Oltre alle celebri CD Projekt Red e Techland, il promettente settore videoludico polacco ha partorito altre software house capaci di ritagliarsi uno spazio importante nell’affollato mondo dei videogames. Bloober Team è una queste: dopo aver raggiunto una certa notorietà con Layers of Fear e Observer, ha proseguito nel suo percorso di crescita, implementando un organico ormai troppo consistente per la scena “indie” e ottenendo una fruttuosa collaborazione con Microsoft, per cui ha pubblicato in esclusiva temporale con l’intrigante Blair Witch.
The Medium è sicuramente il loro progetto più complesso e ambizioso, reso ancor più importante dal fatto di costituire la prima, vera produzione dedicata alle console next gen del colosso di Redmond. Dopo esserci immersi nei meandri di questo inquietante thriller psicologico, non ci resta che esprimere il nostro giudizio su un’opera ricca di spunti interessanti, seppur non del tutto espressi nel miglior modo possibile.
Il Resort degli Orrori
Nel 1999 la Polonia è finalmente libera dall’oppressione del regime sovietico. La caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda hanno lasciato un paese ridotto in macerie, segnato dalle cicatrici di mezzo secolo di sofferenze. La breve premessa storica è utile alla comprensione del contesto dell’avventura che, nel corso del suo svolgimento, riprende alcuni degli episodi menzionati. La protagonista della vicenda è Marianne, una ragazza orfana di entrambi i genitori che, dopo un’adolescenza a dir poco travagliata, viene adottata da un gestore di pompe funebri. Il benevolo Jack conosce e accetta lo straordinario dono della ragazza, dotata della capacità sovrannaturale di interagire con gli spiriti dei defunti. Un’abilità che ha profondamente segnato la vita della nostra eroina, perennemente sospesa tra la dimensione dei vivi e quella dei morti.
La donna che ci troviamo di fronte nelle sequenze iniziali di The Medium è una persona matura, ormai abituata alle visioni raccapriccianti procurate dal sua abilità e che si appresta a dare l’estremo saluto al suo mentore, deceduto da poche ore. A seguito del funerale, Marianne riceve una telefonata da uno sconosciuto, disposto a far luce sull’oscura infanzia della sensitiva, in cambio della sua presenza al Niwa Resort. Nonostante sia ancora sconvolta dalla dolorosa perdita, la giovane decide di mettersi in sella alla sua moto e di incontrare il misterioso interlocutore nel luogo stabilito, un’enorme struttura abbandonata, portatrice di un passato terrificante. Le otto ore circa necessarie a completare The Medium sono incentrate su un percorso narrativo guidato e non particolarmente originale, che alterna lunghe sequenze filmate a sporadici jump scare e colpi di scena.
Giunti ai titoli di coda, è palese che il principale obiettivo dell’opera è quello di raccontare una storia drammatica e angosciante, coinvolgendo lo spettatore in un contesto claustrofobico, intriso di una violenza che non necessita di particolari manifestazioni visive. Il titolo si muove su un “binario unico” dal ritmo molto cadenzato, rafforzato dall’arte visionaria del pittore Zdzisław Beksiński e dall’ottima scrittura dei suoi autori. La mancanza di libertà non viene mai percepita come un limite e l’intera esperienza risulta sicuramente godibile.
Silent Evil
L’opera di Bloober Team propone un gameplay estremamente classico che attinge a piene mani da titoli come Resident Evil e Silent Hill. La telecamera fissa, la “legnosità” della protagonista e la scarsa interattività degli scenari pre-renderizzati ricordano i brand di Capcom e Konami, rispetto ai quali The Medium si differenzia in alcuni aspetti. Il gioco è interamente basato sul superamento di una lunga serie di “stanze” dalle dimensioni piuttosto ridotte, all’interno delle quali dovremo reperire gli elementi utili alla soluzione di semplici enigmi. L’aspetto più originale della produzione è costituito dallo “split screen” che permette di gestire contemporaneamente la protagonista sia nella dimensione reale che in quella spiritica. Le azioni compiute influenzano entrambi i piani paralleli, in una meccanica resa più accessibile dalla visibilità dei pochi punti d’interesse (evidenziati dalle icone preposte all’interazione) e da una sorta di “sesto senso” che ci permette di scorgere collegamenti e oggetti celati.
Qualora ci trovassimo di fronte a ostacoli apparentemente invalicabili, potremo abbandonare per pochi secondi il nostro corpo e trasferirci completamente nella dimensione “onirica”. Questa funzione è subordinata alla scarsa consistenza della controparte “spiritica” che inizierà letteralmente a sgretolarsi con il passare del tempo, fino a giungere all’inevitabile game over. Come anticipato, i puzzle non costituiscono una sfida impegnativa e il più delle volte saremo costretti a reperire un determinato oggetto da posizionare in uno specifico alloggiamento oppure a fornire energia ad un interruttore. Con questo non vogliamo affermare che gli enigmi siano poco stimolanti e banali, bensì che gli appassionati del genere li supereranno in scioltezza, riducendo drasticamente la durata complessiva del gioco.
