25 anni fa…
Chi da ragazzino ha avuto il Super Nintendo, negli ultimi tempi avrà senz’altro fatto i salti di gioia. Tra il SNES Classic Mini e i remake di successi 16 bit che spuntano sulle piattaforme di oggi, c’è un titolo che assieme a pochi altri può considerarsi al passo con i migliori Zelda e Final Fantasy, e non solo quelli in 2d. Sto parlando di Secret of Mana. Di recensioni di questo fortunato gioco dell’allora Squaresoft ne avrete lette diverse e, con questa, voglio trasmettere tutta la mia passione per questo gioco, nonchè l’entusiasmo provato quando ho saputo di un remake per PS4 e di una Collection per Switch, quest’ultima non ancora annunciata in Europa ma sulla quale nutro buone speranze. Grazie, Square Enix!
Quando arrivò sul SNES nel 1993, comprai una rivista mensile molto nota di cui non dirò il nome, per rispetto di riviste concorrenti altrettanto famose. In copertina primeggiava un verdissimo ed enorme albero, con tre personaggi visti di spalle che lo osservavano affascinati. All’epoca non possedevo ancora il Super Nintendo (acquistato l’anno successivo), ma sognavo di provare grandi titoli come Zelda: A Link to the Past, Super Mario World ed altri di cui avevo letto le recensioni su svariate riviste del settore. Premesso che non avevo ancora provato o non esistevano ancora titoli come Soul Blazer, Chrono Trigger, Secret of Evermore, Terranigma o Illusion of Gaia, comprai Secret of Mana a scatola chiusa. Come dite? Avrei dovuto guardarne qualche gameplay su YouTube? Impossibile, non c’era neanche internet all’epoca… era questo il bello, fidarsi di chi scriveva articoli e recensioni su riviste cartacee, comprando i giochi a scatola chiusa. Rischioso ma emozionante, bei tempi davvero.
Riaffiorano i ricordi
Apprezzai la trama fin dalle prime fasi di gioco, oltre a meravigliarmi dell’ottimo uso dei colori e la colonna sonora davvero immersiva. In pochi minuti mi ero reso conto di trovarmi di fronte al primo vero antagonista del famosissimo Zelda. La conferma arrivò dopo altri due minuti, nel momento più emozionante della prima partita: estrarre la spada dalla roccia in mezzo al fiume. Arrivato nel villaggio capii di aver fatto un enorme danno, ma ormai la frittata era fatta.
[spoiler title=’Piccoli spoiler su alcuni eventi iniziali’ style=’default’ collapse_link=’false’]Mostri a non finire, un boss da affrontare e, dopo un combattimento eroico con cui salvai la vita ad un personaggio non proprio simpaticissimo, mi cacciarono dal villaggio senza potervi più far ritorno. Il motivo? Mi incolparono di qualcosa… e il guaio è che ne avevano tutte le ragioni, era tutta colpa mia! Poi trovai la ragazza ed il folletto. Brutto chiamarli così, ma all’epoca non sapevo i nomi dei protagonisti, che il gioco ci faceva inserire a nostro piacimento.[/spoiler]
Sul Super Nintendo, Secret of Mana fu il primo titolo dove si potesse giocare in 3 con l’uso del Multitap, acquistato il giorno stesso del gioco. Assieme a due amici storici amanti degli rpg inaugurammo il Virtual Day, la prima di intere giornate da noi dedicate ai videogames.
Iniziò così il nostro viaggio nel mondo di Mana riuscendo anche a scoprire, durante le fasi avanzate del gioco, cosa fosse il segreto di Mana da cui il gioco stesso prendeva il titolo. E meno male che eravamo in tre perché, nonostante si potesse passare da un personaggio all’altro premendo un tasto, potenziarne uno alla volta sarebbe stato un calvario. Decisi di passare ore ed ore di gioco per aumentare difesa e attacco dei personaggi e raccogliere soldi per comprare armi, armature ed oggetti per l’energia vitale. Dopo varie ricerche di una zona in cui farmare facilmente e velocemente, trovammo l’area chiamata Upper Land. C’erano diverse zone adiacenti tra di loro ed iniziammo a girarle di continuo, alternando il senso orario a quello antiorario per diminuire la sensazione di ripetitività. Ognuno di noi attaccava un nemico sullo schermo con l’arma o la magia da potenziare, credo ci passammo ore… che dico, giorni interi.
Ma la soddisfazione fu immensa quando la spada del protagonista iniziò a sferrare fendenti micidiali, la nostra bionda protagonista ci guariva ripristinando una quantità sempre maggiore di energia vitale, il folletto lanciava draghi infuocati che facevano esplodere rabites e funghi malvagi che saltellavano qua e là minacciosi. Il vero nemico era la musica della Upper Land, molto melodica ma alla lunga un po’ ripetitiva; ma quale musica non lo sarebbe, se riascoltata centinaia di volte durante un intero pomeriggio di gioco?
