La saga di Mortal Kombat compie 25 anni e, dopo gli attuali dieci capitoli principali, possiamo parlarne come il rivale più pericoloso di sempre del picchiaduro 2D per eccellenza: Street Fighter. Negli anni la saga di Mortal Kombat ha avuto alti e bassi ma, dopo anni non proprio felicissimi, è tornata a farsi amare col reboot del nono capitolo per poi continuare la “nuova” storia col decimo. Ma com’è nata l’idea di un videogame che potesse scontrarsi con Ryu e soci?
Mortal Kombat vs Street Fighter: chi la spunta?
Nei primi anni ’90 il 3D non è ancora arrivato nelle consoles casalinghe. Capcom ottiene un successo strepitoso con Street Fighter 2, capitolo dell’omonima saga considerato ancora oggi come il migliore di sempre nel suo genere, che la stessa Capcom ha riproposto in mille salse ma senza più raggiungere il successo dell’originale. Ed ecco che Midway crea un qualcosa di simile ma al tempo stesso diverso: Mortal Kombat, un picchiaduro con personaggi digitalizzati da attori in carne e ossa, con una storia nuova ed originale, personaggi con poteri soprannaturali e una schiera di cattivi ben più ampia rispetto al rivale di casa Capcom. Personaggi come Liu Kang, Raiden, Goro o Sub Zero fanno vendere al punto da aprire una diatriba in voga ancora oggi: meglio Street Fighter o Mortal Kombat?
Il gioco è innovativo rispetto a Street Fighter per grafica con personaggi digitalizzati e un gameplay accattivante, ma non solo. Oltre ad esserci più sangue e violenza, Midway vi inserisce alcune nuove idee violente ma al tempo stesso originali. La Fatality, il colpo di grazia che chi vince l’incontro può assestare al rivale, eseguibile posizionandosi alla giusta distanza dall’avversario e premendo la corretta combinazione di tasti in pochissimi secondi. La Pit Fatality, fattibile solo in alcuni stages in cui il personaggio sconfitto interagisce in modo violento con l’ambiente circostante (ad esempio il ponte, dal quale si colpisce l’avversario facendolo cadere nel burrone pieno di trappole appuntite).
Dal secondo capitolo in poi compare la Friendship (simpatica scenetta esclusiva del personaggio che la esegue, ad esempio Johnny Cage lancia all’avversario a terra una sua foto autografata) e la Babality (chi vince trasforma l’avversario in un neonato). Più avanti compaiono altre mosse di indubbia violenza tra cui Animalities e Brutalities.
Il torneo Mortal Kombat, l’ultima speranza della Terra
I buoni, tra cui spicca il guerriero Shaolin Liu Kang, sono guidati dal Dio del Tuono Raiden. Altri protagonisti sono Sonya Blade (membro delle Unità Forze Speciali USA, alla ricerca del fuorilegge Kano) e l’attore Johnny Cage. Partecipano al torneo per impedire che il regno dell’Outworld, comandato dal malvagio Shao Kahn, vinca il decimo Mortal Kombat consecutivo e possa così invadere la Terra. Insieme riescono dapprima a battere il fortissimo Goro (un possente nemico a quattro braccia appartenente alla razza Shokan) per poi sconfiggere lo stregone Shang Tsung, subalterno di Shao Kahn capace di trasformarsi all’improvviso in qualunque personaggio del gioco. Raiden e soci riescono così a far vincere il torneo alla Terra, impedendo l’invasione dell’Outworld.
Nel secondo capitolo scopriamo che, nonostante il fallimento di Shang Tsung, Shao Kahn l’ha perdonato e ringiovanito di molti anni. Il nuovo torneo si svolge stavolta nell’Outworld, e saranno nuovamente Liu Kang e i suoi amici a vincere, sconfiggendo lo Shokan Kintaro (simile a Goro, ma più aggressivo) e l’imperatore Shao Kahn. Il gioco presenta un roster più ampio rispetto al primo capitolo, nonché nuovi elementi di cui abbiamo già parlato. Nel terzo capitolo, Shao Kahn invade la Terra ma viene sconfitto ancora una volta dai guerrieri terrestri.
