The Last of Us Parte I
La prima edizione di The Last of Us fu il canto del cigno della PS3. Un titolo che, rilasciato a fine generazione della console, riuscì a sfruttarne al massimo le potenzialità ed arrivare persino a chiedere più di quanto fosse possibile all’epoca, con qualche sbavatura e cali di framerate dovuti ai limiti dell’hardware su cui girava. Gran parte di questi problemi sono stati poi risolti con l’ottima remastered su PS4, che poteva anche permettersi modelli poligonali più realistici, animazioni più fluide e, in generale, un comparto tecnico migliore rispetto alla prima edizione.
Con The Last of Us Parte I, Naughty Dog ha invece intrapreso una strada un po’ diversa. Non si è limitata a riproporre una nuova remastered, ma ha creato un vero e proprio remake del titolo originale. Mantenendo intatti i momenti chiave della trama, proponendo un comparto tecnico di gran lunga superiore al passato, ed introducendo alcuni cambiamenti anche a livello di gameplay grazie anche alla rivisitazione di svariate location.
Riassaporiamo al massimo l’esperienza di gioco
Prima di parlare del gioco vero e proprio, che gran parte dei giocatori conosce ormai da anni, vediamo alcuni aspetti importanti per cui questo remake si differenzia dal passato. Partiamo subito dicendo che il gioco si attesta ad una risoluzione 4K con 60fps stabili, offrendo un’esperienza visiva di grande spessore anche grazie ad altri miglioramenti grafici di cui parleremo più avanti. Alla grafica si affianca un comparto sonoro ben studiato con effetti surround che, se abbinato al giusto impianto dolby oppure ad un paio di cuffie di qualità, aumenta di molto il coinvolgimento nelle varie situazioni, permettendoci di capire da che parte si stia avvicinando un certo nemico o da dove provengano determinati suoni ambientali.
Agli effetti audio-video si abbina un apprezzato utilizzo del DualSense, che Naughty Dog ha giustamente pensato di sfruttare al meglio. Il controller PS5 ci offre un’esperienza piacevole anche al tatto per quanto riguarda la gestione della vibrazione, per effetti sonori durante la creazione degli oggetti e per la possibilità di usarlo come altoparlante per i dialoghi. Quando creiamo un oggetto, l’effetto aptico che percepiamo varierà a seconda del tipo di oggetto creato: ad esempio, creare una bomba di chiodi ci dà un tatto di piccoli e ripetuti colpetti a simulare i frammenti metallici inseriti nella bomba; oppure preparare una molotov crea un piacevole effetto liquido, che sembra quasi scorrere tra le mani. Vale lo stesso per i miglioramenti apportati alle armi.
Altro effetto del DualSense avviene quando attraversiamo un fiume con le gambe parzialmente immerse, con una lieve e continua vibrazione che simula la resistenza dell’acqua che cerca di trascinarci via. Poi c’è l’arco, col pulsante per la mira – L2 di default – che “resiste” mentre lo tendiamo, alleggerendosi di colpo una volta scoccata la freccia. Un altro comportamento aptico degno di nota avviene quando ci aggredisce un infetto che, nel tentativo di morderci, crea una vibrazione più netta a simulare una chiara situazione di pericolo.
Uno dei punti di forza di The Last of Us è sempre stata la vastità ed il dettaglio con cui gli sviluppatori hanno curato le tante location del gioco, capaci di svariare tra ambienti chiusi ed all’aperto, a loro volta suddivisi in tante tipologie tra cui: case fatiscenti, magazzini abbandonati, laboratori, ospedali, fogne, dighe, baite, parcheggi e molto altro. In questo remake troviamo una cura ancor più maniacale dei già di per sé ottimi ambienti di gioco, nei quali troviamo molti più dettagli che in passato come, ad esempio, tavoli e scrivanie pieni di cianfrusaglie, distributori automatici da spaccare, giornali e riviste sparsi in giro, spazzatura accanto ai bidoni per strada, bottiglie e bicchieri nei bar abbandonati.
In alcune location abbiamo notato qualche lievissima sbavatura, con mensole ed oggetti che appaiono di colpo dopo aver messo piede in un ambiente chiuso ma, in un gioco dove tali oggetti sono forse nell’ordine delle decine se non centinaia di migliaia, possiamo evitare d’esser troppo pignoli. Anche perché, com’è facile immaginare, si tratta di cose di poco conto che non minano minimamente il gameplay né l’esperienza di gioco generale. Stesso discorso quando ci giriamo di scatto in un ambiente aperto molto vasto, con alcuni elementi che tardano una frazione di secondo ad essere caricati.
