Indubbiamente la stragrande parte di voi avrà, se non letto, perlomeno sentito parlare de La Metamorfosi di Franz Kafka (appunto The Metamorphosis in inglese, Die Verwandlung in lingua originale), senz’ombra di dubbio una delle opere letterarie più note di tutti i tempi. E proprio seguendo la scia immortale di quest’opera nasce Metamorphosis, un progetto sviluppato da Ovid Works e pubblicato da All in! Games, anche se devo subito — purtroppo — tagliare la testa al toro: in questi casi, generalmente darei dei cenni di approfondimento sull’opera, ma… non ce ne sarà bisogno. La verità è che Metamorphosis ha ben poco della Metamorfosi originale se non il fatto che, come avrete logicamente immaginato, vestiremo i panni di una blatta — perlomeno, chiamata Gregor Samsa. Procediamo subito a farvi capire il perché di queste parole!
L’immagine che qui sopra riporta un’ottimistica e allegra citazione dell’autore è, come avrete immaginato, una schermata di caricamento. Nel suo piccolo, la prima volta che mi è apparsa, mi ha fatto pensare immediatamente che non mi sarei potuto lamentare granché visivamente parlando, e fortunatamente questa sensazione è stata ripagata. Più che “visivamente” potrei dire “artisticamente”, ma facendo così implicherei una sufficienza su ogni aspetto artistico… e purtroppo per l’esito di questa recensione, considero arte il game design. Il problema con Metamorphosis è facilmente illustrabile: sembra quasi che la Metamorfosi di Kafka sia un pretesto per giustificare il fatto di controllare una blatta in un mondo di insetti, o ancora peggio un modo discutibile per aggiungere una certa profondità al titolo. Al di là del nome del protagonista, e del fatto che controlleremo una blatta, il richiamo all’opera originale è infatti estremamente flebile.
Andiamo un po’ più sul pratico: Metamorphosis si prefigge il difficile ruolo di ricoprire sia la posizione di avventura grafica che quella dello stile ibrido puzzle-platform — in cui la parte “puzzle” rimane un’intenzione più che altro. E vi stupirà saperlo, ma la parte più debole è proprio quella legata alla prima delle due categorie citate: Metamorphosis avrebbe infatti goduto immensamente di un design più da “videogioco vero e proprio” (se trovate un problema la presenza di queste virgolette, il problema in realtà potrebbe essere esclusivamente vostro), incentrato decisamente più sul gameplay che sulla narrazione. Quest’ultima è infatti uno dei più grossi problemi di Metamorphosis: è inconcludente e confusionaria, oltre ad offrirci la volontà di terminare il gioco in meno che una manciata di momenti. Di conseguenza, come mio solito, partirò illustrandovi cosa mi è piaciuto, per poi trattare del versante meno gradito in seguito.
Il Gameplay: questo è ciò che sarebbe stato il fiore all’occhiello di Metamorphosis, se il progetto avesse avuto priorità diverse. Una volta che il nostro corpo sarà diventato quello di uno scarafaggio, infatti, realizzeremo che anche solamente il semplice movimento può dare assuefazione nel giusto ambiente: in questo caso parliamo di ambienti sia naturali che artificiali dal punto di vista di un piccolo insetto, talvolta con estensioni ben oltre la media per il genere, quindi inutile dire che qua il centro è stato fatto e va apprezzata la mancanza di pigrizia dello sviluppatore. Il fatto è che, anche avendo ridotto in maniera importante le dimensioni di ogni singolo ambiente di gioco, paradossalmente non avremmo comunque potuto accusare di pigrizia i ragazzi di Ovid Works, dato che hanno in realtà fatto fin troppo: questo spazio non viene infatti mai sfruttato nella sua completezza, se non eventualmente da voi stessi dopo esservi autoimposti l’esplorazione a fini meramente artistici o di svago in un ambiente che mette a frutto a malapena il 50% del proprio spazio dedicato. È un peccato immenso, perché è onestamente un piacere esplorare stanze, fogne, sale macchine e tanto altro nei panni di un essere minuscolo ma dotato di un’enorme rapidità e della possibilità di arrampicarsi — anche se per un periodo di tempo piuttosto limitato. Saltare da una cattedra a una sedia è stato raramente così divertente, ma questo svago termina davvero presto in mancanza di altri elementi che creino una vera consistenza.
