A cura di Gabriele Gelli
Può un “piccolo” (ma ormai esperto) team svedese riuscire in un’opera di questa ambizione, senza cadere nel banale, nello scontato, nel classico scare-jump, che generalmente contraddistingue il genere horror? Sì, la risposta è sì.
Tarsier Studios riesce ancora una volta a sorprendere, a stupire, a meravigliare il giocatore, con Little Nightmares II, che arriva dopo il successo del primo capitolo, ormai diventato una piccola pietra miliare.
Effetto “WOW”
Analizzando il gioco a livello puramente estetico, si può tranquillamente definire un capolavoro in cui tutte le componenti sono miscelate con grande maestria. Il comparto sonoro è uno dei fiori all’occhiello, con i rumori, come le gocce d’acqua oppure il cigolio del legno, che interrompono sporadicamente il quasi silenzio totale dell’azione, il tutto alternato da altri suoni estremamente familiari, eppure conturbanti, come un semplice gesso che sfrega sulla lavagna. Allo stesso modo, la regia è pazzesca: Little Nightmares II è tanto bello da giocare quanto da guardare. L’interfaccia di gioco rimane pulita per tutta l’esperienza: nessun comando, nessuna frase, nessun tipo di interferenza su schermo, un macabro quadro in movimento. I continui cambi di telecamera, sempre azzeccatissimi, rendono lo scorrere delle varie sequenze un vero piacere. Le luci, altro ingrediente basilare del titolo, sono gestite con grazia, rendendo il gioco molto cupo, triste, quasi privo di colori caldi, che riesce però a non “stuccare” l’occhio di chi ha in mano il pad. I giochi di ombre, i dettagli scenografici ricercati e finemente riprodotti danno al titolo di Trasier Studios (pubblicato da Bandai Namco) il tono di una vera e propria epopea in stile noir. Sarà anche un’avventura horror con forti componenti platform ed enigmi, comunque a “scorrimento”, ma quello che si evince già dalle prime battute, è che tutto sia fatto a regola d’arte.
Il gameplay è bilanciato egregiamente, specie se considerate che rispetto al primo Little Nightmares, questo è un pochino più impegnativo. Può sembrare tosto in certi passaggi, ma soltanto per chi non è abituato a livelli medio alti nelle proprie avventure, ed è comunque questione di prendere dimestichezza con quelle poche e basilari azioni che Mono (il bambino protagonista) e in seguito anche Six (sì, lei, la bambina con l’indimenticabile impermeabile giallo del primo capitolo) dovranno compiere. Gli sviluppatori hanno introdotto anche delle nuove meccaniche, per esempio impugnare armi per uccidere qualche nemico, oppure portarsi in tasca le chiavi che servono per sbloccare le porte. Ma sostanzialmente, il gameplay e le funzioni sono sempre le stesse già viste in Little Nightmares.
Tutte queste caratteristiche, sia tecniche che visive, sono parte di quello che è un vero e proprio progetto immersivo nella lore del gioco. In certi momenti, lo spettatore/giocatore si fermerà ad osservare gli oggetti, i messaggi quasi criptici che si celano dentro la sceneggiatura, dietro ai personaggi, ed ognuno di essi ha un messaggio molto critico verso (presumibilmente) la società.
Ognuno sarà libero di fare le sue considerazioni, vedendo immagini molto forti, al limite dello splatter vero e proprio, sequenze durissime proprio perché trasudano il male, la morte, l’eccesso. L’esasperazione delle paure: ma più che delle paure, è una pressione psicologica nel nostro subconscio. Dalla maestra spietata (chi non ne ha avuta una?) al dottore che ricorda un dentista, un macellaio, un folle. Bambini demoniaci, manichini umani feroci e molto altro, fanno vivere l’esperienza sul filo del rasoio, al limite dello stress mentale. Figure archetipiche che rimandano il giocatore a vivere qualcosa di conosciuto e per questo che incute ancora più paura, ansia, insicurezza.
