Gli sparatutto in soggetiva sono ormai tra i generi più in voga dell’ultimo ventennio videoludico. Nati originariamente su PC e adattati con grande maestria alle console, continuano a conquistare un numero sempre maggiore di appassionati indipendentemente dall’ambientazione proposta. La meccanica che consente di vivere l’esperienza di gioco attraverso gli occhi del protagonista contribuisce al coinvolgimento del giocatore, rendendolo partecipe degli eventi narrati sullo schermo. Uno dei giochi che ha contribuito maggiormente al successo di questa tipologia di prodotti è stato sicuramente Wolfenstein 3D, terzo capitolo di un brand entrato ormai di diritto nella storia del videogame. Il titolo, nato da una geniale intuzione di id Software, proponeva una storia di eroismo e violenza in cui, nei panni di un indomito soldato, dovevamo massacrare centinaia di crudeli nazisti.
Dopo un lungo periodo di ingiustificata assenza, la serie è tornata sulle piattaforme di ultima generazione in grande stile, grazie alla produzione di Bethesda Softworks e al talento dei Machine Games. I tre episodi dedicati alle cruenti avventure di William B.J. Blazkowicz hanno convinto sia il pubblico che la critica, soddisfatti dalla riuscita interpretazione della saga in chiave moderna. Wolfenstein: Youngblood vanta la presenza anche dei ragazzi di Arkane Studios (Dishonored) nella cabina di regia e promette una piccola rivoluzione multigiocatore nel brand che, pur restando ancorato ad un’esperienza single player, consente di vivere l’intera avventura in compagnia di un amico. Buona idea o tentativo azzardato? Vi basterà proseguire nella lettura della nostra recensione per scoprire la risposta.
A.A.A. Cercasi Eroe Smarrito
La storia presente in Wolfenstein: Youngblood è ambientata esattamente 20 anni dopo quella di The New Colossus. L’intrepido B.J. Blazkowicz ha assassinato in mondovisione la perfida Frau Engel, dando una chiara dimostrazione di come la piaga nazista possa essere debellata. Un gesto clamoroso, che ha permesso la creazione di un nuovo movimento rivoluzionario americano, capace di eliminare l’esercito crociato dal suolo a stelle e strisce. Ovviamente l’impresa dell’eroe e dei suoi alleati non è bastata a mettere in ginocchio il possente apparato militare tedesco, saldamente presente nel vecchio continente e deciso più che mai a soffocare la ribellione nel sangue.
Le gemelle Jess e Soph sono le figlie del leggendario protagonista dei primi tre capitoli della saga e sono nate e cresciute in un mondo oppresso, pronte a combattere grazie all’addestramento impartito dai genitori. Dopo una breve sequenza che le mostra all’opera, il titolo si apre con la prima missione parigina, in cui le sorelle sono alla ricerca del padre misteriosamente scomparso. Piccolo preludio di quella che sarà una lunga avventura che, pur avara di soluzioni originali e colpi di scena, riesce a conquistare l’utente fino ai titoli di coda. L’ottima longevità del titolo è sicuramente uno dei suoi punti di forza, in quanto ci siamo imbattuti raramente in un FPS esclusivamente basato sullo story mode così appassionante e duraturo.
Bloody Sisters
Dopo aver selezionato la vostra eroina preferita (opzione puramente estetica), avrete la possibilità di modificarne l’aspetto, optando per una delle abilità disponibili. La prima vera novità proposta è nel settaggio dell’inedita componente online, che potrà essere aperta a tutti i possessori del titolo, oppure limitata in una sessione privata nella quale richiedere la partecipazione di uno dei vostri amici. Ovviamente, se doveste preferire affrontare l’avventura in solitaria, la CPU provvederà a gestire la protagonista che avete lasciato “libera”, con i risultati altalenanti di cui vi parleremo in seguito. Acquistando l’edizione Deluxe, inoltre, potrete usufruire di un “Buddy Pass” che vi darà la possibilità di invitare anche un utente sprovvisto di una copia del gioco, limitandone l’utilizzo in vostra compagnia. Un sistema interessante che potrebbe essere molto utile alla promozione e diffusione del prodotto.
Vi basteranno pochi secondi per assimilare le novità del gameplay proposto in Youngblood, totalmente incentrato sulla collaborazione tra le due assassine. Per quanto ognuna di esse sia dotata di una propria energia e di una corazza dedicata (discorso da estendere anche all’arsenale), entrambe condividono un numero specifico di vite residue, al termine delle quali sopraggiungerà l’inevitabile “game over”. Questa caratteristica è la principale aggiunta al sistema di gioco, in quanto l’utente, oltre a provvedere alla propria sopravvivenza, dovrà per forza supportare l’alleata prestandole soccorso nelle situazioni critiche. Qualora la compagna sia moribonda, avrete pochi secondi per provvedere a rianimarla donandogli un piccolo rifornimento dei parametri sopraelencati, utile a consentirle di raggiungere una posizione protetta dal fuoco nemico. Questa meccanica basata sulla collaborazione è utile sia per l’apertura delle casse di rifornimento (presenti in quasi tutte le ambientazioni), sia per la soluzione combinata di alcuni enigmi.