Molto ben riusciti sono gli effetti atmosferici e particellari in generale. Bellissima la pioggia, con tanti elementi sullo schermo che non creano neppure cali di framerate. Fatti benissimo risultano anche altri fenomeni, come la tempesta di neve, i fiocchi di neve che cadono lentamente in alcuni posti, il fumo emesso da un piccolo fuoco oppure da un grosso incendio, senza togliere l’ottimo effetto delle spore che fluttuano nell’aria in alcuni ambienti al chiuso.
Esplorare è sicuramente la cosa che più facciamo durante la nostra avventura, ed in questo remake avviene in modo ancor più piacevole. C’è un’enorme cura per i dettagli di ogni location, resa possibile grazie all’hardware della PS5 che gestisce le collisioni degli oggetti con una precisione davvero millimetrica. Ma il fattore che migliora nettamente l’esperienza di gioco è l’illuminazione, portata a livelli sublimi rispetto alla remaster PS4. Il Ray Tracing fa egregiamente il suo lavoro, gestendo in tempo reale gli effetti della luce del Sole. Diretta o attraverso il vetro di una finestra. Quella filtrante tra gli alberi di un bosco, o con vistosi ed ampi raggi solari che illuminano un sotterraneo passando tra gli squarci di una strada parzialmente crollata.
Assieme all’illuminazione, migliora di molto anche la qualità delle ombre, che danno un tocco in più d’atmosfera, soprattutto nei momenti in cui siamo braccati da bande di nemici umani o da gruppi di infetti. Chi ha buon occhio imparerà presto a capire la posizione di un nemico in avvicinamento, osservandone attentamente la densità e la proiezione dell’ombra, rendendosi conto di quanto tempo impieghi a sbucare da un angolo mentre cammina e in quale direzione stia andando. Da questo punto di vista è molto utile, soprattutto di notte od in ambienti molto bui, tener conto della direzione in cui i nemici puntano le torce, qualcosa che fanno meglio rispetto al passato con improvvisi e continui cambi di direzione.
Dobbiamo anche fare un elogio ai nuovi modelli dei personaggi, completamente rifatti da zero. Il risultato si vede soprattutto nei movimenti più fluidi e naturali, oltre che nelle espressioni facciali che sono uno dei punti di forza del remake. Durante i dialoghi, i volti – ora molto più realistici – mostrano espressioni che trasmettono più efficacemente lo stato d’animo del personaggio in questione, che può variare anche da un secondo all’altro in base alla frase appena detta da un compagno vicino. Ottimo lavoro soprattutto per gli occhi, ben definiti ed animati, che contribuiscono non poco a quanto appena detto.
Proprio i dialoghi sono migliorati e più completi, con maggiori interazioni tra i personaggi che rendono più chiari e trasparenti i rapporti tra due o più personaggi nei momenti di spensieratezza, tristezza, paura o disaccordo. Ottimo lavoro fatto anche su personaggi non protagonisti come Tess, Riley o il fratello di Joel.
In quanto alle texture dei personaggi, la qualità dei dettagli si nota soprattutto quando gli stessi si sporcano di sangue oppure si bagnano d’acqua, con macchie e schizzi molto realistici e resi in maniera dettagliata. Ottimo lavoro anche per i capelli, soprattutto quelli femminili, che ondulano in maniera ancor più realistica in fase di corsa o camminata; possiamo anche notare Ellie che talvolta, mentre cammina, porta le braccia indietro per legarsi meglio i capelli. Anche Joel è migliorato, con capelli e barba più bianchi, simili a quelli di The Last of Us Parte II.
Non solo grafica
Parlando di gameplay, un aspetto fondamentale è la gestione dell’IA. In passato, uno degli aspetti più criticati era il fatto che, spesso e volentieri, Ellie si spostasse da un riparo all’altro senza mai essere rilevata dai nemici, come fosse invisibile. Stavolta le cose andranno diversamente, dato che in più di un’occasione sarà la stessa Ellie a farci scoprire dai nemici a causa di qualche spostamento inopportuno. Per fortuna, ciò non accade spesso! Quando nei panni di Joel veniamo scoperti dai nemici, Ellie è invece piuttosto brava a scappare ed a combattere contro un singolo nemico, anche se per un tempo piuttosto limitato, poiché saremo comunque noi a doverla salvare senza tardar troppo.
