La piaga delle microtransazioni:
Niente batte la sensazione di acquistare un videogame il venerdì o prima delle ferie, pronto per farti una sana scorpacciata di gaming. Sei pronto, hai tutto videogame, snack e una voglia pazza di giocare. Inizi la tua avventura e tutt’altro un messaggio ti avvisa che se vuoi ricevere quell’arma devi acquistarla a 1.99€.
Preso dalla confusione e dallo sconforto cerchi lo scontrino del gioco e ti chiedi se hai acquistato una versione di prova, o se c’è qualche codice per sbloccare la versione completa.
Ma purtroppo la verità è ben più dolorosa caro il mio amico gamer, sei appena incappato nella piaga che affligge da ormai 33 anni il mondo del gaming, sto parlando proprio di loro le maledette microtransazioni.
Un po’ di storia:
Siamo portati a pensare che le microtransazioni siano uno stratagemma nato negli ultimi 15 anni, mi spiace ma la verità è ben diversa.
Nel lontano 1990 il titolo Double Dragon 3: Rosetta Stone, titolo arcade e quindi giocabili solo nei cabinati, ha introdotto una singolare feature che al tempo ha fatto molto discutere i giocatori, era possibile tramite i crediti (gettoni) acquistare dei potenziamenti, armi, salute e molto altro ancora, tutto per aiutare a completare il gioco nel modo più semplice.
Più avanti nel tempo questa formula prenderà la definizione che tutti i gamers conoscono ovvero PAY TO WIN.
Microtransazioni non solo un business model:
La piaga delle microtransazioni ha iniziato a diffondersi quando nel mondo dei videogames sono apparsi i primi giochi Free-To-Play, dove il gioco base viene rilasciato in maniera gratuita, ma tutti gli upgrade di un certo tipo potevano essere acquistati dal giocatore nell’immediato, senza dover passare ore e ore nella speranza di ottenerlo.
Questo vero e proprio modello di business, è realizzato in modo che gli sviluppatori possano ricevere i fondi per poter continuare a supportare il gioco.
I titoli che si avvalgono di questo modello sono per la maggior parte destinati a piattaforme mobile, ad esempio in tutti i titoli Candy Crush se non si vuole attendere che i cuori si ricarichino, si può far ricorso all’acquisto di questi ultimi.
Un’altra tipologia di giochi (sempre free-to-play) che si avvale delle microtransazioni per autofinanziarsi, sono gli FPS che in cambio di moneta acquistabile in gioco tramite il pagamento con soldi veri, mettono a disposizione del giocatore Skin, armi e abilità che sono ottenibili solo tramite il sistema del loot box, sistema totalmente randomico tutt’altro che meritocratico; un argomento che tratteremo prossimamente in un articolo dedicato.
Microtransazioni nei titoli non free-to-play:
In Bethesda nell’ormai lontano 2006, non potevano sapere che quello che stavano per fare avrebbe dato il via ad una delle piaghe videoludiche peggiori di tutti i tempi.
E bene si, The Elder Scrolls IV Oblivion è il primo gioco completo non free-to-play, dove era possibile acquistare contenuti aggiuntivi.
Un titolo che al tempo pagavi a prezzo pieno, ma che non dava in nessun modo la possibilità al giocatore di ottenere un determinata armatura per il destriero, se non tramite il pagamento di gettoni Marketplace acquistabili con valuta reale.
Da qui in poi una spirale infernale fatta di microtransazioni che hanno avvelenato il mercato dei videogames e alleggerito in maniera meschina i portafogli dei gamers.
Araldo di questo ignobile movimento è EA, che vedendo una forma di guadagno molto remunerativa, in sempre più giochi acquistati a prezzo pieno, ha introdotto il meccanismo delle microtransazioni, giustificandolo come contenuto aggiuntivo o DLC. Verità più volte smentita dai data miner che controllando il codice di gioco ha rilevato, che la feature venduta come DLC dalla EA, in realtà era già presente nel codice e che quindi tramite l’acquisto sbloccava una parte di gioco di cui eri già in possesso e non era presente quindi nessuna aggiunta tramite download o altro.
Più volte EA si è difesa con i giocatori ma come ben sapete il lupo perde il pelo ma non il vizio, affermazione molto difficile da confutare.
L’ etica del videogiocatore:
Vorrei lasciarvi miei cari gamers con questa riflessione, è davvero giusto pagare un gioco a prezzo pieno (magari anche al Day One) per poi scoprire che il gioco è incompleto?
Dal mio punto di vista capisco che per realizzare un titolo serve denaro, ma non puoi vendere il gioco a 70€ se poi bisogna spendere altri 20€ per acquistare parte di quest’ultimo; i videogiocatori non sono dei limoni con cui farci una limonata al sapore di cash.
Per fortuna poche case di sviluppo adottano le microtransazione in gioco se non per l’aggiunta di veri e propri DLC, che apportano al titolo ore di gioco e feature innovative per quest’ultimo.
Gamers ditemi voi cosa ne pensate nei commenti e qual è stato il gioco non free-to-play in cui avete speso di più .