Il mondo è fatto a scale, diceva mia zia. Ma in questa recensione – purtroppo – prendo l’ascensore.
Non di quelli fumosi e traballanti da condominio italiano Anni Settanta. No, da grattacielo. Manco fossi sull’Empire State Building. O sulla Stark Tower. Con la pulsantiera che sembra la plancia dell’elivelivolo dello SHIELD. Avete presente? La moquette rossa sotto le scarpe e una leggera pressione nelle orecchie, segno della progressiva spinta ascendente. E poi me ne accorgo. Una musica lieve, proveniente da un interfono sopra la mia testa. Istintivamente mi ricorda “La ragazza di Ipanema”, in versione strumentale, anche se i suoni sembrano più piatti e l’atmosfera smooth jazz risulta subito anonima. Bhè, è ovvio: è una musica da ascensore. Detta anche Muzak o musica per ambienti, è riconosciuta proprio come genere musicale. Melodie semplici ripetute in continuazione per riempire spazi pubblici e non solo.
Non trovo che il Cinema abbia bisogno di colmare questo vuoto. Anzi. Davanti all’infinità di possibili storie che offre la tela bianca dello schermo, il silenzio è l’ultimo dei suoi problemi. Eppure ora che sono seduto a vedere The Marvels ho proprio l’impressione di star contemplando un’ottima e anestetizzante musica d’ascensore. Quando me ne rendo conto è ovviamente troppo tardi: le porte dell’ascensore si sono chiuse e non ho altra scelta che rimanermene lì. E ascoltare.
Dunque. Per via degli effetti collaterali del diabolico piano del villan di turno, tre supereroine, accomunate da poteri simili (Captain Marvel alias Carol Danvers, Kamala Khan alias Ms. Marvel e Monica Rambeau), si ritrovano legate da una sorta di anomalia spazio-temporale. Ogni qualvolta usano le loro abilità speciali subiscono un teletrasporto che le fa scambiare di posto. Questo problema le costringerà a fare fronte comune per sventare una minaccia ben peggiore. Il trio riunito per cause di forza maggiore (l’escamotage dello switch è una trovata simpatica che però si esaurisce quasi subito) poteva essere il punto di partenza per un buddy movie al femminile, in cui l’avventura fosse il pretesto per far evolvere le protagoniste, tanto diverse, quanto complementari. Come i loro superpoteri. Ma questo non avviene. Ed è un peccato perché sarebbe stato interessante raccontare lo scontro tra idealizzazione di un mito e realtà (la Captain Marvel fantasticata dalla teneramente ingenua Kamala e la vera Carol Danvers); oppure riflettere sul significato di essere eroe – più che salvando la galassia, assumendosi le responsabilità nella quotidianità (come offriva la storia tra Monica e Carol). E anche se le basi dei personaggi erano state poste in film e serie precedenti, c’era modo di approfondirli e farli sbocciare, proprio grazie alla loro collisione. E invece tutto viene dirottato a vantaggio di dinamiche action viste e riviste, muovendo le pedine meccanicamente in una scacchiera ormai consunta. E no. Non saranno certo guizzi come il momento musical o la proliferazione dei gatti alieni (inseriti con le stesse logiche dei video acchiappa-like dei social) a salvare il film.
Ting. Le porte dell’ascensore improvvisamente si aprono. Muovo un passo incerto verso l’uscita. Non pensavo che il viaggio durasse così poco. Controllo: effettivamente The Marvels ha il pregio di essere il film più breve dell’MCU. Incredibile! E poi, mentre me lo lascio alle spalle, mi rendo conto che, come ogni perfetta musica d’ascensore, si dimentica subito.
Recensione scritta da Francesco Guarnori di Remake all’italiana
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