Ultimamente la situazione riguardo la pirateria sembra quantomeno paradossale. Nel corso degli ultimi dodici mesi abbiamo potuto osservare come la pirateria sia passata dall’essere demonizzata a oltranza dalla cosiddetta stampa specializzata la quale ha sempre considerato il download illegale di prodotti sotto diritto d’autore, alla stregua di un cancro per le vendite di videogiochi, film e musica, fino all’essere parzialmente accettata in alcune sue forme.
Basti pensare a come i portali di informazione videoludica di tutto il mondo hanno gestito le informazioni della fan mode ( termine che qualcuno definirebbe un eufemismo) di Zelda breath of the wild. La fan mode infatti ha potuto beneficiare di costanti aggiornamenti riguardo i progressi tecnici, a partire dai miglioramenti graduali nel frame rate, fino all’ottimizzazione della risoluzione che tutt’ora è compatibile col 4k, tutto questo a ridosso del lancio del Nintendo Switch!
Risoluzione 4k, frame rate a 60 fps, grafica ben al di sopra della controparte console. Il Nintendo Switch è davvero il sistema di gioco migliore per godere appieno dell’esperienza di Zelda breath of the wild?
In seguito a questi aggiornamenti, molti videogiocatori interessati all’acquisto di un Nintendo Switch per giocare a Zelda, ironicamente hanno asserito che vista la mole di news legate al progetto della della fan mode di Zelda Breath of the wild, quasi valesse la pena investire i soldi in un Pc di fascia alta fascia piuttosto che nel nuovo hardware Nintendo.
Tutto ciò ha dato vita ad un vero e proprio paradosso se paragonato al modo in cui vent’anni fa gli stessi media di informazione videoludica gestivano l’argomento pirateria.
Il documento di 300 pagine sarebbe stato insabbiato per due anni, dalla EU.
A mitigare il disprezzo verso la pirateria si è aggiunto uno studio parte dell’Unione Europea la quale ritiene che la pirateria non danneggi affatto le vendite del mercato videoludico. Sembra infatti che nel lontano 2013 L’UE abbia finanziato lo studio con 360.000 euro pagando la tedesca Ecorys, la quale ha consegnato il rapporto nel 2015, per poi essere reso noto soltanto oggi dopo un iniziale insabbiamento dalla parte della stessa Unione Europea.
Lo studio è stato condotto tramite un sondaggio su 30.000 cittadini europei, in estrema sintesi accenna all’assenza di un rapporto tra pirateria e danni economici al mercato videoludico musicale e letterario, mentre vi è un impatto marginale sul mercato del cinema. La ricerca quindi asserisce che chi scarica illegalmente non fa un danno tangibile al mercato poiché chi scarica un videogioco in assenza di questa possibilità non necessariamente andrebbe a comprarlo.
Da un mio punto di vista personale posso dire che questa ricerca dice una mezza verità, perché se è vero che fruisce di videogiochi scaricati illegalmente non necessariamente in assenza di questa possibilità colmerebbe questa mancanza comprando i titoli scaricati. Per quanto riguarda l’industria cinematografica posso dire che negli ultimi quindici anni ho assistito personalmente alla chiusura del 95% dei videonoleggi della mia città in proporzione alla graduale distribuzione della banda larga, tant’è vero che il grosso dei fruitori dei due videonoleggi ancora aperti sono persone a digiuno di tecnologia e assolutamente non in grado di scaricarsi un film da Torrent o qualsiasi altri sistema Peer to peer.
C’è da dire che la tecnologia e i recenti canali legali a basso costo come ad esempio Netflix, stanno spingendo sempre più persone a condividere gli abbonamenti, finendo per pagare un terzo del costo mensile di un abbonamento e fruendo quindi dello streaming legale con un modesto esborso di soldi, creando allo stesso tempo una nuova classe di consumatori.