Come se non bastasse, le parti platform sono sostanzialmente prive di difficoltà e cariche di aiuti superflui, se non in rarissimi frangenti. Di conseguenza, pur essendo un piacere assoluto controllare la piccola blatta, non possiamo dire lo stesso sulla varietà delle situazioni in cui possiamo farlo. La difficoltà è inoltre una nota dolente per il tipo di gameplay che l’avrebbe richiesta forse in maggiori quantità: i puzzle. Non fraintendetemi, anche in questo caso confermo che parliamo di un elemento presente di rado: le parentesi rompicapo, infatti, sarebbero non pochissime in realtà… ma ci sono molte situazioni mascherate da puzzle, che per onestà intellettuale devo piuttosto accostare alle fetch quest prive di combat tipiche specialmente del genere RPG/MMORPG: vi ritroverete letteralmente ad andare da un punto A a un punto B senza praticamente alcuna difficoltà, che sia per portare un oggetto a qualcuno o meno. E un puzzle deve per definizione offrire un minimo di sfida.
La parte più piacevole del gameplay, al di là del muoversi, saltare e arrampicarsi con mr. Samsa, possiamo dire con tranquillità che sia data dalle fasi di esplorazione dal momento in cui prendiamo il controllo di Gregor in seguito all’ingresso in una nuova area. L’esplorazione è quasi sempre molto piacevole, e i dialoghi con gli NPC sono piuttosto sul pezzo e riusciranno a strapparvi più di un sorriso. Sempre in tema dialoghi, oltretutto, bisogna riconoscere per la seconda volta l’assenza di pigrizia degli sviluppatori nel cercare di far dire qualcosa di qualitativamente decente a praticamente ogni creatura che vedremo muoversi nel mondo di gioco: anche qua parliamo di un sacco di personalità e situazioni a cui Ovid works avrebbe potuto dare tanto spazio in più, ma che purtroppo si limiteranno a rimanere piacevoli elementi di contorno. Pur sempre una componente positiva, in ogni caso, quindi ben fatto.
Al di là di questi elementi positivi, però, di buono in tema gameplay rimane purtroppo poco per i motivi sopracitati. La qualità dell’esperienza di gioco viene abbassata dalla trama che si evolve in maniera confusa e babelica, dai discorsi di sottofondo spesso allungati in maniera forzata giusto per non risultare ridondanti durante la fase esplorativa, e dall’evoluzione del comportamento stesso di Gregor a partire dal momento in cui diventa misteriosamente una blatta fino al termine della sua avventura, non sicuramente tra le più solide. Tutto ciò fa sì che il gioco perda tonnellate di atmosfera, e si riduce appunto a godere quasi solamente delle fasi di roaming grazie alle quattro chiacchiere con gli insetti e al piacevolissimo controllo dello scarafaggio.
Nonostante il concept del gioco sia estremamente caotico e non centri per davvero praticamente nessuno dei punti prefissi, non sono finiti gli aspetti fondamentalmente positivi — che in questo caso sono prettamente artistici. Metamorphosis è quasi sempre piacevolissimo alla vista, e pur non possedendo un numero di poligoni da tripla A ci ritroviamo comunque davanti a un ottimo risultato, sia sul piano della realizzazione delle forme che — soprattutto — su quello dell’aspetto cromatico, che fa seriamente tanto con una frequente convivenza di colori caldi e freddi (piuttosto abusata ultimamente come pratica, ma sempre di sicuro effetto). Un’altra questione estetica molto apprezzabile è data dalla disposizione di qualsiasi elemento sia su grande che su piccola scala, aspetto che non poco spesso vi farà venire istintivamente la voglia di scattare qualche screenshot. Sì, ovviamente la prospettiva di un minuscolo esserino aiuta non poco in questo.
