Come annunciato precedentemente, abbiamo provato la versione non VR del rogue-like in stile horror di Firesprite Games, The Persistence. L’obiettivo della casa nipponica era quella di portare l’esperienza di gioco inizialmente pensata per Playstation VR sulle altre piattaforme (Xbox One, Switch, PlayStaton 4, PC) senza però perdere la brutalità e il terrore che ha saputo infonderci la versione in realtà virtuale. Sarà riuscito lo sviluppatore nella sua impresa? Scopriamolo insieme nella nostra recensione.
Serena, abbiamo un problema…
La storia del gioco è rimasta ovviamente la stessa di quella in realtà aumentata. Vestiamo i panni di Zimiri, membro dell’equipaggio della navicella spaziale che è ora infestata di mutanti. Il computer incaricato di clonare la coscienza dell’equipaggio in nuovi contenitori corporei ha dato vita, a causa di un’anomalia, a mostri non più umani che faranno di tutto per metterci fuori gioco. Il nostro compito è quello di riparare l’astronave e fuggire da quest’incubo spaziale. Nel farlo però si morirà un numero abbastanza alto di volte, perlomeno finché non si sarà presa la mano con tutti gli strumenti e le armi che abbiamo a disposizione. Questo ciclo di vita-morte continuo ha avuto una linea logica dagli sviluppatori, che ad ogni morte ci faranno tornare in gioco iniettando la coscienza di Zimiri in un involucro nuovo. Durante le sessioni di gioco possiamo trovare infatti corpi dell’ormai deceduto equipaggio, che ci possono tornare utili per ritornare in vita con bonus rispetto al corpo base.
Andando avanti nella campagna si farà avanti un numero sempre maggiore di mutanti, da enormi mostri in grado di eliminarci con un colpo, a nemici più subdoli che si nascondono nell’ombra e ci attaccano al momento giusto. Questo roster di nemici, unito alla creazione procedurale dell’ambientazione dell’astronave ogni volta che si muore, rende il gioco sempre diverso e terrificante.
Stealth, armi e potenziamenti
In The Persistence è fondamentale adottare un approccio stealth, soprattutto nelle fasi iniziali del gioco in cui equipaggiamento ed abilità sono ridotte al minimo. La nostra protagonista infatti, oltre all’arma principale, indispensabile per estrarre materiale genetico dai nemici utile ad ottenere potenziamenti, ha altre dotazioni che possiamo usare fin da subito ma che non sono abbastanza per fronteggiare più di un nemico alla volta. Per proteggerci dagli attacchi, se veniamo scoperti, abbiamo a disposizione un campo di forza che però resiste solo un secondo e ha una barra che si esaurisce molto presto se usata spesso. In aggiunta allo scudo, risulterà molto utile utilizzare il teletrasporto, anch’esso con disponibilità molto limitata (in alcune parti del gioco non sarà nemmeno possibile utilizzarlo). Questo strumento è molto utile per raggiungere zone sopraelevate o evitare ostacoli/nemici se vogliamo raggiungere rapidamente zone che ci porteranno al sicuro, come teletrasporti o portali per un diverso ponte dell’astronave. Ultima ma non per importanza, la capacità di attivare una visione che penetra muri ed oggetti e ci rivela per una frazione di secondo i nemici dietro di essi. In più di un’occasione sono riuscito a vedere preventivamente nemici accucciati dietro l’angolo pronti a saltarmi addosso (PAURA).
Che sia per rendersi la vita più facile, o per essere preparati nel caso in cui due o tre mutanti ci attacchino contemporaneamente, o per evitare l’approccio stealth e passare al buon vecchio punta e spara, durante il gioco possiamo creare o trovare diverse armi. Nonostante non brillino per originalità, queste risulteranno essenziali per cavarsela nelle situazioni peggiori e proseguire all’interno del gioco. Sfruttando macchinari sparsi nella mappa possiamo usare materiale genetico per forgiare armi e/o ricaricare i colpi se ci troviamo a secco.
Oltre alle armi ci sono diversi gadget a disposizione che possono rivelarsi terribilmente utili nel superare ambienti che brulicano di mutanti. Bombe che distraggono i nemici o che donano una temporanea invisibilità sono solo alcuni dei potenziamenti che dovremo saper dosare con cautela. Ricordiamo che se sfortunatamente si dovesse morire, tutto il nostro equipaggiamento e le armi verrebbero persi.
Un aiuto permanente che non ci lascia dopo la morte sono gli schemi per l’armatura e i potenziamenti delle nostre statistiche. Utilizzando dei particolari gettoni e la valuta del gioco, è possibile ottenere potenziamenti dell’armatura permanenti che ci renderanno più facile le sessioni di gioco. Sfruttare le risorse per aumentare salute, scudo o materia oscura risulta altrettanto importante.
Com’è l’esperienza senza visore di “The Persistence”?
Abbiamo testato il titolo in anteprima su Xbox One X, sfruttando una tv 4K, il pad e un buon paio di cuffie. Premetto subito che, nonostante personalmente non abbia mai provato il gioco su Playstation VR (ma ne trovate la recensione proprio sul nostro sito), si capisce fin da subito che il gioco sia stato concepito per un utilizzo diverso. Il puntatore fisso, che oltre a mirare va indirizzato sulle serrature e sugli oggetti, il sistema di shooting e parry risultano poco precisi e macchinosi. Nonostante questo però, The Persistence è riuscito a tenermi sulle spine e non ho mai trovato difficoltà insuperabili nelle fasi di combattimento. Rispetto alla versione VR, gli effetti visivi sono notevolmente migliori e riescono a rendere meglio il terrore di percorrere un corridoio buio mentre si sente qualcuno singhiozzare nelle tenebre.
Parlando di singhiozzi, l’audio di The Persistence è forse l’elemento chiave per gustarsi al meglio l’elemento horror. Versi minacciosi, rumori di passi, pianti e grida in lontananza sono resi perfettamente da effetti audio calibrati a dovere e di alta qualità. Giocato di notte con le cuffie, sfido chiunque a non spaventarsi almeno una volta durante la campagna. L’utilizzo del controller al posto del visore poi, è stato reso al meglio con il sistema di vibrazione. Ogni passo, ogni singolo passo che facciamo attiva la vibrazione del controller. Se all’inizio ero infastidito da questa scelta, man mano che andavo avanti nel gioco mi sono ricreduto e ho sfruttato questo ritmo per perdere la cognizione della realtà ed immergermi a pieno nel gioco.
Concusioni
The Persistence: Complete Edition ha come obiettivo quello di garantire il più possibile l’esperienza di gioco già proposta in versione realtà virtuale, anche senza visore. La durata di 7 ore (in media) è soddisfacente, il porting ha arricchito di molto gli effetti grafici ed il lavoro in questo senso è apprezzabile. Lo sforzo dello sviluppatore di trasportare un’esperienza che solo il Playstation VR poteva dare è encomiabile e parzialmente riuscito, anche se risulta evidente la prima idea di gioco per il VR. Consiglio il titolo a chi non ha ancora provato The Persistence, mentre non mi sento di consigliarlo a chi già possiede la versione VR.