“The conjuring”, serie cinematografica horror ideata da James Wan, è una delle più apprezzate degli ultimi anni il cui universo è in continua espansione come i film della Marvel. Basti pensare che nella loro cantina gli Warren hanno collezionato centinaia di reperti dei loro casi perciò, materiale per sfornare film non manca di sicuro. I primi due episodi della serie però, diretti dal medesimo regista e ideatore Wan, non si limitavano ad essere semplici pellicole piene di jumpscares e piatti volanti durante gli esoricismi.
Lo spettatore veniva lentamente accompagnato nella vita di ogni personaggio, nella sua quotidianità assistendo impotente a come questa venisse sconvolta dal male. La tensione andava via via crescendo insieme quasi ad un affetto per i protagonisti di ogni vicenda che faceva sentire terribilmemte partecipi e coinvolti nella storia. Questa si è sempre dimostrata essere l’arma vincente per questi horror un po’ fuori dal comune: una forte componente emotiva e sentimentale.
Se i vari spin off, eccetto a mio parere “Annabelle: the creation”, non hanno retto il confronto, come se la sarà cavata il terzo capitolo della saga originale “The Conjuring: per ordine del divaolo”?
Trama
Ed e Loraine Warren in questo episodio corrono in aiuto della famiglia Glatzel, sconvolta dall’insinuarsi nella loro vita di una figura maligna che ha preso possesso del piccolo David di appena 8 anni. Il film si apre con l’esorcismo condotto da padre Gordon sul povero bambino a cui assistono la famiglia e Arne Johnson, fidanzato della sorella di David. Sfortunatamente le cose non vanno per il verso sperato: in un impeto di disperazione il giovane Arne propone al demone di impossessarsi della sua anima per liberare il piccolo David. Presto detto, per il ventenne sarà l’inizio di un incubo e, sotto l’apparente influenza del demonio, commetterà un terribile omicidio rompendo l’idilliaca pace di Brookfield, cittadina del Connecticut.
I coniugi Warren saranno quindi richiamati in aiuto dal giovane per riuscire a dimostrare come le sue azioni fossero state a tutti gli effetti guidate dalla mano del diavolo e per farlo saranno costretti a scavare a fondo circa le origini dell’esorcismo fino ad un’amara scoperta. Che il male questa volta è reale e tangibile come non mai.
Cast
Patrick Wilson e Vera Farmiga tornano a vestire i panni di Ed e Lorraine Warren e che dire…sono come sempre perfetti. Di classe è la scelta di farli apparrire invecchiati, con due o tre capelli bianchi in più così da renderli più umani, non figure eteree non sottoposte allo scorrere del tempo. La chimica poi tra i due attori è l’assoluto punto di forza in tutta la serie di The Conjuring ed in questo film, in cui il valore dell’amore è fondamentale, questa complicità assume un ruolo ancor più rilevante.
Del cast originale poi ritroviamo Shannon Kook-Chun nel ruolo dell’assistente Drew e Steve Coulter in quelli di padre Gordon e, seppur la loro presenza è estremamente marginale e limitata ad alcuni brevi apparizioni, la riconferma dei loro volti trasmette una forte continuità con i primi episodi in pieno stile “squadra vincente non si cambia”!
Volti nuovi e freschi invece sono quelli di Julian Hilliard che interpreta il piccolo David Glatzel e Ruairi O’Connor che presta il suo volto per il personaggio di Arne Johnson. Concentriamoci prima su Ruari O’Connor, attore salito alla ribalta dopo l’interpretazione di Enrico VIII nella serie “The Spanish princess” distribuita su Starz e Amazon Prime.
Nulla da obiettare sulle sue doti recitative: ha vestito bene i panni del bravo ragazzo della porta accanto e, nonostante una certa celerità nel rappresentare i suoi stadi della possessione, con grande espressività è riuscito a trasmettere un disagio crescente e tensione psicologica.
Una meravigliosa sorpresa è stato imbattersi infine in Julian Hilliard, piccolo ma fin troppo promettente attore di 9 anni che pare sia molto avvezzo ad apparire in film di questo genere. La sua carriera è infatti decollata con una delle più belle serie tv thriller/horror degli ultimi anni, firmata Mike Flanagan: parlo della prima stagione di Hill House in cui interpreta il ruolo del piccolo Luke.
Il suo personaggio sfortunatamente è stato, a mio parere, poco approfondito e il suo backround sfruttato unicamente per creare quell’anello di congiunzione tra il giovane Arne e la famiglia Warren. Un peccato perchè in poche, ma efficaci scene, è stato in grado di gelare il sangue ancor più di una sinistra figura che spia dalla finestra.
Regia
Nel terzo capitolo della serie sul piano tecnico ci sono stati enormi cambiamenti: la regia, dalle mani dell’ideatore James Wan, è passata a Michael Chaves e la sceneggiatura è stata curata unicamente da David Leslie Johnson-McGoldrick che aveva collaborato in precedenza con i gemelli Chad e Carey Hayes che invece sono stati gli sceneggiatori dei primi due capitoli.
Lo sceneggaitore David Leslie Johnson-McGoldrick ha saputo mantenere un’ottima continuità con lo stile dei precedenti film. Come ho già spiegato all’inizio, la saga di The conjuring si è sempre distinta perchè poneva molto l’attenzione sui rapporti umani. Vi era l’idea di fondo che l’amore e l’affetto fossero le reali armi contro il male e questo pensiero è stato mantenuto e fortemente esaltato, a tratti forse anche troppo. Unica pecca? Un enorme buco di trama nascosto da una banale e fin troppo sfruttata filosofia di cui però non posso parlare…allerta spoiler.
Sfortunatamente non posso ossannare a cuor leggero il lavoro invece di Michael Chaves. Conosciuto per aver diretto il poco apprezzato La Llorona- Le lacrime del male, considerato uno spin off della saga di The Conjuring per la presenza di padre Gordon, è rimasto fedele allo stile di James Wan inserendo però alcuni suoi tratti distintivi come un uso invadente della musica e disturbanti giochi di luci.
La forte nota stonata a fine film si ritrova però in una scelta che all’inizio sembrava quasi apprezzabile: disseminati in tutto il film ci sono richiami a tante pellicole del genere horror che hanno fatto la storia. “L’esorcista“, “Psyco“, “Nightmare“, “IT“, “The conjuring. L’evocazione” stesso e , se a primo impatto si poteva trovare una scelta gradita e omaggievole, al termine della visione si fa strada una triste idea: poca poca originalità. E’ parso quasi che, per spaventare, il regista si sia dovuto servire delle scene più iconiche dei vari film sapendo già che avrebbero terrorizzato. Succo del discorso, la genialità di James Wan e del suo “giochiamo a battimani” manca enormemente.