Anche le nostre orecchie non rientrano certo tra chi si può lamentare: ogni aspetto sonoro del gioco è ben curato, dal zampettare di Gregor — che cambia in base alla superficie su cui cammineremo — alla parte prettamente musicale, davvero di un ottimo livello in sostanzialmente ogni traccia. Appena un filo meno apprezzabile il doppiaggio, specialmente quello di Gregor, anche se non posso esprimermi sul realismo della realizzazione dato che fino a prova contraria nessuno di noi ha mai sentito una blatta cercare di parlare una nostra lingua. Non fraintendete, è un buon doppiaggio, ma ho avuto la personale impressione che a tratti fosse estremamente “demoniaco”.
Per i meno navigati con l’inglese e le altre lingue, non preoccupatevi: la localizzazione italiana è presente, come avrete visto dal primo screenshot, ed è oltretutto di buon livello e fedele all’originale, fattore che ho verificato personalmente — ora sapete il motivo di alcuni screenshot in lingua inglese. L’unica cosa che ne rovina un minimo la qualità è la scelta di non localizzare un solo, singolo termine: certo, è una sola parola, ma è una delle più importanti del gioco e quindi non posso tenere la bocca chiusa al riguardo. Comunque sia non vi dirò quale, vedremo se la penserete allo stesso modo!
Metamorphosis, pur non offrendo la migliore esperienza del genere, è quasi completamente privo da problemi tecnici, anche se qualche giorno in più in mano a chi si è occupato della functional QA (controllo qualità) non avrebbe fatto male dato che ci sono alcune parti platform aggirabili non proprio “legalmente”. Non ci sono altre problematiche di livello tecnico, nessun game-breaking bug di alcuna misura, e i cali di frame vanno in questo caso al singolare, dato che ho appunto avuto un singolo calo in una parte prossima alla fine, la cui durata era inoltre inferiore ai due secondi.
Insomma, il titolo di Ovid works si lascia giocare, aiutato da una longevità che va dalle 3 alle 8 ore circa in base a che tipo di videogiocatore siete, ma di certo non lascerà il segno nella vostra esperienza, specie se non siete nuovi al genere. Il problema, ne sono convinto, è principalmente legato alla sua identità indefinita e al forzato riferimento all’opera letteraria. In questo modo è stata assegnata troppa attenzione alla parte della narrazione che definirei anche come “la peggiore”, ma che ad onor del vero è davvero quasi inesistente: un continuo tentativo di riportarci alla realtà, riproponendoci una trama che si evolve con una lentezza inaudita e per cui non è quasi possibile provare un vero interesse. Le parti prettamente videoludiche, con le simpaticissime chiacchierate con gli altri insetti, le esplorazioni, le arrampicate e i piccoli segreti, sono ciò che mantiene davvero a galla un progetto che avrebbe altrimenti rischiato di diventare un buco nell’acqua. Un gioco oltretutto pericoloso nelle mani dei detrattori delle avventure grafiche, che potrebbero sfruttarlo come esempio nelle discutibili conversazioni schierate contro un genere di tutto rispetto e che ci ha deliziati con prodotti come Tacoma o What Remains of Edith Finch, giusto per citare due pilastri portanti. Davvero un peccato atroce, considerate le potenzialità altissime che si potrebbero sfruttare sia nelle parti platform che puzzle.
L’acquisto di Metamorphosis è consigliato solo se siete genuinamente rimasti curiosi o addirittura convinti da questa recensione — specialmente su PC, considerato il prezzo medio di 19,99 € — o se volete aggiungerlo alla vostra conoscenza relativa al genere delle avventure grafiche. Metamorphosis è disponibile su PC, PS4, Xbox One e Nintendo Switch.