Mettiamo le cose in chiaro: questa non sarà una recensione convenzionale. E per capire il perché, dovreste semplicemente provare Kenshi. Facile ed immediato. Il problema in questa determinata situazione, è che non posso certo iniziare una recensione dicendovi che dovreste semplicemente provare il gioco, e chiuderla così: o meglio, potrei farlo, ma non sarebbe effettivamente una recensione. Quindi vediamo un po’ di trovare le parole giuste.
Iniziamo dal principio: Kenshi è sostanzialmente figlio di una sola persona, il caro buon Chris Hunt, fondatore di Lo-Fi Games. Chris ha passato anni di incertezza, periodi traballanti in cui alternava il game developing e design al suo lavoro vero e proprio: la guardia notturna. Potete immaginare quanto fosse completamente sommerso di fatica e lavoro, svolgendo in sostanza quelle che sono due professioni. Per i pochissimi scettici sul definirle entrambe professioni a tutti gli effetti, provate a sviluppare da soli un gioco come Kenshi, e fateci sapere non di certo se riuscirete a gestire un lavoro in contemporanea, ma almeno se vi ricorderete di respirare. Fortunatamente per Chris però, la ruota gira, e quella ruota per lui aveva il marchio del Greenlight di Steam: da allora, finalmente questo eroe del game developing è riuscito a poter contare su un team (piano però, parliamo di altre tre persone) e su una bella manciata di freelancers e volontari occasionali di vario tipo, che ammontano a circa una trentina. Il resto è Kenshi, di cui posso finalmente parlare dopo un’introduzione sostanzialmente obbligatoria.
Kenshi, al momento disponibile solo su PC, è un RPG free-roaming senza alcuna storyline preimpostata, ricoperto da un’aura sandbox davvero bella fitta e da, purtroppo, una grafica di altri tempi ed un sonoro quasi inesistente. Il lato positivo è che di grafica e sonoro effettivamente non vi importerà affatto, perché il titolo in questione riesce ad andare oltre, e non di poche spanne. In Kenshi non avete un obiettivo preimpostato, un background, un boss finale, né tantomeno sarete un prescelto o niente di leggendario, ma impersonerete il personaggio che creerete, senza alcuna storia, e sarete voi a scegliere qualsiasi aspetto relativo alla vita del suddetto avatar (estetica inclusa): potrete diventare un mercante di schiavi, un mercenario, un assassino, un uomo di giustizia, un mercante felice della sua piccola ma solida realtà o un mercante ambizioso, talmente ambizioso da influire addirittura sull’economia di gioco stessa; potrete diventare dei lupi solitari, girare il mondo con la sola compagnia della vostra o del vostro partner, gestire squadre di barbari, di robot, o miste per sentirvi al sicuro e ben preparati in qualsiasi situazione, specie nelle emergenze. E questo è davvero solo un assaggio di ciò che il vostro personaggio potrà perseguire.
Il lato forte di Kenshi è assolutamente dato dalla cura dei dettagli, dal senso logico che pervade le meccaniche presenti e dalla “tentacolarità” infinita delle opzioni che vi offre. Se siete parte di quella fetta di giocatori che ancora prova un po’ di sorpresa nelle meccaniche survival/sandbox che definiremo di “medio realismo” (come ad esempio un vestito in pelliccia che fa più caldo di uno in pelle, ma senza la meccanica di impregnamento dei tessuti), Kenshi porterà la vostra concezione al riguardo ad un nuovo livello. Dettagli, dettagli ovunque, come direbbe la versione memistica di Buzz Lightyear. Dovete lavorare di notte? La vostra velocità nel lavorare diminuirà in maniera direttamente proporzionale a quanto sarete lontani dalle fonti di luce. Vi siete accorti che al mondo non esiste un solo tipo di danno fisico, e che effettivamente il classico medikit non è proprio il massimo del realismo? In Kenshi se ne sono accorti, dato che avrete bisogno di tipi differenti di cure in base al vostro danno, alla sua intensità, ed anche alla vostra razza ovviamente: non vorrete certo credere che i robot si curino con gli stessi strumenti utilizzati dagli umani, vero? O ancora, se volete costruire qualcosa, non avrete bisogno di avere per forza TUTTI gli oggetti: se la vostra intenzione è costruire una capanna per cui vi servono 20 tronchi, nessuno vi vieta di iniziare la costruzione una volta raccolti 10 tronchi, no? Ecco, Kenshi funziona in questo modo. E questi sono solo dei ridicoli, meri esempi. Forse ora capite perché ho definito le meccaniche di questo gioco molto, o meglio, estremamente più logiche rispetto alla media. Bisogna sicuramente dire che bisogna prestare tanta, tanta attenzione ad ogni minimo aspetto però, pena la confusione e i successivi errori. Purtroppo Kenshi non è proprio l’aiutante più devoto all’aiuto dei novizi, e a volte sembra quasi impegnarsi nell’allontanarsi da questo titolo, ma niente che appunto un po’ di attenzione e pazienza non possano risolvere. Comunque sia, specialmente se siete gamers particolarmente vicini a questo genere, è garantito che godrete di molte, moltissime meccaniche, ma ovviamente solo dopo avere imparato ad odiarle. Non tutte, chiaramente, ma sarebbe una menzogna dire che non ci sarà spazio per un po’ di caro, vecchio odio videoludico. Ah, e la mappa è immensa, quindi avrete una bella scelta sugli ambienti in cui impazzire, sia in senso buono che non.
