Vi è mai capitato di provare quell’insana sensazione del sentirvi osservati? Magari mentre siete da soli in casa a guardate un film horror, dove l’unica luce disponibile è quella della vostra TV, così cangiante da proiettare improbabili ombre che sembrano voler afferrarvi dai lati più oscuri della stanza. Forse state tornando a casa dopo una serata trascorsa fuori con gli amici e, mentre percorrete il solito viale poco illuminato che vi consegnerà alla sicurezza della vostra casa, giurereste d’aver visto un’ombra sgattaiolare fra le aiuole. Le piccole luminarie da giardino nascoste fra i cespugli, si trasformano in occhi vitrei che seguono ogni passo ed i rami dei tigli ordinatamente disposti sul viale tramutano in famelici artigli. Quando la realtà sembra sempre più assomigliare ad un vivido incubo, ecco spuntare da quell’aiuola l’audace fonte della vostra paura: un gatto. Sì, parlo proprio di quei morbidi felini a quattro zampe, tanto dolci quanto inequivocabili figli del male più assoluto. Scherzi a parte, è successo più o meno a tutti di sperimentare esperienze simili che coinvolgono una delle sfere più intime dell’emotività, ovvero la paura. Ma se vi dicessi che esistono dei luoghi dove la realtà e l’incubo s’incontrano dando forma a fenomeni paranormali che attendono in agguato le ignare vittime? Sto parlando di un luogo certamente fittizio, figlio del talentuoso team Protocol Games, ovvero Song of Horror.
Song of Horror è un’avventura survival horror ad episodi in uscita su PC il 31 ottobre. Durante la Notte delle Streghe saranno disponibili i primi due episodi dell’avventura, con i prossimi in arrivo rispettivamente a dicembre, gennaio e marzo, per un totale di cinque episodi.
Un carillon, una scomparsa ed un’oscura presenza
È un venerdì sera come un altro per Daniel. L’uomo entra finalmente a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Il suo appartamento è il tipico monolocale di un single che ha visto giorni migliori: cartoni di pizza risalenti a qualche giorno prima, un cucinotto non decisamente ordinato e sarei pronto a scommettere che lungo quella pila di documenti sul tavolo, ci siano diverse bollette in arretrato. Le sue lunghe occhiaie non mentono: i suoi precedenti problemi con l’alcol lo hanno portato a divorziare dall’ex moglie, una realtà che non ha ancora propriamente superato. Una chiamata interrompe il rimuginare dell’afflitto Daniel: è il suo capo e responsabile delle vendite alla Wake Publishing, Etienne Bertrand. Dall’altro capo del telefono l’instancabile Etienne è preoccupato per la scomparsa di uno scrittore, un certo Sebastian Husher, il quale avrebbe già dovuto consegnare un manoscritto martedì. Dopo un breve battibecco telefonico, Daniel decide di andare a controllare la residenza del signor Husher. Quel che non sapeva è che un abisso di terrore era pronto ad attenderlo, per fagocitarlo in un mondo buio ed aberrante, oltre il velo della realtà.
La curiosità uccide il gatto, come ben presto scoprì Sebastian Husher dopo aver fatto suonare quello che, all’apparenza, era un semplice carillon, liberando così la Presenza che tutt’ora infesta casa Husher e non solo.
Tante vite, una storia da raccontare
Dopo questo breve ma intrigante incipit del prologo di gioco, Song of Horror apre il suo ventaglio narrativo, non prima di averci fatto scegliere uno fra i quattro personaggi giocabili durante il primo episodio ambientato nella casa. A questi si aggiungeranno altri due personaggi, selezionabili durante il secondo episodio ambientato nell’inconsueto negozio d’antiquariato. Ogni personaggio è dotato di peculiarità e statistiche che riflettono la propria capacità nelle reazioni duranti gli eventi paranormali, nonché di un oggetto consumabile unico. Ad esempio, l’affascinante e coraggiosa Sophie, ex moglie di Daniel, può far affidamento su alcune candele profumate, utili per illuminare anche gli angoli più bui. Oppure la giovane Alina, esperta elettricista, ha in dotazione il suo radiotelefono che le segnalerà i livelli d’interferenza circostanti. Uniti a questi equipaggiamenti unici, ogni comprimario avrà la sua fonte di luce personale, che sia una candela o una torcia elettrica, fortunatamente inesauribili. Al netto della quantità di protagonisti selezionabili, la nostra avventura inizierà nell’eccentrica casa vittoriana del professor Husher, situata in 4 Abbot Thomas Road, per poi progredire nel secondo episodio nel negozio d’antiquariato della famiglia Färber. Durante l’esplorazione delle location, dovremo vedercela con una tensione horror ed investigativa sempre crescente, coadiuvata da una regia generale di buon livello, ed un’IA dinamica che reagirà in maniera imprevedibile alle nostre mosse, portando la Presenza a manifestarsi quando meno ce l’aspettiamo.
