Purtroppo è ufficiale: Red Dead Redemption 2 è stato posticipato al 2018. I possessori di PS3 o Xbox 360 (o anche di una One, grazie alla retrocompatibilità) hanno però la possibilità, quasi l’obbligo, di andarsi a recuperare il primo capitolo, quel Red Dead Redemption che ancora oggi viene considerato da molti uno dei migliori giochi della scorsa generazione (e, per altri, uno dei migliori di sempre). Questo titolo, erede spirituale del poco fortunato Red Dead Revolver, ha infatti conquistato pubblico e critica. Oggi, noi di Natural Born Gamers vogliamo spiegarvi il perché con la nostra recensione.
La trama di un vero western
La storia narrata fonda le sue radici sui classici spaghetti-western che andavano di moda negli anni ’80/’90. Un protagonista con una mira da cecchino ed un carisma che farebbe impallidire tutti gli eroi Marvel messi insieme, una famiglia da salvare e un cattivone da uccidere. Niente di più semplice, direte voi. Ed infatti così è, se non fosse che sarete voi in persona a decidere il carattere e, conseguentemente, l’onore del protagonista John Marston, che potrà variare da bandito ad eroe dandoci diversi bonus passivi. La trama presenta inoltre buoni twist narrativi, che terranno il videogiocatore incollato alla tv ma saranno quasi sempre prevedibili e scontati. Questo almeno fino all’ultima missione che sarà, invece, impattante e potente, facendo addirittura emozionare i più suscettibili.
Come ogni titolo Rockstar che si rispetti, saranno i diversi NPC che incontreremo durante l’intera compagna ad assegnarci gli incarichi, trasformandoci da ex banditi in cerca di redenzione (e di qualcosa di più importante) a semplici schiavi con una pistola nel fodero. Non neghiamo il fatto che ci sarebbe piaciuto un aggiornamento di questa meccanica che, dopo tutti i GTA, ci ha un po’ stancati, ma non possiamo attaccare il fatto che ha funzionato e continua a funzionare in maniera superlativa. Ogni personaggio, partendo dal nostro alter ego, è infatti caratterizzato splendidamente e questo comporta che ogni dialogo con la stessa persona, dal più banale a quello conclusivo, sia sempre coinvolgente ed intrigante, anche grazie all’ottima grafica per un titolo di 7 anni fa.
Oltre alle missioni per proseguire nella trama, saranno sparsi per tutto l’open world degli sconosciuti (riconoscibili dal punto di domanda visibile sulla minimappa), i quali ci assegneranno dei compiti secondari che approfondiranno alcune tematiche accennate nel filone principale tra cui la politica, la scienza o il divino. Tali compiti saranno spesso brevi e molto semplici, ma sconsigliamo di lasciarli indietro in quanto serviranno per il completismo e per sbloccare il vero finale. Presenti anche delle sfide che aumenteranno la nostra fama che, salendo di grado, sbloccherà altri bonus.
Un po’ di gameplay… pistola alla mano
Red Dead Redemption, così come il fratello maggiore Grand Theft Auto, è un TPS con coperture dinamiche. Ovviamente però, essendo ambientato nel Far West americano tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, le armi che ne fanno da padrone sono quasi tutte semiautomatiche. Non c’è molto altro da aggiungere: il solito e ben collaudato gameplay della maggior parte dei giochi Rockstar, un ottimo feeling con le armi (molte e ben differenziate) e un’IA tutto sommato di buona qualità confermano e surclassano gli ottimi livelli raggiunti negli scorsi titoli. È sempre presente l’ormai iconica ruota delle armi, e viene aggiunta un’abilità chiamata “Dead Eye” che, consumando una barra apposita, rallenterà il tempo consentendoci di mirare più a lungo per il colpo perfetto o di colpire più nemici contemporaneamente.
Un mondo vastissimo, con una libertà di esplorazione che si ampia ulteriormente grazie agli interni (case, negozi e luoghi pubblici, così come chiese e stazioni ferroviarie tra i più gettonati), tutto da scoprire a piedi, a cavallo (o in carrozza) e in treno. Menzione d’onore alla nostra fidata cavalcatura, che sarà in grado di portarci sempre a destinazione anche senza scalare le montagne. Sono comprese anche alcune modalità online che, seppur oggi non molto popolate, rimangono divertenti considerando anche il fatto che non sono il fulcro del gioco.
Un comparto tecnico d’esempio
Parlando puramente di grafica, il team di sviluppo è riuscito a creare un mondo vivo, bello e ben caratterizzato. Il nostro protagonista muoverà l’erba sopra cui passerà, sposterà animali, tende o corpi privi di vita attaccati ad alcune funi senza l’obbligo di premere un tasto, lascerà impronte (lui come tutti gli altri personaggi, umani e animali) su tutti i terreni e potrà rompere la maggior parte degli oggetti. Inoltre ogni villaggio avrà la propria vita, diurna e notturna; mercati, negozi, bar e locande saranno tutti pieni di giorno, ma solamente gli ultimi due lo saranno anche di notte. Più volte mi sono fermato ad impallidire di fronte alla complicatissima routine di uno o più NPC (per esempio mi sono fermato in un mercato in Messico ad osservare un uomo intento a sgozzare un pollo, oppure ho visto l’inizio di una lite tra due ubriachi in un bar).
Il titolo è stabile sui 30 FPS, e rare volte l’ho visto calare di frame. Un plauso va ai responsabili dei visi e del motion capture, che sono stati in grado di personalizzare ogni volto ed ogni espressione sia delle comparse che dei personaggi principali. Una colonna sonora importante e ben realizzata per la campagna principale, un po’ meno quando scorrazziamo liberamente ma sempre di alta fattura, rendono la nostra esperienza ancora più memorabile. Punto fermo in tutti i videogiochi di questo publisher sono le animazioni, e qui di certo non sono da meno, anzi non sarà un caso fermarsi spesso a scrutare i paesaggi con vari animali come protagonisti, i quali ci sembreranno vivi.