Torniamo ai giorni nostri…
Tra i vecchi capitoli, i primi tre sono stati senz’altro i più giocati dai fans, su tutti Mortal Kombat 2. Ne sono usciti altri, ma che mai hanno raggiunto il livello d’apprezzamento della trilogia iniziale. Dopo i capitoli successivi non certo indimenticabili e il netto calo d’interesse per il franchise, i fans hanno riaperto gli occhi con Mortal Kombat 9, vero e proprio reboot della saga. Prossimo ad essere finito da Shao Kahn dopo gli eventi di Armageddon, un morente Raiden invia un avvertimento mentale al sè stesso del passato, ai tempi del primo Mortal Kombat. Da qui la storia riparte da capo e segue gli eventi dei primi tre capitoli, con qualche variazione dovuta al tentativo del giovane Raiden di cambiare eventi e decisioni prese in base alle sue visioni.
Ma il messaggio “Deve vincere” è alquanto criptico e il giovane Raiden non capisce a chi si riferisca, attribuendolo a Liu Kang nei primi due tornei. Purtroppo, nonostante le vittorie di quest’ultimo prima su Shang Tsung e poi su Shao Kahn, l’amuleto di Raiden si rompe sempre di più dimostrando che la profezia non si è compiuta in modo corretto. A chi si riferiva il Raiden del futuro? Non tutto va per il verso giusto e si arriva quindi al decimo capitolo, Mortal Kombat X. Tornano i personaggi più amati dai fans in un contesto ambientato diversi anni dopo in cui, oltre a scoprire che fine hanno fatto alcuni di loro, ne conosciamo di nuovi. Il finale lascia le porte aperte ad un capitolo successivo, vedremo quando e come verrà sviluppato.
Torniamo al nono capitolo, coraggioso e riuscito reboot di Mortal Kombat. Con un ottimo uso della grafica 3D, la modalità Storia è un mix di scene 3D create col motore grafico alle quali vengono integrati con frequenza i vari combattimenti, a seconda della trama del momento. Uno degli aspetti positivi è quello di poter giocare volta per volta con un personaggio diverso, rendendo il gioco vario e al tempo stesso obbligandoci ad imparare qualche mossa del personaggio in uso al momento, conoscendolo meglio e prendendolo in simpatia. A tutto ciò si aggiunge la novità degli X-Ray, una supermossa realizzabile dopo aver caricato un’apposita barra d’energia. A seconda del personaggio, l’X-Ray colpisce l’avversario in modo molto più violento rispetto alle altre mosse, e grazie alla visione in “Raggi X” vediamo in moviola il danno osseo procurato all’avversario, che in questo modo perde molta energia vitale.
Questo capitolo rivoluziona la saga in quanto, partendo dal finale di Armageddon, riavvia la storia grazie ad un paradosso. Riviviamo così la prima trilogia dal punto di vista di Raiden, Liu Kang ed altri protagonisti, che impareremo a conoscere pian piano. Bello vedere come cambiano gli eventi rispetto alla vecchia linea temporale, benchè alcune scelte di Raiden siano senz’altro discutibili e gli altri personaggi, Liu Kang su tutti, finiscano per crederlo pazzo.
Purtroppo nonostante un ottimo comparto tecnico, il Test your might! e alcuni extra davvero ben fatti (fantastico il cimitero in cui si acquistano bonus profanando tombe o trucidando le anime condannate), il doppiaggio italiano è davvero di pessima fattura. Ci è bastato ascoltare le primissime frasi di Raiden, Liu Kang e (su tutti) Johnny Cage, per capire quanto poco accurata sia stata la ricerca dei doppiatori nonché l’impegno degli stessi nel doppiare i personaggi con cadenza e tonalità corrette a seconda dello stato d’animo e della situazione in quel preciso momento. Il finale è ricco di colpi di scena e sicuramente apprezzabile, oltre ad un gameplay di ottimo impatto. Fatalities e varie mosse finali sono realizzabili solo in altre modalità, ma va bene così: Mortal Kombat 9 è promosso, soprattutto per il tentativo andato a buon fine di rispolverare la saga riscrivendo da zero la storia originale.
