Soul Eater, nuovo sparatutto della coreana Deer Farm disponibile dal 4 settembre 2018 per PlayStation 4, XBOX ONE e Switch, appartiene alla nobile ed antica categoria degli Shoot’em up verticali. Tutti i giocatori che hanno superato la soglia dei trenta/quaranta potrebbero elencare all’istante almeno una ventina di titoli che hanno fatto la storia di questo genere. Tuttavia, con l’avvento della grafica in 3D questo genere di giochi ha sicuramente perso un po’ dell’antico smalto, ma il fascino e l’adrenalina che possono garantire restano immutati anche in quest’epoca di grafiche fotorealistiche, teraflops e quant’altro.
What the hell is a “Bullet Hell”?
Vediamo quindi di fare conoscenza con questo Soul Eater, o, se preferite chiamarlo alla orientale maniera, Shikhondo. Nello specifico l’opera di Deer Farm appartiene ad una ben precisa sottocategoria degli sparatutto e cioè i Bullet Hell, inferno di pallottole. Per chi non lo sapesse, con questo termine si indicano quegli sparatutto 2D, generalmente a scrolling verticale, che cercano in tutti i modi di riempire lo schermo di gioco con il maggior numero di proiettili possibile. Beninteso, si fa riferimento sia alla potenza di fuoco del nostro personaggio/vascello, sia al quantitativo di attacchi che i nemici ci scaglieranno addosso. Proiettili fisici, laser, bolle di energia, bombe… ogni cosa che si può tirare addosso al nemico è bene accetta!
Fondamentale, con un approccio del genere, è il garantire un livello di sfida comunque equilibrato, frenetico e divertente al tempo stesso. Nondimeno importante è la capacità di assicurare un adeguato livello di tatticismo, aspetto che in questo genere di titoli è spesso tralasciato e sacrificato in nome della ricerca della frenesia di gioco più spinta possibile. Molto spesso infatti i Bullet Hell pongono l’accento quasi esclusivamente sulla destrezza, i riflessi e la capacità da parte del giocatore di saper memorizzare pattern specifici per poter sopravvivere al meglio in determinate situazioni o di fronte a dei Boss di fine livello.
Butto la bomba?
Un’altra abilità richiestissima nei Bullet Hell è quella di saper gestire al meglio le smartbomb e più in generale tutte le armi speciali che possono salvarci la pelle nei momenti più concitati e, con tutta probabilità, più ingestibili. Di contro la varietà di armi e la loro articolata gestione non sono certamente un tratto distintivo dei Bullet Hell che, per l’appunto, preferiscono puntare sulla massima immediatezza. Tutto questo anche grazie al fatto di impiegare un numero di tasti di gioco mediamente ridotto.
Shikhondo: Soul Eater non fa eccezione a questa regola non scritta ed i pulsanti da utilizzare sono soltanto tre. Uno per sparare, uno per modificare la modalità di sparo, ne parleremo a breve, e l’ultimo per utilizzare gli attacchi speciali peculiari del gioco. Il primo dei due è legato al Soul Collect. Quest’ultima altro non è che una barra di accumulo che si caricherà ogni qual volta si sfiorerà un proiettile nemico senza esserne colpiti. A caricamento completo si avrà la possibilità di rilasciare un devastante attacco che potrà essere ulteriormente potenziato utilizzando, disponibili in numero limitato, il Soul Attack. A dire il vero è possibile utilizzare un Soul Attack anche senza aver caricato preventivamente la Soul Collect, ma in questo caso verrà emesso una sorta di fumo nero che farà ben poco danno ai nemici. Avrà soltanto la, seppur strategica, funzione di ripulire l’area di gioco da tutti i proiettili presenti. Aggiungiamo infine che nella speciale modalità di gioco “Customize” sarà invece possibile, tra gli altri parametri, modificare la modalità di riempimento del counter del Soul Collect, ad esempio facendolo caricare ad ogni nemico colpito/abbattuto.
Non fermarti, continua a sparare!
Avevamo accennato poco sopra riguardo alle due modalità di fuoco. E’ sicuramente il caso di illustrarla al meglio, dal momento che la gestione di questo sistema rappresenta una delle peculiarità più interessanti del gioco. Premendo il tasto di fuoco si scatenerà il consueto inferno di colpi che si apriranno a ventaglio o, a seconda del personaggio utilizzato, avranno una sorta di ricerca automatica del bersaglio. Premendo, e tenendo premuto in aggiunta al primo, il tasto di cambio modalità, si concentrerà tutto il volume di fuoco in una linea di tiro frontale al personaggio. L’utilizzo di questo tipo di sparo alternativo, che andrà ovviamente attivato contro i nemici più coriacei, ridurrà contemporaneamente la velocità del proprio personaggio, rendendolo molto più controllabile (e gestibile) negli spazi strettissimi tra un proiettile e l’altro scagliati dal nemico.
