Un orso famelico veniva liberato per le strade di Chicago. Un incubo che tormentava il giovane e talentoso chef Carmen Berzatto (Jeremy Allen White), dopo aver rilevato il fatiscente ristorante del fratello, morto suicida. Zanne e rabbia evocavano un rapporto conflittuale che il nostro protagonista avrebbe dovuto superare, un doloroso lutto da elaborare, una significativa eredità familiare da raccogliere e fare propria. Una furia animale che riecheggiava nella cucina di The Original Beef of Chicagoland, vero e proprio campo di battaglia in cui Carmy doveva dirigere la sua indisciplinata truppa.
Così, tra sedani affettati ritmicamente e ferite di sugo grondanti sul pavimento, tensioni personali sempre sul punto di esplodere e debiti soffocanti come un cappio al collo, ognuno degli otto episodi della prima stagione di The Bear era una concitata battaglia (fino al culmine del settimo, Review, una sorta di 1917 di Sam Mendes tra i fornelli). Travolgente, spesso asfissiante, con quell’incombente orologio a parete a scandire i ritmi della cucina, giorno dopo giorno.
Ma riconciliandosi spiritualmente con il fratello Michael, Carmy scopre quel punto d’incontro tra il rigore dell’alta cucina su cui si è formato e la tradizione familiare. E trova un tesoro. In tutti i sensi. Anzi, sicuramente più in senso letterale. Perché grazie a questo, dalle ceneri del vecchio ristorante The Beef può sorgere The Bear, andando effettivamente a concretizzare quell’unione tra Carmy e Mike, tra la cucina gourmet e la cucina “de core” italoamericana. Ed è così che inizia la seconda stagione. Con questo nuovo punto di partenza, un sogno che parrebbe far tirare un respiro di sollievo a tutto il team. Ma non sarà così.
Perché i lavori di ammodernamento non potranno durare più di tre mesi e, dovendo ridefinire un nuovo menù, ristrutturare il locale e far crescere la brigata, questo tempo a disposizione sarà fin troppo poco. Una nuova scadenza incombente quindi. L’orologio continua a ticchettare. Perché come recita solenne il monito fissato sotto, “every second counts”. Non solo nelle cucine stellate, ma soprattutto nella vita. Lo scopriranno bene Marcus (Lionel Boyce), che dovrà lasciare la madre ammalata, per specializzarsi in pasticceria in Danimarca; Sugar (Abby Elliott), sorella di Carmen, che prenderà le redini organizzative, diventando project manager; Tina (Liza Colón-Zayas) e Ebra (Edwin Lee Gibson), che nonostante l’età ritorneranno studenti frequentando una scuola avanzata di cucina; Sydney (Ayo Edebiri), che dovrà tentare il tutto per tutto per realizzare il suo sogno, nonostante il partner Carmy non sia sempre presente, distratto da un’inaspettata storia d’amore. E lo scoprirà soprattutto l’impulsivo Richie (Ebon Moss-Bachrach), in piena crisi di mezza età, senza alcuna particolare abilità da offrire in supporto alla causa, completamente disorientato da questo cambio di rotta. Ma fintanto che le lancette ruotano nel quadrante, ogni secondo è utile per rimettersi in gioco.
Rimettersi in gioco. Fare squadra. Andare a segno. I nostri eroi sembrano essere passati da un film di guerra (prima stagione) a uno di sport (seconda stagione). In cui ogni membro del team sarà spinto ad allenarsi, cadere per poi rialzarsi, in attesa dell’adrenalinica partita: l’apertura del locale. E non è un caso che Sydney si prepari leggendo un saggio motivazionale di Mike Krzyzewski, il Coach K, celebre allenatore di basket. La stagione si struttura così come un lungo crescendo: i primi episodi risultano spiazzanti, in quanto permeati da una calma innaturale, straniante rispetto alla concitazione da cui venivamo. Si ha però modo di conoscere meglio uno dei personaggi finora tenuti più sullo sfondo, Chicago, i suoi vicoli affumicati e quei suoi cieli rumorosi. E soprattutto si entra nell’intimità dei protagonisti, scoprendo maggiormente quelle dolci fragilità che si potevano cogliere fugacemente e mai del tutto apprezzare tra un corpo a corpo e l’altro nella prima stagione. Ma poco per volta il tempo passa, la deadline si fa sempre più vicina e la tensione cresce. E per quanto i Bear-zatto sembrino perseguitati da una maledizione (memorabile il sesto episodio, Fishes, flashback esplosivo di un lontano Natale in cui verranno approfondite le dinamiche tra i parenti del protagonista), alla fine Carmy capirà, a sue spese, che da grandi poteri derivano grandi responsabilità.
Come un buon vino di pregio, The Bear pare migliorare di stagione in stagione. Non possiamo far altro che aspettare con ansia il successo e/o il fallimento di questo grande ristorante. Special guests: Bob Odenkirk, Sarah Paulson, Will Poulter e un’immensa (davvero!) Jamie Lee Curtis. Olivia Coleman ci regala infine un delizioso cameo, ciliegina sulla torta della stagione. O meglio, quenelle di gelato.
Recensione scritta da Francesco Guarnori di Remake all’italiana
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