La semplicità e funzionalità dei controlli rendono le procedure descritte molto immediate, con una curva di apprendimento decisamente settata verso il basso, soprattutto se avete già provato i precedenti episodi della saga. Una maggiore differenziazione delle protagoniste avrebbe fornito una maggiore varietà e rigiocabilità al titolo, una mancanza notevole che, pur non inficiandone il giudizio, è sicuramente da segnalare.
Assassine Silenziose
Al termine della seconda sequenza filmata, sarete subito proiettati nella cupa e opprimente Parigi di questo capitolo, pronti a dare sfoggio della vostra furia omicida sulla pelle di migliaia di nemici. Nonostante la presenza degli Arkane Studios nello sviluppo del gioco, il gameplay è rimasto sostanzialmente invariato rispetto a The New Colossus e ripropone le stesse meccaniche presenti fin dal primo capitolo del reboot. Wolfenstein: Youngblood è veloce, divertente e violento e, seppure impostato su un sistema di progressione nei livelli “guidato”, concede una sensibile libertà al giocatore sia nell’approccio agli scontri, sia nello sviluppo dell’arsenale. Infatti l’utente potrà quasi sempre optare tra un avvicinamento alla contesa aggressivo o un contatto più stealth.
Nel primo caso i nazisti vi attaccheranno in massa, richiamati nell’area della battaglia dalle fastidiose sirene degli allarmi. In presenza di un generale tra le forze nemiche, solo l’eliminazione di quest’ultimo porrà fine all’emorragia di avversari, che vi costringerà a sfruttare a meglio le caratteristiche delle bocche da fuoco raccolte e delle coperture. Nel secondo caso invece, potrete sfruttare le grate e i condotti sotterranei (oltre che l’utilissima invisibilità) che vi permetteranno di sorprendere gli antagonisti alle spalle. Nonostante le eroine siano dotate di tute tecnologiche capaci di fornire loro doti sovraumane, nessuna delle due possiede una forza paragonabile a quella del celebre padre. Proprio a causa di questo aspetto, l’opera dei Machine Games suggerisce spesso l’approccio più cauto e meno rumoroso (ove possibile) alla contesa, che risulta più efficace rispetto allo scontro in campo aperto. La scelta su come avere la meglio sui numerosi nazisti che vi sbarreranno la strada dipenderà unicamente dal vostro stile di gioco, consci che il faccia a faccia contro decine di avversari innalzerà notevolmente il livello della sfida.
Gli strumenti del massacro
Come anticipato, Soph e Jess sono le regine di questa nuova incursione nell’universo di Wolfenstein, ma non sono di fatto le protagoniste assolute della produzione. Questo ruolo spetta di diritto all’arsenale presente nel titolo, ricco di elementi tanto folli quanto letali. Per la quarta volta, il gunplay si lascia apprezzare per il feeling immediato che crea con il giocatore e per l’indescrivibile sensazione di dolore procurato agli avversari. La varietà delle bocche da fuoco, la possibilità di impugnarne due alla volta (alternando o scaricandole contemporaneamente) e soprattutto l’ampio ventaglio di modifiche con cui potrete potenziarle (investendo le monete raccolte negli scenari), sono le caratteristiche che rendono qualsiasi episodio di questa saga videoludica un prodotto capace di distinguersi dalla folta concorrenza. Condividiamo ampiamente la scelta di non apportare modifiche ad un sistema immune alla ripetitività e che risulta, nonostante il passare degli anni, ancora divertente e appassionante. Lo scopo principale di Youngblood è quello di eliminare i nemici nei modi più veloci e cruenti possibili, e in questo aspetto il prodotto dei Bethesda Softwork resta uno dei migliori esponenti del suo genere.
Demenza Artificiale
Da quanto descritto finora è facile giungere alla conclusione che quest’ultimo atto della saga di Wolfenstein rispecchi in tutte le componenti i suoi precursori. Un’affermazione valida sia per quanto concerne gli elementi positivi, sia purtroppo per quelli negativi. Essendoci una doppia potenza di fuoco, la soluzione di munire l’esercito nemico di un maggior numero di unità era preventivabile, oltre a qualche sporadica tipologia inedita e un innalzamento di grado della sfida. Quello che non convince è l’intelligenza artificiale, apparsa ancora poco reattiva e facilmente aggirabile, nonostante la rinomata aggressività degli avversari. Ci saremo aspettati un passo in avanti da questo punto di vista, ed invece i perfidi nazisti continuano ad utilizzare scarsamente i ripari: a volte si posizionano in fila per farsi eliminare uno dopo l’altro e hanno difficoltà notevoli ad orientarsi nelle loro basi, visto che spesso basterà cambiare stanza o saltare su una posizione sopraelevata per confonderli. Con questo non stiamo affermando che il titolo sia poco bilanciato dal punto di vista della difficoltà, ma semplicemente che un lavoro di miglioramento della I.A. fosse opportuno e gradito.