Il gioco gode anche di una buona durata, visto anche il prezzo budget a cui è proposto: può essendo completato in 6 ore circa (io ne ho impiegate più di 7, ma perché spesso mi sono fermato a godermi la scenografia, i molti dettagli presenti). Un aspetto però che ne migliora la longevità sono i vari collezionabili, dai cappelli per Mono ai fantasmi da trovare nei vari livelli, che potrete rivisitare una volta completati.
Prendimi per mano
Il protagonista di questo Little Nightmares II è Mono, un ragazzino di circa 8/9 anni che gira con un sacchetto di carta in testa, che non ha grandi poteri se non quello di entrare in contatto mentale con dei televisori, che pian piano ci condurranno a quello che poi sarà il finale. Senz’altro una trama abbastanza semplice da seguire, soprattutto perché nessuno dei personaggi parla. Eccezion fatta per Mono e Six che si chiamano emettendo dei tenerissimi e delicatissimi suoni, come “Hey!” o “PSSSS” , ovviamente per non attirare su di loro l’attenzione indesiderata dei numerosissimi personaggi ostili presenti nei vari livelli del gioco.
Un elemento che fa capire bene come gli sviluppatori sono riusciti a coinvolgere i sentimenti di chi gioca, è il come i due si incontrano, come attraversino insieme questa avventura ricca di difficoltà, di paura, di morte, come diventano col passare delle ore indispensabili l’uno per l’altra. Mano nella mano, appunto. Vederli correre per mano, come due piccoli innamorati, è un’immagine molto potente in un contesto dove il male regna e sopraffà tutto ciò che passa, vomitando odio e paura. In tal proposito, il primo capitolo era orientato sulla falsariga de “il cattivo muore e morirà sempre”: in questo caso le cose cambiano un pochino, ma per non rovinarvi il gioco non vado oltre. Certo, la Six vista in Little Nightmares non è che poi fosse questo esempio di umanità e bontà, ma essendo ora un personaggio “secondario”, le cose vi verranno proposte sotto un diverso aspetto.
Perché no?
Questo titolo va benissimo per qualsiasi livello di giocatore, a patto che abbia l’età giusta per godersi il gameplay, senza rimanere terrorizzato dalle innumerevoli immagini violente e scioccanti, ed è disponibile su PC, Xbox One e Series X/S, PS4, PS5 e Nintendo Switch, oltre che Stadia. A poco meno di 30 euro (per la versione digitale), faccio davvero fatica a trovare un titolo migliore di questo. È rigiocabile, intenso, meraviglioso per gli occhi, trasmette emozione, poi starà a voi percepirla in un modo piuttosto che in un altro.
In un’altra epoca videoludica, avrei dato a questo gioco un bell’8, ma vedendo quanto poco di bello e innovativo sta uscendo in questo periodo particolarmente complesso, gli darò un bell’8,5 anche per il coraggio di cambiare e farlo in modo “diverso”. Come detto prima, non è possibile analizzare in questa sede un rapporto tra il primo ed il secondo per motivi di sceneggiatura che non vi anticiperò, quindi non dirò che uno è peggio o meglio dell’altro.
Considerazione finale
In Little Nightmares II c’è tutto. L’essenza umana guidata dalla cattiveria, dall’istinto primordiale, l’odio, l’esasperazione di ogni sentimento. Il non sapersi accettare e voler mutare forma e sembianze, qualcosa di ricorrente anche nella nostra società. C’è dentro un mondo di riflessione e di grande denuncia in questo titolo sviluppato da Trasier Studios. C’è la forza dell’amore, del voler bene a qualcosa, a qualcuno. Tutto questo senza bisogno di alcuna frase parlata o scritta.
C’è Tim Burton che scherza e duetta con Alfred Hitchcock. Un’esperienza assolutamente imperdibile.