La serie di Resident Evil appartiene alla ristretta cerchia dei games che hanno praticamente definito da soli un genere di gioco. Nello specifico RE, Bio Hazard in Giappone, per i pochi che non lo sapessero, si può tranquillamente considerare il papà di tutti i giochi che rientrano nella categoria dei Survival Horror.
In tutti gli episodi il plot è quasi sempre lo stesso: una locazione viene contaminata più o meno intenzionalmente da un virus da laboratorio. Un protagonista, civile o paramilitare, ci finisce in mezzo e, comprensibilmente, farà di tutto per portare a casa la pelle.
Ambientazione e storia
In questo caso il protagonista sarà un certo Ethan, finito di proposito (!) in una remota quanto paludosa zona degli Stati Uniti per indagare sulla scomparsa della moglie, avvenuta qualche anno addietro in circostanze assai misteriose. A suggerirgli il luogo è una strana mail, che pare sia stata inviata proprio dalla moglie stessa… Con tantissimo coraggio ma praticamente disarmato – come del resto sempre accade in queste situazioni – Ethan si troverà ad esplorare la tipica casa di campagna americana ed a far conoscenza con i loro dimoranti, tutti un po’ alterati per via del precedentemente citato virus.
Gameplay
Come detto, il protagonista dovrà farsi strada nei vari ambienti, sudandosi l’accesso tramite il recupero di chiavi ed oggetti di ogni tipo. Naturalmente gran parte dell’attenzione dovrà esser dedicata anche e soprattutto alle sorpresine che gli abitanti mutati della casa sapranno riservargli.
Il gameplay è dunque infarcito di colpi di scena e momenti studiati ad arte per scatenare il classico attacco di panico improvviso. Se siete in cerca di centinaia e centinaia di zombi da crivellare di colpi in un lago di sangue, questo episodio della saga non è ciò che fa per voi. Raramente infatti vi capiterà di fronteggiare più di due o tre aggressori contemporaneamente; di contro, aspettatevi imboscate dietro ogni angolo verso cui svolterete.
Resident Evil VII è un mix di ricerca, attacchi di paura e qualche combattimento, come nella migliore tradizione dei primi episodi della serie. Un gioco da vecchia scuola che si prefigge di riconquistare i primi aficionados, ossia quelli che hanno storto il naso nel vedere la serie andare sempre più verso il genere splatter a discapito dell’horror puro.
Comparto tecnico
Il gioco di per sé è molto curato nelle location, e, pur essendo essenzialmente ambientato in due soli luoghi, propone una notevole varietà. Tecnicamente la “roba che muove sullo schermo” non è molta: forse anche in virtù di ciò, non vi sono cali di frame rate o pecche nella fluidità.
Una notevole differenza nel giocarci la fa l’utilizzo o meno del Playstation VR. Col visore per la realtà virtuale il gioco passa da “pauroso” a “terrore puro”. C’è una parola per descrivere a qualcuno cosa significhi giocare a RE con il PSVR: immersività totale. Sarete voi ad essere lì dentro e, ad ogni scricchiolio che percepirà il vostro udito, vi si gelerà il sangue. Ovviamente, giocando con il visore, dovrete accettare il calo di risoluzione dovuto ai limiti tecnici imposti dalla risoluzione del PSVR e del doppio lavoro, un’immagine distinta per ciascun occhio, che la vostra Playstation dovrà sobbarcarsi.
Concludendo, cura delle location e un sonoro all’altezza rendono il titolo del tutto soddisfacente dal punto di vista tecnico.