A proposito di sovraffollamento a video. Nonostante la miriade di nemici, proiettili ed oggetti su schermo, i movimenti e lo scorrimento restano sempre fluidi, caratteristica indispensabile per giocare senza frustrazioni a questo genere di giochi. Nemmeno nelle situazioni più affollate si rischierà di incappare in rallentamenti o scatti che possono compromettere l’esperienza di gioco. Indubbiamente la giocabilità è un fattore su cui la produzione vi ha puntato molto. La scelta è sicuramente saggia ed il buon lavoro svolto si nota in maniera tangibile.
Protagoniste…
In Shikhondo: Soul Eater la stragrande maggioranza dei caracter è di sesso femminile, inclusi i due personaggi giocabili protagonisti: “The Girl” e “Grim Reaper”. Entrambi i personaggi, sì, nonostante il nome anche il secondo, sono delle conturbanti donzelle dai tratti tipicamente orientali. Nel gioco tuttavia non si differenziano poi molto, se non per il tipo di spari che generano. “The Girl” utilizza proiettili con una sorta di ricerca automatica, è dunque un po’ più facile da gestire ma è leggermente meno potente. Viceversa “Grim Reaper” utilizza come modalità di fuoco principale il classico ventaglio di proiettili ed i suoi colpi sono leggermente più efficaci. Noi li abbiamo provati entrambi e possiamo affermare che sono ben bilanciati ed ugualmente piacevoli da utilizzare, anche se, alla prova dei conti, non risultano poi così tanto diversi tra loro.
… antagoniste…
Come in ogni shoot’em up la struttura del gioco è suddivisa in livelli ed alla fine di ciascuno di essi vi attende immancabilmente un cattivissimo boss. Anche in questo caso sono tutti, pardon, tutte, di sesso femminile. Occorre poi aggiungere che ciascun boss di fine livello ha due “incarnazioni”. La prima ha sempre le fattezze di una fanciulla, generalmente dalle curve molto generose. Nella seconda trasformazione la stessa si “mostrizzerà”, ibridandosi molto spesso con animale: un ragno, un cane rabbioso, ecc
Aspettiamoci in entrambe le fasi di essere assaliti da una smisurata quantità di proiettili, tra i quali dovremo provare a destreggiarci con la massima abilità possibile. E’ scontato dire che nella seconda, mostruosa, trasformazione, la situazione si complicherà ulteriormente rendendo la difficoltà ancor più elevata.
La realizzazione grafica dei boss è sicuramente interessante e discretamente animata. Purtroppo non vi è praticamente alcun nesso tra la loro forma, le loro animazioni ed i proiettili che sono in grado di lanciare. Dimenticatevi quindi la possibilità, con i vostri colpi, di strappare o rimuovere parti di armatura o vestiti. Godetevi semplicemente il primo aspetto e concentratevi al massimo quando assumeranno le sembianze di mostro.
…e comprimari!
I nemici “ordinari” sono invece piuttosto stereotipati e presenti in una varietà davvero molto limitata. La testa del classico demone giapponese (Oni), fantasmi, spiritelli vari… insomma, tutto più o meno già visto molte volte. Ciò che tuttavia appare come l’elemento maggiormente trascurato è proprio la semplice varietà di numero. Nel corso di tutto il gioco, pur senza esserceli annotati, ne avremo contati al massimo una dozzina scarsa. Un bestiario davvero troppo limitato.
Il suono della battaglia
Per quanto riguarda il sonoro occorre sottolineare l’ottimo lavoro svolto dalla produzione. Le colonne sonore che accompagnano i vari livelli sono tutte molto incalzanti e ben differenziate tra loro. Degna di particolare nota quella del terzo livello, dove il ritmo le percussioni si sposa perfettamente con la frenesia dei tempi di gioco. Gli effetti sonori, al contrario, risultano piuttosto monotoni e gracchianti. Non è tuttavia un elemento particolarmente grave dal momento che passano in secondo piano, coperti dalle ottime musiche.
