Onimusha è uno dei più vecchi franchise di Capcom, ma che le nuove generazioni probabilmente non conosceranno. Con l’incombente arrivo di giochi come Nioh 2, Ghost of Tsushima e Sekiro, ho sempre pensato che fosse arrivato il momento giusto per il ritorno della saga di Onimusha. Non godendo di un nuovo titolo dal 2006, ho immaginato che la serie fosse finita nel dimenticatoio e che non avremmo mai più visto titoli del franchise. Siamo giunti nel 2019 e Capcom, a sorpresa, ha invece deciso di rimasterizzare il gioco che ha dato il via a tutto – Onimusha: Warlords (nato come spin-off di Resident Evil).
La trama del primo Onimusha purtroppo non è così entusiasmante ed originale, soprattutto se paragonato ai titoli moderni. La serie però divenne molto più cinematografica e story-driven nei capitoli successivi, mentre Warlords offre una storia semplice in un contesto nuovo per l’epoca. La storia vede la principessa Yuki scrivere una lettera al rinomato spadaccino Samanosuke Akechi, sospettosa che i suoi servitori siano scomparsi a causa di una minaccia demoniaca presente nel suo castello. Mentre Samanosuke e la sua compagna d’arme Kaede arrivano al castello di Yuki, la principessa purtroppo è già stata rapita dai demoni. Naturalmente, tocca a Samanosuke salvarla: una storia non proprio rivoluzionaria. Uscito quasi diciotto anni fa, Onimusha: Warlords può essere considerato come uno strano mix tra Resident Evil e Devil May Cry. Prendendo in prestito più elementi dal primo che dal secondo, il gioco presenta infatti una telecamera fissa, backtracking, e risoluzione di alcuni enigmi – anche se non complicati e severi come quelli visti nella saga di Resident Evil. Piuttosto, il gioco pone più enfasi sull’azione con diverse armi da sbloccare e nemici demoniaci alquanto bizzarri da affettare. Si tratta di un titolo unico nel suo genere, il cui stile è stato poi ripreso da altri videogiochi come il recente Nioh o la saga di Ninja Gaiden, ma Onimusha resta il gioco che ha dato il via a tutto.
Il sistema di combattimento è semplice ma gratificante. Nel corso dell’avventura si avranno a disposizione tre spade diverse, ognuna delle quali permetterà di lanciare un attacco speciale e il cui potere magico intrinseco servirà anche per sbloccare alcune porte. È presente solo un pulsante adibito all’attacco, il che significa che le potenziali combo non sono poi così tante. Ciò che conta però, in questo combat system, è il tempismo che si ha quando si decide di sferrare un attacco: premendo il pulsante al momento giusto, proprio mentre un nemico vi starà attaccando, si eseguirà un colpo critico chiamato Issen, che permetterà di sconfiggere la maggior parte dei nemici (comuni) con un colpo. È una tecnica semplice ma incredibilmente soddisfacente da eseguire, specialmente quando bisogna destreggiarsi tra un buon numero di nemici. Come ho citato prima inoltre, oltre all’attacco base ogni arma permetterà di eseguire un attacco speciale (di fuoco, vento o fulmine) che infliggerà considerevoli danni ai nemici. Questo attacco speciale consumerà una certa quantità di mana. Nel proseguire dell’avventura si potranno sbloccare anche un arco e una sorta di fucile rudimentale, che permetteranno di infliggere danni ai nemici dalla distanza. Queste armi saranno però soggette all’utilizzo di munizioni che si troveranno esplorando la mappa.
Oltre ai vari tipi di attacco, Samanosuke sarà in grado di schivare oppure bloccare gli attacchi nemici. I demoni sconfitti lasceranno cadere tre diverse tipologie di anime, che possono essere assorbite da Samanosuke grazie ad un guanto magico del clan degli Oni. Le anime rilasciate potranno essere di colore: rosso – l’esperienza che potrà essere spesa per potenziare il protagonista -, blu – il mana per gli attacchi speciali -, e giallo – recupero minimo di salute. La progressione del personaggio non avverrà quindi tramite livelli, ma le anime recuperate dai nemici potranno essere usate per potenziare le nostre armi. Il potenziamento di queste ultime migliorerà il loro potere d’attacco (così come il loro aspetto). Inoltre si potrà eseguire un aggiornamento del potere magico delle armi, fattore che ci permetterà di sbloccare determinate porte sigillate. Si potrà potenziare il personaggio in specifici “altarini” adibiti anche al salvataggio manuale del gioco. Durante la mappa di gioco si potranno trovare alcuni oggetti chiamati Magatama, che ci permetteranno di aumentare la salute massima e il nostro mana.
