E’ da un po’ di tempo che si parla della decisione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di inserire l’abuso di videogame nell’elenco del manuale diagnostico dedicato alle patologie (DSM). La questione ha naturalmente sollevato un acceso dibattito nella community dei videogiocatori, molti dei quali si sono forse sentiti etichettati e discriminati da questa decisione.
Tuttavia è necessario parlare di questo argomento con meno superficialità, e andare al nocciolo della questione. Non si tratta di un’accusa contro il mondo videoludico. Si tratta semplicemente di una presa in atto del fatto che ormai le patologie, soprattutto psicologiche, possono manifestarsi spesso a causa di certi tipi di tecnologia che sono in grado di creare una vera e propria forma di dipendenza. Non si parla quindi della possibile dannosità dei videogames, ma della fragilità delle persone.
Il dito allora non è puntato contro i giochi, ma contro il possibile abuso che se ne può fare. Come nell’abuso di una qualsiasi sostanza stupefacente, il risultato è quello di un’estraniazione dal proprio mondo – che può essere ricercata per diversi motivi – e di un effetto tangibile sulla propria salute e sui propri rapporti affettivi, persistente per un lungo periodo di tempo. Questo detto in poche parole.
L’OMS ha quindi fornito quella che è la bozza della descrizione che verrà inserita nel manuale diagnostico del 2018.
Il gaming disorder è caratterizzato da uno schema di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gaming (digital gaming o video-gaming), che può essere online (attraverso internet) o offline, manifestato attraverso: 1)controllo alterato sul gaming (per esempio, frequenza, intensità, durata, fine, contesto; 2)una crescita nella priorità che viene data al videogiocare fino ad arrivare a un punto in cui il gaming ha la precedenza sugli altri interessi e sulle attività quotidiane; e 3)continuazione o intensificazione del gaming nonostante la presenza di conseguenze negative. Lo schema di comportamento è sufficientemente severo da portare a significative alterazioni negli aspetti personali, famigliari, sociali, educativi, occupazionali o in altre importanti aree. Lo schema di comportamento può essere continuo o episodico e ricorrente. Il comportamento legato al gaming normalmente deve essere evidente in un periodo di almeno 12 mesi per far si che venga proposta una diagnosi in questo senso anche se i tempi richiesti potrebbero essere accorciati nel caso in cui tutti i requisiti diagnostici dovessero essere presenti e i sintomi dovessero essere particolarmente gravi.