Un livello per domarli…
Abbiamo raccontato dei boss, ma come sono i livelli che conducono ad essi? Partiamo dall’aspetto grafico che attinge a piene mani e si rifà quasi esclusivamente a tradizioni e leggende dell’estremo oriente circa demoni e creature ultraterrene. Estremamente curato e dettagliato, tutti i fondali sono disegnati in 2D e si è coerentemente optato per uno stile grafico che ricordi il disegno su carta di riso o la pittura su tela tipici della pittura tradizionale giapponese. I colori sono sapientemente sfumati, ed ogni livello ha delle tonalità predominanti. Nel primo, ad esempio, la faranno da padrone tutte le sfumature che vanno dal blu, all’azzurro, al turchese.
Naturalmente questa soluzione comporta un certo appiattimento dei fondali stessi, ma non ci sentiamo di annoverare questa caratteristica come un difetto, bensì la semplice conseguenza di uno stile artistico che risulta sicuramente in linea con il resto della produzione.
un livello per trovarli…
Di contro, come è facile immaginare, l’interattività con i fondali è del tutto assente. Nessun ostacolo o nessun nemico ci sparerà da terra. Anche questo, tuttavia, è un tratto più o meno distintivo dei Bullet Hell e pertanto non ci sentiamo di presentarlo come un difetto intrinseco. Ciò che invece costituisce un sicuro limite è la lunghezza dei livelli, davvero breve. Alcuni di essi propongono un Mid-level Boss, ma l’arrivare al cospetto del mostro finale è una questione di troppo breve durata. A questo dobbiamo aggiungere che i livelli sono soltanto cinque. Ecco allora che la longevità del titolo deve per forza di cose aggrapparsi solo alle varie modalità presenti o a cose tipo la ricerca del miglior punteggio.
un livello per ghermirli!
Sconfiggere i cinque boss del gioco è un’impresa non certo semplice, data l’intrinseca difficoltà del gioco, ma è comunque un’impresa che si esaurisce molto rapidamente. I continue sono illimitati e l’abilità di un giocatore si misurerà soltanto dal punteggio realizzato, che naturalmente si azzererà ad ogni volta che si deciderà di continuare.
Come accennato in precedenza, oltre alla modalità Arcade, quella principale, sono presenti anche altre opzioni di gioco. Hardcore e Novice, indipendenti dal livello di difficoltà, offrono rispettivamente la sfida di giocarsi tutto -il punteggio- in una sola vita (i continue sono comunque infiniti); il secondo garantisce invece ricariche complete all’inizio di ogni livello. Sono inoltre presenti la modalità Custom, della quale si è accennato in precedenza, ed infine una in modalità cooperativa locale per il più classico del divertimento 2P. Sono modalità di gioco abbastanza interessanti: ad esempio in quella custom si possono variare davvero parecchi parametri, in modo da garantire all’utente la possibilità di divertirsi con lo stile di gioco che gli è più congeniale. Globalmente tuttavia, al netto della sfida che più derivare dalle classifiche online dei punteggi, la longevità del titolo è davvero parecchio ridotta.
Opzioni d’interesse
Piuttosto ridotte le opzioni, che si limitano principalmente alla lingua dei sottotitoli ed alla possibilità di escludere o meno la colonna sonora e gli effetti. Purtroppo ci sentiamo di dover segnalare nella versione Switch, quella da noi provata, l’assenza della possibilità di poter giocare con lo schermo ruotato di 90° a joycon disconnessi. Così facendo si sarebbe aumentata notevolmente l’ampiezza dell’area di gioco che, al contrario, tenendo la Switch orizzontalmente, viene notevolmente ridotta da due bande laterali di notevoli dimensioni.
Conclusioni
Shikhondo: Soul Eater è un Bullet Hell che sicuramente mantiene fede alla tipologia di gioco a cui intende appartenere. Ritmo, frenesia, sfida ed una giocabilità senza aspetti bui sono senza dubbio i suoi punti di forza, in accoppiata a dei controlli molto precisi e convincenti. Anche lo stile grafico mostra una marcata personalità, rendendo l’aspetto del gioco decisamente cool e d’impatto.
Di contro varietà e longevità sono molto limitate e l’interesse per il titolo potrebbe scemare molto, troppo rapidamente. Un numero maggiore di livelli ed una più vasta varietà di nemici sarebbero stati requisiti davvero importanti. Indispensabili per far salire Shikhondo: Soul Eater nell’olimpo degli sparatutto verticali.