Anche la nostra compagna di sventura (quando è controllata dalla CPU) soffre dei medesimi problemi, mostrandosi rapida solo nell’interagire con gli elementi dello scenario e tremendamente lenta in tutto il resto. Nel gioco è stata implementato il comando di segnalazione dell’avversario, che dovrebbe posizionare lo status di bersaglio primario per l’alleata. Nonostante quest’ultima dia conferma dell’acquisizione della preda, tarda colpevolmente nell’eliminazione della stessa con tutte le conseguenze del caso. Vi capiterà di frequente di ritrovarla immobile sul campo di battaglia in balia dei proiettili e incapace di assumere una posizione meno vantaggiosa rispetto alle linee di tiro nemiche. Un problema alquanto fastidioso e che peggiora la valutazione complessiva del titolo, rendendolo in alcune sezioni piuttosto frustrante. Ovviamente, potrete ovviare il difetto vivendo l’intera storia in compagnia di un amico, ma per chi ne fosse sprovvisto non potevamo ometterne la segnalazione.
Nel complesso, il gameplay di WY ci ha convinto e, visto che parliamo di un prodotto catalogabile come spin-off del secondo capitolo (così come The Old Blood lo è stato per il primo), era lecito aspettarsi poche novità di rilievo. Di fatto, oltre all’ambientazione e alla presenza delle due coprotagoniste, è difficile segnalare altre modifiche importanti. Il supporto degli Arkane Studios diventa palese nelle tinte con le quali è stata tratteggiata la storia, in questo caso più cupe e opprimenti. In alcune sezioni si ha la sensazione che Corvo (l’eroe di Dishonored) potrebbe comparire improvvisamente su qualche tetto, pronto ad assassinare furtivamente la sua vittima. Una scelta indovinata per quanto riguarda l’atmosfera degli scenari e il ritmo narrativo, ma che per certi versi contrasta con l’eccessiva ironia presente nel gioco. Le gemelle sono alla loro prima, vera esperienza di guerra e, pur di esorcizzarne l’orrore, provano a sminuirlo con battute e situazioni esilaranti che attenuano la drammaticità degli eventi narrati. Il contrasto è così netto da risultare spesso paradossale e, pur non intaccando l’ottima e ispirata sceneggiatura, risulta in qualche frangente eccessivo e ridicolo.
Sangue e Pixel
Dal punto di vista tecnico, il lavoro svolto dai Machine Games è ancora una volta lodevole. Il comparto grafico è sostenuto da un maturo Unreal Engine 4 e presenta texture pulite e dettagliate. Rispetto a The New Colossus è facile percepire un maggior utilizzo dei colori freddi, che rendono le immagini mostrate sullo schermo più oscure e inquietanti. Nello stesso tempo è da notare un forte contrasto cromatico tra le tonalità presenti negli spazi aperti e quelle adottate negli interni, dove l’abbondanza del rosso e dell’arancione rende l’esperienza di gioco quasi psichedelica. Nota di merito al frame rate, ancorato sui 30 fps (nella versione PS4 Pro da noi testata) anche nelle situazioni più concitate. L’unico neo riscontrato è nei filmati del titolo, che spesso presentano qualche rallentamento di troppo. Un difetto che potrebbe essere eliminato in tempi brevi con le successive patch post-lancio. Discreta anche la risposta dei server, che forniscono buone prestazioni nella modalità cooperativa.
Il comparto sonoro vanta decine di tracce musicali appartenenti a vari generi. Ovviamente la lingua tedesca la fa da padrona, ma la differenziazione delle canzoni e la cura riposta nella composizione delle musiche rendono l’accompagnamento tanto pertinente quanto gradevole. Il campionario degli effetti sonori è perfettamente proporzionato alla qualità complessiva del prodotto ed è davvero difficile segnalare sbavature o imprecisioni. Ottima anche la realizzazione del doppiaggio in italiano, interpretato con la giusta enfasi dagli attori e sufficientemente sincronizzato con il labiale delle controparti videoludiche.
Poche Novità, Tanto Divertimento
Wolfenstein: Youngblood non è una ventata di freschezza in questa estate arida e avara di titoli, ma saprà soddisfare pienamente tutte le aspettative degli appassionati della saga. La variante multiplayer, per quanto costituisca una novità importante, non influisce eccessivamente sulle meccaniche proposte, del tutto simili a quelle degli episodi precedenti. L’opera prodotta da Bethesda Softworks è un concentrato di azione adrenalinica e violenza visiva, sorretta da un racconto particolarmente longevo e da tutto il coinvolgimento a cui la serie ci ha abituato da anni. Resta il rammarico che i difetti ormai cronici della produzione non siano stati eliminati, visto che un ulteriore sforzo da parte degli sviluppatori avrebbe consentito al gioco di raggiungere la piena eccellenza. Non ci resta che attendere speranzosi il terzo episodio della saga, da cui sarà lecito aspettarsi modifiche di ben altra portata. Nel frattempo abbiamo un’Europa da salvare e un pericoloso esercito nazista da eliminare. Buon divertimento!