Al giorno d’oggi il mondo dei videogiochi ne ha fatta di strada, regalandoci nelle otto generazioni passate una marea di produzioni più o meno riuscite. Vien da sé che per le più disparate motivazioni si finisca per saltare qualche portata tra le più gustose visto che si dispone di un menù così enormemente lungo. Di conseguenza eccomi qui a condividere con voi una delle ricette che ricordo con affetto, ossia Psychonauts. D’altronde si tratta del gioco perfetto per un articolo di questa tipologia dato che la creatura di Tim Schafer al suo esordio non fu proprio un successo commerciale. Fortunatamente per il videogioco, grazie anche al suo arrivo su Steam, l’ascesa agli onori della cronaca si è rivelata una salita assai ripida piuttosto che una rovinosa caduta in un burrone. Insomma, una storia a lieto fine che ci sta per regalare addirittura un sequel vero e proprio della produzione targata Double Fine.
Procediamo con ordine. È il duemila quando Tim Schafer, dopo aver lavorato per dieci anni in Lucas Arts e aver contribuito alla creazione di alcuni dei suoi giochi più famosi, matura la decisione di lasciare l’azienda. Il passo successivo è “mettersi in proprio” e così fonda Double Fine, software house che si getta subito nella mischia dando inizio ai lavori su Pyschonauts. Ebbene, dopo cinque anni di duro lavoro il gioco debutta su Xbox e Playstation 2 e subito viene accolto calorosamente dalla critica. Il motivo è da ricercare soprattutto nell’identità che gli sviluppatori hanno saputo imprimere al loro prodotto, caratteristica che lo identifica tuttora. Mi riferisco alla spensierata follia e all’ironia che permeano Psychonauts in tutto il suo scheletro, dalle premesse narrative fino ad arrivare alla creazione degli scenari, passando per la creazione dei personaggi.
Si alza il sipario
Le stesse vicende narrative si svolgono in un campo estivo in cui i partecipanti si sottopongono ad un severo addestramento per psiconauti. Il protagonista Raz Aquato (abbreviativo di Razputin) è un ragazzino dalle capacità psichiche latenti che è fuggito dal circo in cui viveva per unirsi al campo e diventare appunto uno “Psychonauts”. Nonostante un inizio “tradizionale” dai toni pacati, la situazione precipita di lì a breve e il protagonista si trova ben presto a dover far luce su un mistero legato a dei cervelli scomparsi. Queste premesse narrative sono il pretesto per mettere in scena un’avventura dalle diverse anime, ma con forti tratti da “platform adventure”. Nello specifico le meccaniche legate agli spostamenti e al salto permettono un’esplorazione verticale ed orizzontale sia delle diverse aree del campo che delle rappresentazioni “fisiche” delle menti altrui.
D’altronde se si parla di agenti segreti dalle abilità psioniche, una tale possibilità non dovrebbe stupire, ma anzi diventa un pretesto per dar via ad ambienti dallo stile non convenzionale. Per aumentare la diversità degli elementi che comporranno questi scenari psichici, gli sviluppatori hanno fatto sì che ogni mente rispecchi in toto la personalità del suo possessore in modo che appaia quasi unica agli occhi del giocatore. Tale stratagemma, però, non aveva solo una valenza estetica ma serviva anche ad introdurre in maniera progressiva nuove meccaniche, strutturando attorno ad esse i livelli in questione. Principalmente mi riferisco ai poteri che Raz sbloccherà lungo la sua avventura che aumentano le sue capacità di azione. In effetti, questi non solo dotano il protagonista di strumenti difensivi e offensivi, ma come in parte già anticipato supportano i giocatori nelle fase esplorative o in quelle di risoluzione degli enigmi proposti.
Caccia al tesoro
Per aumentare la durata complessiva e spingere il giocatore all’esplorazione, Psychonauts prevede la ricerca di alcuni collezionabili. In primis, vanno citate le punte di freccia le quali, raccolte nel giusto numero, potranno essere usate come moneta in game per acquistare oggetti dalle diverse funzionalità. Altrettanto importanti sono delle carte sparse per vari scenari che, combinate nel giusto numero con dei psico-nuclei, aumentano il livello di Raz, detto rango. Tuttavia, non bisogna immaginarsi una forte componente RPG in quanto il gioco non offre un sistema di statiche o di classi per il personaggio. L’unico vantaggi nel far progredire Il rango del protagonista sarà quello di sbloccare un nuovo potere o di potenziarne uno tra quelli già ottenuti. Inoltre, in ogni livello mentale è possibile raccogliere una serie di oggetti che svelano retroscena sui personaggi o permettono ancora una volta di aumentare il rango di Raz. Infine, è possibile anche dedicarsi ad un’attività secondaria che consiste in una vera propria caccia al tesoro di due gruppi di otto oggetti.
Stile
Naturalmente gli anni che passano vanno a pesare sul comparto più legato al periodo d’uscita, ossia la grafica. Nonostante però una quantità ed una qualità dei dettagli a schermo inferiore alle produzioni moderne, lo stile estetico del videogioco riesce tuttora a difendersi bene. In particolare la scelta di donare al tutto un aspetto da cartone animato e un uso sprezzante dei colori sono elementi che permettono al giocatore di chiudere un occhio sulla polvere che ricopre Psychonauts. D’altronde questo l’essenza di questo videogioco va oltre ciò che appare in quanto cattura l’affetto di chi gioca anche per lo stravagante character design proposto. Infatti, i personaggi sono buffi, esilaranti dalle personalità differenti e dall’aspetto molto simile a produzioni di burtoniana memoria. Infine, il tutto viene condito con quintalate di sana ironia, di buon sarcasmo e di situazioni paradossali ma divertenti.
Conclusioni
Psychonauts mantiene tuttora una certa aura di diversità che lo contraddistingue dagli altri prodotti con i quali condivide alcuni aspetti. Va sottolineato che alle idee vincenti descritte fino ad ora fanno da contraltare alcuni elementi meno convincenti, come sessioni un po’ troppo lunghe o una gestione dell telecamera non sempre ottimale. Tuttavia, come largamente spiegato, la giocabilità scorrevole e gli elementi convincenti di Psychonauts hanno permesso a molti di scoprire un titolo che all’uscita non è stato un campione di vendita. Insomma, la creatura di Double Fine, conscia della sua identità, non fa nulla per nasconderla e rimane un titolo da giocare per scoprire un pagina di storia del videogioco soprattutto in attesa del secondo capitolo.