Un buon lavoro è stato fatto anche sull’IA nemica, con avversari più intelligenti a seconda della situazione in cui ci troviamo. Il già visto sistema “a ventaglio” ordinato da qualche capobanda, quando iniziano a cercarci mentre siamo nascosti, sembra essere applicato persino meglio che nelle precedenti edizioni. Molti nemici che pattugliano in direzione di uno specifico punto, per poi girarsi e tornare indietro, lo fanno senza darci continuamente le spalle, con diversi momenti in cui si voltano di nuovo verso di noi mentre camminano all’indietro con l’arma in mano. Tecnica che a volte ci ha fatti scoprire mentre li seguivamo abbassati nel tentativo di prenderli alle spalle.
Quando agiscono in gruppi di 2 o 3, alcuni nemici sincronizzano bene i tempi in cui nascondersi ed attaccare. Ad esempio, se siamo nascosti dietro una colonna, uno di loro ci corre incontro e rallenta per aggirarci da sinistra con l’arma in mano, mentre l’altro si nasconde dietro un riparo a destra preparandosi ad uscire per circondarci. In questi casi, benché si possa sempre usare l’ascolto per seguirne posizione e movimenti, la loro strategia ci obbliga ad uscire allo scoperto per attaccarne uno al fine di coglierlo di sorpresa, esponendoci però inevitabilmente al fuoco dell’altro.
Alcune location sono state riviste in maniera più approfondita, per migliorare l’esperienza d’esplorazione nonché le fasi stealth contro gruppi numerosi di nemici. Chi ha giocato alle vecchie edizioni riconoscerà subito molte di queste, notando alcune differenze – talvolta anche sostanziali – nel level design o negli oggetti presenti sul posto. Ricordarsi di alcune location aiuterà molto a muoversi in modo efficace durante i combattimenti, oppure nascondersi durante le fasi stealth o quelle in cui i nemici ci braccano assiduamente, che siano umani armati o clicker affamati. Dobbiamo infine confessarvi che abbiamo avuto la sensazione che alcune di queste location siano state appositamente ideate per rendere la vita più facile al giocatore, evitando di creare momenti claustrofobici con spazi troppo stretti in cui muoversi o insufficienti ripari in cui nascondersi.
Non mancano i classici diari, taccuini, documenti e player multimediali sparsi negli ambienti al chiuso che documentano storie di famiglie ed amici caduti in disgrazia perché infettati, intrappolati, obbligati a mandare altri in cerca di scorte, costretti a fare del male per sopravvivere, e così via. Benché in numero limitato, in alcuni posti c’è nascosta bene anche qualche cassaforte, la cui combinazione va trovata in un apposito appunto scritto a mano, mai troppo lontano dalla cassaforte stessa.
Approfondimento: ecco la nostra guida sulle casseforti e combinazioni
Vale la pena comprare il remake?
Veniamo all’aspetto più controverso del gioco: lo scetticismo di tanti gamers nel comprare a prezzo pieno un gioco che, nonostante i cambiamenti apportati, hanno giocato e rigiocato anni fa. Vale la pena spendere 70/80 Euro per acquistare il remake di un titolo vecchio di quasi 10 anni e di cui abbiamo già giocato anche una remastered?
Approfondimento: The Last of Us Parte I è davvero necessario?
Prima di qualsiasi discorso o giro di parole, chi scrive vi dà una risposta: Nì. Nessuna indecisione nel dire sì o no, nessuna strategia per correre ai ripari da eventuali critiche o disaccordi di chi legge. Semplicemente sarebbe troppo soggettivo esprimere un sì o un no, poiché ciascuna delle due risposte non terrebbe conto di troppi fattori, che non possono certo essere trascurati. Ci teniamo a sottolineare che, dopo un’attenta riflessione, riteniamo che tale aspetto pesi sull’acquisto del gioco – così come influiscono gli aspetti tecnici, se non di più – e che vada quindi ad incidere sul voto finale di questa recensione, che avrebbe avuto almeno mezzo punto in più.
The Last of Us Parte I è un gioco coi fiocchi, un titolo che meritava assolutamente di vedere la luce con i miglioramenti permessi dall’hardware PS5, sfruttando lo stesso motore grafico di TLOU Parte II che ha visto la luce su una PS4 ormai tendente alla fine del suo ciclo vitale e che, grazie a questo, è stata sfruttata in maniera assolutamente incredibile così come fece all’epoca la prima versione di The Last of Us su PS3. Ciò che risalta all’occhio è soprattutto il comparto grafico, in primis per gli incredibili passi in avanti fatti sui personaggi ed i volti in particolare. Limitarsi tuttavia alla grafica sarebbe del tutto sbagliato e superficiale.