Probabilmente starete pensando che quello che vi ho appena detto implicherà un certo livello di grinding per progredire in certi punti della storia, e questo in un certo senso è vero: in particolare, nel caso in cui non abbiate potenziato a dovere il potere magico delle vostre spade in modo da rompere i sigilli di alcune porte che vi bloccheranno la strada. Nella mia esperienza non ho mai avuto la sensazione di un grinding eccessivo, anche grazie al piacevole sistema di combattimento del gioco ed al fatto che gli enigmi presenti richiederanno spesso di andare avanti ed indietro per la mappa di gioco. Oltre alle varie sezioni di combattimento, il gioco offre alcuni puzzle da risolvere per guadagnare qualche oggetto extra o per proseguire nell’avventura. Sicuramente questi frangenti aiutano a diversificare l’offerta di gameplay, ma tutto questo non vuol dire che il gioco sia privo di difetti. Prima di tutto la presenza della telecamera fissa potrebbe non essere molto apprezzata dai giocatori più giovani, a differenza di chi è cresciuto con titoli simili. Questo tipo di inquadratura potrebbe creare qualche grattacapo negli spazi angusti, in quanto si potranno subire degli attacchi da nemici che non vedremo in quel momento perché situati in porzioni di mappa non visibili da quella precisa inquadratura.
Avendo fondali pre-renderizzati, proprio come i vecchi capitoli di Resident Evil, l’aspetto tecnico di Onimusha non è invecchiato magnificamente. In ogni caso, il lavoro di rimasterizzazione di Capcom si nota soprattutto con i modelli dei vari personaggi e dei nemici che sono stati resi nitidi e puliti, specialmente grazie al passaggio all’alta definizione. Le ambientazioni, d’altra parte, vivono di luci ed ombre. Alcune (soprattutto quelle al chiuso) hanno textures definite con una buona resa su schermo, ma altri sembrano più slavati e meno riusciti con il passaggio all’HD. Un’ottima aggiunta da segnalare è la possibilità di movimento con l’analogico, che sicuramente rende il titolo più accessibile e più facile. I fan del gioco originale avranno probabilmente notato che la colonna sonora di questa remaster è completamente nuova: il risultato è una soundtrack più epica e moderna.
La longevità di Onimusha si attesta intorno alle quattro o cinque ore, anche se segnaliamo un trofeo che vi richiederà di completare il gioco in meno di tre ore. Nel corso dell’avventura sono presenti alcuni compiti extra che si possono eseguire, tra cui quello di trovare tutti gli oggetti collezionabili, o completare una modalità particolare (che vi richiederà di superare diversi livelli pieni di nemici). Si potranno inoltre sbloccare una modalità segreta a fine gioco, alcuni costumi sia per Samanosuke che per Kaede, o un’arma segreta.
Un’omissione che però non mi spiego è la mancanza di tutto il contenuto che è apparso nella versione Xbox del gioco. Genma Onimusha è stato rilasciato un anno dopo la versione originale uscita su PS2, ed ha apportato nuove aree da esplorare, un nuovo boss, e nuove mosse ed abilità speciali per Samanosuke, ma nessuna di queste aggiunte è presente in questa versione. Sicuramente qualche modalità extra o qualche novità non sarebbero guastate, soprattutto per chi ha già giocato al titolo originale.
Probabilmente, anche se non si tratta del migliore titolo della saga, Onimusha: Warlords è sicuramente la perfetta introduzione ad uno dei franchise più sottovalutati di Capcom. In questa remaster sono stati fatti molti piccoli miglioramenti per rendere il gioco accessibile e godibile anche per gli standard moderni. In conclusione, Onimusha: Warlords è un’esperienza breve ma gratificante, che consigliamo di provare soprattutto a chi non avesse mai avuto modo di giocare al titolo originale.
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