I pessimi adattamenti al cinema e in tv
Torniamo un attimo all’eterno rivale Street Fighter. Il film, con Jean Claude Van Damme nella parte di Guile, ha ottenuto più critiche che consensi grazie ad un pessimo adattamento del gioco. Alcuni attori sono simili a quelli del gioco (lo stesso Guile, Zangief, Mr. Bison, Sagat, Vega), mentre in altri fatichiamo a trovare somiglianze (Dhalsim, Dee Jay, T. Hawk, per non parlare di Blanka o dei pessimi Ryu e Ken). Aspetto a parte, anche le loro storie personali sono state annullate o modificate rispetto al gioco. La trama è un po’ un’americanata, ed hanno inserito forzatamente alcune mosse del gioco tra cui l’Hadoken di Ryu o il superpugno di Balrog, il tutto al limite del ridicolo. Quando poi si guarda l’ultimissima scena, capiamo che un Van Damme in gran forma e il compianto Raùl Julia (Gomez in due film sulla famiglia Addams) non bastano a reggere la baracca.
Purtroppo anche Mortal Kombat ne ha seguìto le orme, aggiungendo addirittura un sequel ed una serie tv al già non memorabile primo film. Protagonista è un Christopher Lambert (già protagonista di Highlander) quasi ridicolo nella parte di Raiden, che finge addirittura di saper combattere. Gli fanno buona compagnia Sonya e Johnny Cage, che non convincono per niente. Un po’ meglio Shang Tsung, la bella Kitana e il protagonista Liu Kang. La trama vede quest’ultimo impegnato a vendicare la morte del fratello, ucciso dallo stesso Shang Tsung ad inizio film.
E dopo un primo film inferiore alle aspettative, esce anche il sequel dal titolo Mortal Kombat: distruzione totale che riparte da dove l’avevamo lasciato. Una differenza la si nota subito: addio Christopher Lambert, c’è un nuovo attore ad interpretare Raiden. Uno dei protagonisti compare solo nella scena iniziale, venendo poi ucciso da Shao Kahn. Ma dopo aver esaudito la curiosità dello spettatore col prologo del finale del primo, il film cade in una mediocrità salvata solo in parte dagli effetti speciali e da mosse e violenza tipici del gioco. Nonostante compaiano tanti personaggi di Mortal Kombat 3, la trama non ha nulla a che fare con l’omonimo videogame e non convince.
Esiste anche il telefilm, Mortal Kombat: Conquest, composto da una sola stagione di 22 episodi. Ci sono diversi protagonisti tra cui Kung Lao (ben noto agli amanti del gioco), la bella Taja (interpretata da Kristanna Loken che diverrà poi la cattivona di Terminator 3), Raiden e Shang Tsung. Di per sè gli episodi sono abbastanza interessanti ed autoconclusivi, ma lascia l’amaro in bocca il cliffhanger dell’ultimo episodio con tutti i personaggi uccisi eccetto Raiden, sconfitto e torturato da Shao Kahn. Finale simile a quello di Mortal Kombat: Armageddon, da cui ripartirà poi il nono capitolo con conseguente reboot. Era prevista una seconda stagione che non fu mai realizzata, lasciando in sospeso la storia con l’apparente trionfo di Shao Kahn. Così come i film, anche la serie tv non è certo indimenticabile, ma nel suo piccolo riuscì comunque ad appassionare grazie all’ambientazione fantasy e un discreto uso del CGI.
Ho deciso, compro un picchiaduro a incontri. Ma non so quale scegliere…
Concludiamo con una delle domande più frequenti che ci vengono fatte da amici e famigliari che non hanno mai giocato a questo genere. Mortal Kombat, Street Fighter, Tekken, Super Smash Bros, King of Fighters, Dead or Alive, Marvel vs Capcom, Injustice e tanti altri: quale scegliere? Impossibile stabilirlo, essendo questione di gusti. Ma siamo certi che Mortal Kombat possa piacere molto al pubblico per diversi aspetti: una trama complessa, tante Fatalities e mosse finali tutte da scoprire, il carisma dei personaggi. Che possa piacere o meno, è senz’altro originale vedere un mondo alieno pieno di malvagi guerrieri che tenta di conquistare la Terra attraverso un torneo di arti marziali, il tutto con Fatalities ed altre aggiunte esclusive della saga.
Il sottoscritto ha sempre amato Street Fighter e Mortal Kombat alla pari, lascio quindi a voi il compito di decidere quale delle due saghe possa toccare il gradino più alto del podio, o se entrambe vengano superate dalla vostra saga preferita che potrei anche non aver citato. Ditecelo nei commenti!