Le uniche varianti alla meccanica descritta sono costituite dagli incontri con il nemico principale del gioco, una mostruosa creatura capace di inseguirvi in entrami i piani dimensionali. Visto che non saremo capaci di sconfiggerla, avremo solo due alternative: la fuga e l’approccio stealth. La prima (che costituisce la dinamica più “action” del gameplay) consiste nella pressione continuata del comando preposto alla corsa, fino al raggiungimento del punto in cui saremo al “sicuro”. Nel secondo caso invece saremo costretti ad aggirare la sorveglianza del mostro, nascondendoci dietro determinati elementi dello scenario, fino al raggiungimento dell’uscita. Purtroppo questa fase è probabilmente l’aspetto più deludente del titolo, considerata la scarsa intelligenza dell’antagonista che si limiterà sempre a seguire un percorso di pattuglia prestabilito (facilmente tracciabile) oppure resterà immobile ad aspettare che compiate l’unica azione possibile per superarlo. La situazione migliora nelle fasi finali dell’avventura, incentrate spesso su un confronto “diretto” con il nemico e ricche di escamotage maggiormente diversificati rispetto ai primi incontri.
Abbiamo apprezzato la scelta compiuta da parte degli sviluppatori di non dare troppo spazio a queste sezioni, che occupano solo una piccola percentuale della storia e non brillano di certo per la realizzazione. The Medium può essere considerato come un “thriller psicologico” e il motivo risiede nella quasi totale assenza delle meccaniche tipiche dei survival horror. La mancanza di nemici da affrontare e della conseguente necessità di razionare i consumabili, unite ad uno stile inquietante ma che molto raramente vi farà saltare dalla sedia, rendono l’esperienza di gioco molto più introspettiva che realmente spaventosa. La scelta è dettata dal fatto che l’utente è invogliato ad esplorare ogni singolo segmento delle ambientazioni (senza temere lo spreco continuo di risorse), alla ricerca dei numerosi file di testo (cartoline, quotidiani, pagine di diario ecc…) fondamentali alla comprensione della storia. Tramite il nostro sesto senso avremo la possibilità di estrapolare i “ricordi” legati ad alcuni oggetti, altrettanto utili ad ottenere una panoramica completa della vicenda. Una gestione dei collezionabili che abbiamo trovato molto interessante, capace di andare oltre il mero accumulo di trofei.
Nel complesso il gameplay del titolo ci ha divertito e appassionato, pur non presentando aspetti sensibilmente innovativi e originali. L’opera di Bloober Team ha il grande merito di riuscire a trasformare i propri “limiti” di ritmo e interattività in punti di forza, focalizzando l’attenzione dello spettatore non sugli enigmi (tanto numerosi quanto di facile soluzione), bensì sul suo principale obiettivo: raccontare una storia.
Next retrò
Il vero tallone d’Achille di The Medium è il comparto tecnico. La qualità complessiva del prodotto è discreta, ma siamo lontanissimi dalle aspettative di un prodotto next gen. La telecamera statica ha spesso il merito di fornire inquadrature molto cinematografiche ma costituisce, nello stesso tempo, un limite ai movimenti della protagonista che resta a volte incastrata in ostacoli invisibili. Il contrasto tra il design della splendida dimensione spirituale e gli anonimi scenari della realtà è eccessivamente marcato, mentre in entrambi si nota una qualità delle texture piuttosto altalenante. Le animazioni di Marianne e le sue abuliche espressioni facciali lasciano molto a desiderare, soprattutto nelle fasi più “drammatiche”, dove mostrano il fianco ad una realizzazione tutt’altro che impeccabile. Discreti gli effetti di luce, che si fanno notare maggiormente nelle sequenze filmate, all’interno delle quali è possibile ammirare i riflessi dinamici sulle bellissime maschere dei defunti.
Per mantenere un frame rate stabile, gli sviluppatori hanno adottato una ormai “classica” nebbia nelle ambientazioni più aperte, e un sensibile calo di risoluzione (dai 30fps in 4k, ai medisimi frame per secondo nei 900p) nelle sezioni in “split-screen”, una scelta che non inficia la godibilità del titolo ma che comunque mostra i limiti di un motore grafico obsoleto. La notevole velocità dei caricamenti viene spesso interrotta da brevissimi “freeze” nel passaggio tra una sezione e un’altra, un piccolo difetto che pur senza rovinare l’esperienza di gioco, resta chiaramente percepibile.
Discorso diverso per l’ottima soundtrack di Akira Yamaoka, artista giapponese creatore della colonna sonora di Silent Hill, che, pur senza raggiungere i fasti del passato, riesce ad immergere il giocatore nella cupa atmosfera del titolo. Buoni gli effetti sonori e il doppiaggio degli interpreti inglesi, capaci di imprimere il giusto pathos alle inespressive figure presenti sullo schermo.
Tra Sogni e Realtà
The Medium è un titolo che ci ha lasciato sensazioni contrastanti. Se da un lato abbiamo apprezzato la sua atmosfera onirica e ci siamo lasciati coinvolgere da un gameplay appassionante nella sua semplicità, dall’altro non possiamo chiudere un occhio di fronte ad un prodotto tecnicamente arretrato, ricco di sbavature e sgradite imperfezioni. Un vero peccato vista la solidità della trama e l’originalità delle idee proposte, impreziosite da una direzione artistica tanto ispirata e visionaria. L’ultima opera di Bloober Team segna un sensibile passo in avanti nelle produzioni della software house polacca, senza tuttavia permetterle di raggiungere l’eccellenza che ci saremmo aspettati. Il titolo, al netto delle imperfezioni segnalate, resta consigliato a tutti gli amanti del genere e potrebbe segnare l’inizio di una nuova saga videoludica da cui è lecito attendersi un futuro migliore.
Versione Provata: Xbox Series X