L’emozione di giocarci con gli amici più cari, una trama che si arricchiva sempre più di indizi e colpi di scena, scoprire nuove aree con clima e nemici diversi, trovare un nuovo villaggio con relativa locanda per riposare… “Ecco l’Inn!”, dicevamo noi dopo essere miracolosamente sopravvissuti ai mostri della zona. E poi c’era l’emozione di scoprire quali nuovi articoli ci aspettassero nel negozio non ancora visitato, con ragionamenti e miracoli mentali per svendere di tutto e di più come usato pur di comprare l’armatura più potente o un’arma per affrontare e tener testa ad un boss particolarmente resistente. Un momento davvero epico era raccogliere i Semi di Mana, ottenibili nei palazzi sparsi qua e là nel mondo di gioco.
Altri grandissimi momenti erano proprio gli scontri contro i boss, alcuni da affrontare con le nostre armi ed altri (la maggior parte) da cui proteggersi e limitare i danni con le magie e, al tempo stesso, attaccarli con altre magie sfruttandone i punti deboli. Se uno di noi moriva diventando un fantasmino bianco, il più forte degli altri due personaggi teneva occupato il boss mentre l’altro si preoccupava di usare la magia o l’oggetto adatto per resuscitare il compagno. E non dico cosa succedeva quando, non appena si resuscitava un personaggio, il boss lo colpiva proprio in quell’istante con una magia letale riuccidendolo senza neanche dargli il tempo di respirare… oggetto resuscitamorti sprecato, sperando di averne un altro.
Ad un certo punto, si prendeva il volo. Sì, perché trovare Flammie e poter raggiungere continenti ed isole dapprima irraggiungibili, fu un grande sollievo. Il cannone? Bello e divertente ma anche limitato, ti spediva in un punto preciso della mappa… Con Flammie c’era finalmente un po’ di libertà! E quando, dopo giorni e giorni a giocarci e farmare, scoprimmo finalmente la location della base segreta nemica, potenziammo ancora tanto prima di raggiungerla e percorrere le numerosissime stanze e corridoi che ci separavano dal boss… correzione, dai boss finali. Thanatos fu davvero tosto, e morimmo decine di volte prima di imparare tattiche e migliorare il tempismo delle magie per sorprenderlo e riacquistare l’energia vitale persa. E quando tutto sembrava finalmente risolto, quando Thanatos era stato sconfitto con sudore e fatica… non era ancora finita.
Ci ritrovammo faccia a faccia con la Mana Beast, il boss finale del gioco. Nessuno spoiler su chi fosse e sul suo aspetto, né su come batterlo: chi non lo sa, lo scoprirà da sé col remake. Ma una cosa posso raccontarla, alquanto tragicomica. Sentendoci inermi in quanto a parametri di difesa e resistenza, e togliendogli davvero pochissima energia con le nostre armi, studiammo uno stratagemma per schivarne i colpi e resistere il più possibile, colpendolo nei rari momenti in cui fosse vulnerabile. Dopo 3 ore di gioco e centinaia di colpi e magie che gli toglievano pochissimo ogni volta, sconfiggemmo la Mana Beast. Circa una settimana dopo scoprii, leggendolo sull’ennesima rivista acquistata, che c’era un modo preciso per affrontarla e sconfiggerla in pochi minuti! Viva gli stratagemmi per metterci un intero pomeriggio a sconfiggere un solo boss… Lunga e difficile battaglia ma che, anche dopo oltre 20 anni, resta indimenticabile!
Ma questo remake… merita davvero?
Il primo vero miglioramento lo si nota nella fluidità dei movimenti, grazie all’ottimo supporto dell’analogico. Muovere il nostro personaggio a 360° è davvero facile e piacevole, e ci permette di aggirare i nemici più insidiosi per attaccarli da dietro. Protagonisti, NPCs e nemici sono ottimamente disegnati, con buone animazioni specie per gli ultimi. Varie chicche, come effetti di luce dalle finestre e il movimento fluido dell’acqua dei fiumi, servono a migliorare ulteriormente l’esperienza visiva del titolo. Interessante novità delle cutscenes in pieno 3d, in cui possiamo ammirare da vicino il character design. Peccato manchi l’animazione dei labbiali durante i dialoghi ma, stando alla buona qualità generale, è un dettaglio sormontabile.
Parliamo del comparto audio. I vari personaggi possono godere di un buon doppiaggio in inglese non presente nell’originale per ovvi limiti tecnici, anche se purtroppo non è presente l’Italiano tra le lingue selezionabili per testi e dialoghi del gioco. Ma il punto debole del gioco, almeno secondo il sottoscritto, sono le musiche.
Giusto pensare di rifarle, offrendo anche l’opzione di scelta tra quelle odierne e quelle originali, peccato che le nuove versioni siano spesso poco orecchiabili e create con strumenti diversi da quelle originali, di meno impatto e non sempre piacevoli da ascoltare a lungo. Per fortuna, come già detto, è possibile scegliere le musiche originali in qualsiasi momento dal menù opzioni. Naturalmente è questione di gusti, e chi non avesse ascoltato le versioni originali dell’epoca potrebbe preferire quelle nuove.
Questo nuovo Secret of Mana è un esempio di come gli rpg di tanti anni fa possano ancora piacere, specie se riproposti con qualche migliorìa tecnica ed alcune novità come ad esempio un doppiaggio niente male. E se aveste ancora dubbi, ricordatevi che è Square Enix… e ho detto tutto.