The Outer Worlds, uscito lo scorso anno su PC e console PlayStation 4 e Xbox One, è stato universalmente apprezzato da critica e pubblico come un buon RPG, arrivando addirittura ad essere candidato a Game of the Year ai Game Awards 2019. L’intrigante universo narrativo costruito da Obsidian, nonostante alcune incertezze tecniche, è stato quindi in grado di conquistare gli utenti. Ora, nonostante il lavoro travagliato incappato anche nel rinvio per l’emergenza COVID-19, il titolo pubblicato da Private Division è approdato anche finalmente su Nintendo Switch.
Le stelle non possono essere messe in tasca
Abbiamo già recensito approfonditamente il titolo all’uscita, elogiando l’inventiva originale di Obsidian e la profondità del sistema ruolistico, ma ponendo anche attenzione al comparto tecnico non eccelso, alla poca varietà nel design e all’IA scadente. Tenendo in considerazione questi elementi (che trovate approfonditi nella recensione), in questo caso vorrei concentrarmi sulla “qualità di vita” che offre questo porting, realizzato da Virtuos Studios (già responsabili della versione Switch di Dark Souls Remastered).
La prima caratteristica da notare è il fatto che è stata inserita un’opzione per sfruttare i controlli di movimento dei joy-con: è infatti possibile utilizzarli, abilitando l’opzione relativa, per gestire la mira manuale del personaggio. Una feature interessante, che certamente può rendere l’esperienza più peculiare e che può essere regolata in diversi modi, ad esempio unendola alla gestione con gli stick analogici, oppure riservando il controllo di movimento solo alla fase di mira.
Gli elementi però che potrebbero spingere un utente ad interessarsi all’acquisto di questa versione del gioco finiscono qui: The Outer Worlds su Switch mostra tutti i limiti tecnici della console Nintendo, proponendo un’esperienza incredibilmente castrata e al limite del fastidioso in alcuni frangenti. Non appena sbarcati su Terrarium 2 infatti, possiamo subito notare quanto si sia dovuti a scendere a compromessi, tra texture a bassa risoluzione e poco definite che a volte nemmeno si caricano, continui pop-up, ombre messe a caso, fondali opachi e troppo sfocati, arrivando ad infastidire la vista e a rendere la profondità incredibilmente piatta. La risoluzione raggiunge a malapena i 720p in docked, precipitando a un massimo di 540p con un minimo di 384p in portatile. Problemi che continuano nel momento in cui iniziamo a muoverci, notando il framerate molto ballerino (che fatica a mantenere i 30 fps, sia in portatile che in docked, e sostanzialmente si disintegra nei momenti più concitati) e diversi momenti di stuttering. Aggiungiamo all’equazione tempi di caricamento esageratamente lunghi, e la frittata è servita. Purtroppo queste problematiche inficiano parecchio l’esperienza di gioco, io stessa ho dovuto interrompere più volte non tanto perché volessi, ma a causa dei fastidi alla vista, con conseguente mal di testa, causati dal framerate disastroso e alla sfocatura dell’ambiente di gioco. Questione che riguarda entrambe le modalità, ma che si amplifica in portatile: gli ambienti di The Outer Worlds risultano infatti molto limitati nella loro estensione nella modalità portatile a causa dello schermo ridotto: portarsi in giro i propri titoli e giocarli ovunque è certamente accattivante, ma forse non è la resa più adatta per un titolo del genere.
Fortunatamente questa versione di The Outer Worlds include anche la possibilità, introdotta dopo l’uscita, di gestire la grandezza dei sottotitoli che risulta più che gradita. Un altro problema però in cui mi sono imbattuta (nonostante l’opzione fosse abilitata) è stata la scomparsa dei sottotitoli in italiano in alcune fasi di dialogo: questo potrebbe non essere un problema per chi mastica l’inglese senza problemi, ma risulta un ostacolo piuttosto pesante per chi non lo conosce bene e desiderasse affrontare questa esperienza, vista l’importanza di prestare attenzione alle parole degli NPC in un GDR come questo, in cui sono presenti parecchie linee di dialogo più o meno importanti.
Il comparto audio risulta essere quello meno “castrato” di questa versione, proponendo un’ottima resa delle musiche, con però alcuni problemi manifestatisi sempre nei momenti più concitati. La soundtrack è sempre piacevole da ascoltare, così come il buon livello del doppiaggio inglese.
Era davvero necessario?
Giunti a dover tirare le somme in relazione alla valutazione di questo porting, vorrei fare una precisazione: la qualità del gioco in sé non viene messa in discussione. The Outer Worlds è un buon GDR, che può dare ottime soddisfazioni agli amanti del genere, regalando momenti piacevoli e divertenti e un buon approfondimento narrativo di un mondo ben costruito e interessante. Ma, come succede ultimamente per molti titoli, sembra esserci una necessaria urgenza di portare queste esperienze su Switch, pur non essendo queste state pensate per l’ibrida Nintendo. Il risultato non può che essere nella totalità dei casi mediocre, e a volte scadente. La responsabilità non va tanto ai team di sviluppo che si occupano dei porting, che fanno quello che possono, ma ai publisher che sentono l’esigenza di dover monetizzare anche in questo modo. Personalmente, non posso essere d’accordo con questa idea del porting a tutti i costi, trovandomi poi davanti a prodotti come questo, costretta a valutare negativamente un’esperienza di gioco che originariamente non era tale.
La versione Switch di The Outer Worlds è esattamente questo: una non necessaria mutilazione di un buon titolo, che non mi sento sinceramente di consigliare, se non nel caso di assoluto desiderio dettato dalla necessità di voler giocare il titolo di Obsidian possedendo unicamente Switch.