Storm Boy: The Game è la trasposizione nel mondo del videogioco dell’omonimo libro di Colin Thiele del 1964. Questo progetto raccoglie l’eredità della pellicola, ispirata allo stesso romanzo, riproponendo ancora una volta l’opera letteraria fuori dal suo habitat naturale. Il primo impatto è sicuramente affascinante. Infatti, fin dalle schermate del menu, ci si pone davanti una grafica ispirata, che sottolinea la natura da “fiaba”, proponendo uno stile assai vicino alla pittura. Sebbene risulti ben ottimizzato per PC, non è tutto oro ciò che luccica. Per gli interessati lascio un breve gameplay, rappresentante alcune sezioni.

La storia
Storm Boy approfondisce il legame d’amicizia tra uomo e animale, rapporto costruito su difficoltà, esperienze condivise e valori profondi come la fiducia. È la storia di un ragazzo, Storm Boy appunto, che dopo la morte della madre si trasferisce con il padre sulla costa meridionale australiana, in prossimità del fiume Murray. Un giorno il protagonista trova tre pulcini di pellicano, rimasti soli a seguito della morte della loro madre. Immediatamente il ragazzo deciderà di prendersene cura e di non abbandonarli ad un triste destino. Tra l’umano ed i pennuti nascerà un profondo rapporto, simile a quello tra padre e figli. I pulcini sono troppo piccoli per procacciarsi il cibo da soli ed uno di loro sembra gravemente malato.
Passano i mesi ed i pellicani crescono e si rimettono in forze, ma purtroppo arriva il momento dell’addio. Infatti il padre del ragazzo gli fa capire che il loro destino è quello di essere liberi ed indipendenti. Rattristato, Storm Boy accompagna i suoi tre amici sulla spiaggia per un ultimo addio, liberandoli. Tuttavia uno dei tre, Mr. Percival, tornerà indietro poco tempo dopo, diventando il migliore amico del suo padrone e dando inizio ad una lunga serie di avventure. Proprio con questa scena termina il prologo del gioco ed entriamo nel vivo della storia, seppure questa risulti davvero molto breve.
Un gioco sui generis
Il titolo si propone di trasportare il libro all’interno di un nuovo strumento narrativo, il videogioco. Eppure proprio nel tentativo di perseguire questo risultato, Storm Boy incappa in un paradosso, allontanandosi dall’idea classica di videogioco. Insomma avremo tra le mani un prodotto appartenente a quel filone moderno delle produzioni indipendenti, che pone l’accento sulla profondità e sul messaggio da trasmettere.
Infatti si tratta di un’esperienza lineare e che non permetterà un’esplorazione libera, lasciando al giocatore una scarsa possibilità di interagire con l’ambiente. Il gioco presenta comandi molto semplici, che non necessitano di tutorial. Tant’è che inizialmente ci limiteremo a far camminare, tramite la levetta analogica, il nostro Storm Boy. In contemporanea appariranno delle scritte in inglese, unica lingua del gioco, quando attraverseremo specifici punti che avranno la funzione di narrare gli eventi della storia.
Il gameplay si compone principalmente di un totale di nove minigiochi, in cui rivivremo attraverso una serie di attività il vissuto dei due protagonisti, spezzando così la monotonia degli scenari. Queste sezioni, contraddistinte da un ritmo per lo più lento e rilassato, hanno la finalità di offrire una maggiore libertà nell’interazione ed allo stesso tempo di aggiungere elementi assai graditi. L’insieme, accompagnato da musiche di sottofondo quantomeno azzeccate, risulta comunque coerente e strutturato.
Di contro però, il titolo di Blowfish Studios mostra il fianco a dei limiti, in primis per quanto riguarda la narrativa. La storia sembra infatti affrontata, a tratti, in maniera superficiale. Non solo per una durata di circa un’ora scarsa, ma perché alcuni elementi non vengono approfonditi adeguatamente, lasciando che i vuoti debbano essere riempiti dal giocatore stesso. Anche i minigiochi, sebbene come già detto risultino piuttosto gradevoli, a volte risultano fini a sé stessi, non riuscendo pienamente a far affezionare il giocatore alle ambientazioni o ai personaggi.
In conclusione
Tirando le somme, si può affermare che Storm Boy sia un gioco con una natura sicuramente duale: sotto l’aspetto narrativo, anche se con dei nei dovuti ad un non perfetto processo di riconversione da parte di Blowfish Studios e della sua natura indie, può offrire degli spunti interessanti soprattutto ad un pubblico più piccolo. Proprio quest’ultimi, attraverso l’attaccamento ai due personaggi, potrebbero essere spinti a delle riflessioni sul concetto stesso di amicizia, con l’aiuto di un adulto o meno.
Di contro, analizzandolo con un occhio più critico e nel suo aspetto più ludico, ci si rende conto dei limiti di questo gioco. Ci si sarebbe potuti aspettare benissimo una maggiore interattività per il giocatore, che risulta fin troppo guidato negli scenari principali, così come indubbiamente non avrebbe guastato affatto una maggiore attenzione e cura nei dettagli.