Ciò che colpisce immediatamente è la scelta della telecamera fissa, retaggio di molti survival horror tra cui i vecchi Resident Evil. Quella che sembra una mera scelta stilistica, enfatizza ulteriormente le fasi d’esplorazione, regalandoci quella sensazione di sentirci perennemente osservati, innalzando il tasso di tensione. Fortunatamente il titolo ci viene incontro con una serie di tutorial che chiariscono le semplici ma non banali meccaniche di gioco. Innanzitutto è opportuno confermare che, una volta perso uno dei personaggi la nostra storia progredirà attraverso la selezione di uno nuovo. Ciò significa che, alla morte dell’ultimo protagonista, l’avventura finirà, costringendoci a ricominciare l’episodio daccapo. Per evitare il più possibile le morti accidentali dettate dalla curiosità, Song of Horror ci insegna ad essere cauti, ascoltando ciò che accade al di là di una porta chiusa, attraverso la pressione di un tasto. Il nostro protagonista appoggerà un orecchio sulla porta: nel caso più fortunato non sentirà nulla, se non lo scricchiolio dell’antica casa, ma in quello più sfortunato potremmo udire suoni disumani, disturbanti e striscianti. Questa meccanica può portare non poca ripetitività alla lunga, ma già nel secondo capitolo della storia è possibile godere di qualche evoluzione nel gameplay. Se c’è un comparto nel quale il titolo eccelle, è proprio quello audio. Ogni nostro passo nella casa e scandito da uno scricchiolio, mentre la luce fioca della nostra candela illumina a mala pena ciò che abbiamo immediatamente vicino. Infatti, il suono ha un ruolo fondamentale nel gioco, con passi ovattati e repentini dal piano di sopra, sussurri e tremolii innaturali che riecheggiano nell’oscurità. Per fortuna, per chi ha problemi d’udito, c’è un’opzione per visualizzare segnali visivi quando ci si accinge ad origliare dietro una porta.
Nonostante la nostra dovizia e cautela nell’ascoltare ciò che ci circonda, potremmo comunque incappare nella Presenza che infesta la casa. Prima o poi questa ci troverà, scalciando contro la porta nel tentativo di divorarci. In una sorta di quick time event, dovremmo premere ripetutamente un tasto per costringere la Presenza al di là della porta, e poi un altro per chiuderla. Nella sua semplicità, questa meccanica regala momenti di puro brivido, coadiuvato dalla vibrazione del controller che simula il battito cardiaco. Altre volte ci toccherà nasconderci sotto un tavolo o in un armadio: in quei casi lotteremo contro la mostruosità intenta nel strapparci dalla realtà, cercando di calmare il nostro protagonista attraverso la pressione di LB+RT all’unisono col battito cardiaco, in un ciclo prima repentino, poi sempre più lento, fino al raggiungimento della quiete.
È chiaro che non esiste alcun combat system, anche se queste meccaniche possano portare un po’ di sequenze action in un titolo fortemente focalizzato sull’esplorazione e l’investigazione. D’altro canto Song of Horror ha dalla sua la presenza di diversi enigmi e puzzle. La maggior parte ruota attorno alla ricerca della chiave o dell’oggetto giusto per progredire, che di solito porta ad un altro puzzle. Non sono quasi mai banali, ed alcuni necessitano di buone capacità deduttive per essere completati, altri del classico oggetto chiave, mentre altri ancora risultano in un mero trial and error.
Graficamente Song of Horror riesce a convincere grazie ad un’ambientazione finemente renderizzata, che enfatizza gli ambienti angusti ed oscuri, attraverso un buon sistema d’illuminazione dinamica ed un’azzeccata palette di colori. Nel complesso regala un buono colpo d’occhio, con qualche incertezza però nelle animazione, non sempre fluide e credibili.