Dall’inizio alla fine, State of Mind è un gioco costellato da forti contrasti. Ha un intrigante setting fantascientifico, ma la storia che sta alla base del gioco cerca di portare forti tematiche sociali perdendosi però spesso in un bicchiere d’acqua. Il mondo di gioco ed i personaggi sono caratterizzati da modelli con pochi poligoni, ma vanta ottime texture e luci ambientali ben realizzate (contando il fatto che esiste anche una versione per Switch). È un gioco dal grande potenziale che però alla fine dei conti è riuscito solo a metà, con archi narrativi davvero interessanti ma con qualche cliché di troppo. Ha persino la voce del doppiatore di Geralt di Rivia, ma una sceneggiatura goffa e con qualche buco di trama, soprattutto nella fase iniziale.
Il nuovo progetto di Daedalic Entertainment è un’avventura grafica storia story driven, ambientata in un mondo in cui i progressi tecnologici hanno aggiunto degli scismi all’interno della società, piuttosto che aiutare a risolverli. Le risorse naturali si stanno esaurendo, guerre di droni imperversano in Medio Oriente ed una polizia “robotica” senza volto e armata gira per le strade. Ambientato principalmente a Berlino nel 2048 (anche se la storia si muove un po’ sulla sua linea temporale), il giocatore vestirà i panni di un certo Richard Nolan, un famoso giornalista che si riprende da un recente incidente automobilistico.
Scontroso, pungente e privo di abilità tangibili, Nolan si è fatto un nome indagando sulle non proprio lecite azioni del governo e, come ci si potrebbe aspettare, facendosi molti nemici lungo la strada. Tuttavia, la sua vita prende una piega ancora più oscura quando si rende conto che sua moglie e suo figlio sono svaniti in seguito all’incidente e, da lì in avanti, la trama cresce fino a coinvolgere una cospirazione a livello mondiale che interesserà milioni di vite.
Non è certo il più originale dei concept – traendo ispirazione da così tante fonti fantascientifiche, che vanno da Blade Runner a The Matrix – ma allo stesso modo, ci sono molti spunti interessati che ti faranno piacere il gioco (sempre che il genere ti piaccia). Con l’eccezione dei suoi modelli dei personaggi (che usano, per scelta, un aspetto poligonale nitido che alla fine dà loro una sensazione di essere di un gioco per PC, fine anni ’90, però è molto una questione di gusti), le ambientazioni sono quasi sempre una gioia per gli occhi, da esplorare per bene. Tutti gli ambienti sono davvero ben realizzati, con una cura ai dettagli a volte maniacale, ad esempio nella cucina di Nolan si possono notare dei segni di graffi.Ti fermerai sicuramente a osservare come gocce di pioggia martellano l’asfalto di una strada illuminata dai neon. Ti meraviglierai mentre una calda luce del giorno balla sul vetro di una bella mostra d’arte. Quindi l’aspetto tecnico, seppure con le dovute limitazioni date anche dal budget, è decisamente promosso.
Lo sviluppatore tedesco è riuscito a mantenere questi sorprendenti tratti visivi per tutta la durata dell’avventura, con solo una manciata di cali di frame nel corso della storia che dura circa 10-12 ore, ma lo stesso non si può dire per la storia inutilmente contorta di State of Mind. Persino la voce di Doug Cockle (alias Geralt of Rivia della saga di The Witcher) si sforza di portare spessore e drammaticità in una sceneggiatura sgraziata e in una trama che si destreggia in troppi archi narrativi.
I temi trattati o semplicemente accennati nel gioco sono davvero molti: il transumanesimo, la divisione sociale, l’impatto della sorveglianza e sul concetto di identità emergente, ma nessuno di questi ha portato davvero qualcosa di nuovo nel panorama fantascientifico e alla fine dei conti finiscono per mettere in ombra le parti più banali e semplici – ma molto più emotivamente risonanti – della vita di Nolan. Quei momenti – molto simili ai giochi di David Cage (che con Detroit: Become Human ha in comunque diversi aspetti) dove si ha empatia con i personaggi e ci si affeziona a loro. Sia che si tratti di fare una semplice colazione con un membro della famiglia, di guardare robot calamaro che tranquillizza una persona cara o semplicemente di sedersi per suonare una melodia al pianoforte, ti ritroverai a desiderare questi momenti mentre stai faticando per capire e sciogliere i misteri delle varie cospirazioni distopiche.
Per la maggior parte del tempo, dovrai camminare in scenari diversi interagendo con oggetti e persone, con alcuni occasionali mini-giochi che spezzano il lento progredire della trama. Alcuni di questi mini-giochi sono molto divertenti: pilotare un drone attraverso una struttura medica, evitare furtivamente le pattuglie e usare prese d’aria come un labirinto è un esempio – ma questi momenti non avvengono abbastanza spesso.
State of Mind restituisce la sensazione di essere un punta e clicca moderno, ma non si ha mai l’impressione che le tue decisioni abbiano un impatto tangibile sulla storia che stai vivendo. Ci sono alcune scelte narrative da fare in determinati dialoghi, ma la maggior parte delle volte la trama segue un percorso lineare che raramente devia da un percorso prestabilito. Con la sua ambientazione distopica, il tema transumanista e l’evidente amore per i triangoli (capirete giocando), è chiaramente un gioco che ha tratto molta ispirazione dalla moderna serie Deus Ex. Tuttavia, a differenza del franchise di Square Enix, State of Mind raramente offre un senso di pericolo palpabile.
Non esiste un vero combattimento di cui poter parlare, e qualsiasi sezione in cui ci potrebbe essere è stata tagliata a favore di una scelta più cinematografca. Ci sono diversi momenti invece costituiti da semplici elementi di puzzle – come usare i terminali per creare un percorso attraverso una stazione ferroviaria piena di sicurezza – così non ti senti mai veramente sotto pressione, nonostante tu stia seguendo una storia piena di nefande corporazioni, attentati terroristici e robot armati di fucili. State of Mind è ovviamente pensato per essere un un gioco con una trama che si dipana con lentezza calcolata, ma è spesso troppo lento per il suo bene.
State of Mind ha i suoi momenti di splendore – alcuni momenti della trama, soprattutto nell’atto finale, offrono un vero e proprio appagamento, ed il comparto tecnico è sicuramente ben realizzato. Ma per molta parte dell’avventura il titolo restituisce la sensazione di già visto, con cliché di fantascienza che molto probabilmente hai già visto innumerevoli volte. Una serie di minigiochi durante l’avventura aiuta a dare varietà alla lunga trama, ma un impacciato doppiaggio (a parte il formidabile Doug Cockle) e la mancanza di coesione tra le sue idee di gameplay rendono alla fine dei conti Sate of Mind un’esperienza confusa e con molto potenziale sprecato, che comunque consiglio per gli amanti del genere.
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