Giocando dall’inizio alla fine al gioco principale ed a Left Behind – quest’ultimo incluso e giocabile fin da subito – ci rendiamo conto dei tanti miglioramenti apportati al gameplay. Come già detto prima in questa recensione, l’IA nemica è qualcosa che fa la differenza tra il remake e le versioni precedenti, con miglioramenti di cui ci si accorge pad alla mano. Se a questo aggiungiamo il fatto che finalmente i nemici possono rilevare la presenza del nostro partner, ci rendiamo conto d’avere tra le mani un titolo in cui la nostra bravura non basta più da sola, ma dovremo contare anche su quella del personaggio che ci segue.
Non solo Ellie ma anche Tess, che ci aiuta per buona parte d’inizio gioco – oltre che puntare la pistola verso la stessa Ellie quando scopre che è infetta, atteggiamento più violento rispetto alla Tess maggiormente comprensiva delle vecchie versioni – sembra comportarsi meglio in battaglia, soprattutto in stealth, quasi fosse consapevole che stavolta i nemici possano rilevarla più efficacemente. Stesso discorso vale per il capobanda che affianca Ellie in una fase del gioco. Anche Riley se la cava bene in Left Behind, ma il discorso è un po’ diverso poiché i nemici appaiono soltanto nelle fasi finali, concentrando l’IA di Riley sulla corsa e sulle frenetiche arrampicate per sfuggire agli infetti che inseguono le due ragazze.
Una volta completato il gioco, ci sono tante piccole aggiunte sbloccabili che ci invogliano ad una seconda run. Grazie ai punti accumulati possiamo accedere non solo a bozzetti e modelli di gioco ma anche svariate opzioni come il mondo di gioco a specchio (in tutto il gioco, oppure che va a specchio ogni volta che moriamo); tantissime skin per Joel ed Ellie (tra cui magliette a tema di altri noti titoli come Shadow of the Colossus, Uncharted e addirittura God of War Ragnarok), oggetti per la creazione e munizioni infinite, audio 8 bit, tanti filtri grafici (dai classici seppia o monocromatico fino ai filtri dungeon, 8 bit o acquarello) e molto altro da scoprire.
I miglioramenti ci sono e sono innumerevoli ma, cosa più importante, non riguardano soltanto la grafica come tanti pensano senza neanche avervi giocato. E più di questa o qualsiasi altra recensione, per convincervi di ciò, occorrerà giocarci pad alla mano. Soltanto così ci si accorge dei miglioramenti apportati. Come in qualsiasi produzione videoludica, tanti miglioramenti richiedono anche un certo tempo di sviluppo, e di conseguenza risorse economiche. Il che porta ovviamente al prezzo pieno che troviamo nei negozi.
In altre parole, la risposta definitiva tende verso il sì (cioè che valga la pena comprare il remake), ma siamo certi che soltanto i fans accaniti della saga acquisteranno volentieri questo remake a prezzo pieno, mentre altri si limiteranno a metterlo nella lista dei giochi da comprare quando sarà in offerta.
Confessiamo che Sony avrebbe potuto fare uno sforzo per abbassare il prezzo di quel tanto che basta per convincere anche gli scettici ad acquistarlo, anche chi ha finito più volte la remastered. Proporre a prezzo pieno il remake di un gioco che ha già avuto una precedente remastered, seppur con i miglioramenti di cui sopra, fa storcere il naso ad alcuni (pochi) mentre fa arrabbiare la maggior parte dei gamers, che potrebbero lasciare il gioco sugli scaffali soprattutto per combattere questa politica dei prezzi, e non certo per demeriti del gioco.
Una soluzione intermedia sarebbe di smezzarne l’acquisto in digital con qualcuno con cui condividiamo l’account, in modo da avere un remake degno di tale nome senza spendere una cifra esagerata. Fermo restando che sia doveroso fare i complimenti a Naughty Dog per un remake davvero ben riuscito: una vera e propria opera audiovisiva interattiva. Nella speranza di vedere entro pochi anni anche un terzo capitolo della saga. Probabilmente un sequel, magari ancora con Ellie. Oppure chissà, magari un eventuale capitolo ambientato tra il primo ed il secondo, con Ellie e Joel ancora insieme.