Un altro aspetto immensamente appagante, interessante, e che contribuisce in maniera assoluta alla rigiocabilità e alla varietà di Kenshi, è dato dalla meccanica della squadra e delle fazioni. Con questa, il vostro spirito da GDR prenderà completamente il controllo del vostro corpo, quindi siate sicuri di sapere a cosa andate incontro comprando ed installando Kenshi sul vostro PC. Il vostro gruppo di gioco potrà essere tra i più vari di sempre, e non parliamo certo di aspetto fisico: la squadra in Kenshi non è quello che definiremmo “Party” per usare un altro termine, ma è nettamente più vicina alla concezione di “Organizzazione”. La squadra di Kenshi potrà contare su decine di membri (per non parlare delle possibilità date dalle mods), che potranno avere qualsiasi tipo di mansione, dove vorrete, quando vorrete. Meglio spiegarvi più nel dettaglio questo aspetto: immaginate di essere un mercante in fase di crescita. Ovviamente, avendo qualcuno che vada a minare i materiali che poi andrete a rivendere, o che andrete a rielaborare per creare nuovi oggetti, il vostro business potrebbe impennare dignitosamente. E potrebbe farlo ancora più velocemente se aveste anche qualcuno che lavori i materiali al posto vostro. Ed ulteriormente di più se aveste persino un terzo aiutante che si occupi della vendita. Con Kenshi, questa dinamica è realtà, ed è il primo gradino di una lunga, interminabile scala di opzioni: arriverete a sviluppare una vera e propria gestione del lavoro, o dei compiti, il che consoliderà immensamente l’idea di “Gruppo”, di “Squadra”, che siate una banda di mercenari che si deve comunque dividere i compiti spiacevoli e non, o che siate un’onesta pacifica attività di produzione ed esportazione di artigianato. Anche in questo aspetto le vie sono infinite, probabilmente ancor di più di quelle del signore.
Fin qua sarete sicuramente incuriositi, ma ancora non siamo arrivati a definire alla perfezione il perché del mio definire Kenshi una realtà a sè stante, tanto da portarmi a non definire questa recensione appunto una vera e propria recensione. Questo aspetto è legato principalmente alla mancanza della storia, del background del personaggio, addirittura di missioni preimpostate e tutto il resto che spesso traduciamo con “la base del videogioco”. Kenshi è non dico l’essenza del videogioco, perché di certo non ne esiste solo una, ma è indubbiamente ed assolutamente una di queste essenze. Kenshi è pura videoludica, una profondissima interazione con le meccaniche, un universo di gioco che ci riporta ad un concept sempre più dimenticato e che prima era estremamente più diffuso nell’arte del game design: la continua scoperta. Ricordate quando tutto, anche trovare il modo di raggiungere una monetina in un platform di medio livello, aveva un che di misterioso e stimolante? Kenshi mi ha offerto questa sensazione in più salse, ed innumerevoli volte, per ogni singolo personaggio con cui ho iniziato una nuova avventura. E più lo si conosce, più si ha voglia di giocare, testare, sperimentare. Come direbbe un certo qualcuno, “Se non è divertente, perché perderci tempo?”, perché Kenshi non vi darà un tipo di divertimento così come lo troviamo nel dizionario, ma vi intratterrà e non poco, e apprezzerete ogni singolo secondo di questo raro, solido, sacro intrattenimento. Anche quando rischierà di farvi perdere la pazienza.
Per concludere, non mi resta che augurarvi che tutti voi diate una chance a questo singolarissimo titolo, perché difficilmente vedrete pubblicati altri lavori simili nei prossimi anni. Molto difficilmente. Che nel 2019 un gioco riesca a far andare il giocatore oltre lati come la grafica, il sonoro e il combat (sulla linea degli Age of, niente di nuovo o avvincente sul piano dell’azione e sulle dinamiche con cui avviene), viene davvero difficile da credere. Ma è successo. Ricordate la prefazione? Beh, è ancora valida: questa non è una recensione comune, non ho parlato di un sacco di caratteristiche perché semplicemente non solo non ci sarebbe il tempo, ma soprattutto perché non ve le godreste affatto. Kenshi, lo dico per l’ennesima volta, è da scoprire e successivamente giudicare con i propri mezzi. Questo titolo vi farà ritrovare la vera curiosità, il vero spirito di elaborazione, studio ed approfondimento delle meccaniche di gioco, portandovi a probabilmente dover buttare giù su carta le vostre idee e i vostri progetti per l’avventuriero del momento. L’unica cosa su cui mi sento davvero di avvertirvi, l’unico singolo tasto da toccare nella realtà per me quasi inesistente del NON provare Kenshi, è che dovreste assolutamente risparmiarvi l’acquisto se non doveste avere a disposizione il tempo giusto per tirare fuori il meglio da quest’odissea divenuta per me capolavoro. Kenshi non è un gioco da testare in media per un’oretta al giorno, non per il primo periodo perlomeno, quindi consideratevi avvisati. Per tutte le altre situazioni possibili, chiudete pure gli occhi e procede con l’acquisto: non ve ne pentirete per l’eternità.