l’altro e con la natura, dello stare al mondo. Il tutto condito da una colonna sonora molto particolare, coinvolgente ed emozionante.
E quindi? Tutto o niente?
Ma che cos’è, in sostanza, Everything? In parte videogame, in parte opera d’arte, in parte terrarium filosofico. Sicuramente ci pone delle questioni su cosa possa essere videogioco. E su quali siano i limiti, se ce ne sono. O’Reilly sostiene: “Everything è nato dall’osservazione del mondo. Volevo fare qualcosa di molto diverso, e di bello” (qui, se voleste, l’intervista completa).
Forse non sarà un gioco di svago o sfogo, né sarà adatto a tutti. Potrebbe essere anche difficile definirlo “gioco”. Anzi, probabilmente più di qualcuno lo detesterà. Ma in un panorama dove possiamo incontrare esperienze come Journey, Flow, Adrift e tanti altri, Everything si inserisce perfettamente, dimostrandosi all’altezza.
Questo titolo è diverso da qualsiasi cosa su cui abbiate mai messo le mani. Un inno alla bellezza del mondo e dei suoi misteri. Un manifesto filosofico. Un prodotto che dimostra ancora una volta qual è la potenzialità di espansione del mondo videoludico, in grado ormai di andare al di là di sè stesso e di essere indicato, senza troppo timore, come “la decima arte”.
MG